Worlds (Misna)

21.01.2014 18:03

- (Thailandia) Da domani stato d'emergenza a Bangkok.

Il governo ad interim thailandese ha deciso l’imposizione della legge d’emergenza a Bangkok e in distretti delle vicine province di Nonthaburi, Pathum Thani e Samut Prakan. Il provvedimento sarà imposto da domani e avrà validità di 60 giorni. Nel comunicare la decisione presa dopo che solo questa mattina ne era stata negata la discussione in sede del comitato che gestisce l’emergenza, il vice-primo ministro Surapong Tovichakchaikul ha sottolineato come il provvedimento sia stato considerato necessario per consentire alle autorità di controllare la situazione dovuta alle proteste antigovernative in corso e completare il percorso elettorale verso il voto del 2 febbraio.

La legge proibisce raduni superiori a cinque persone e consente di limitare ogni attività pubblica in qualunque parte dell’area prevista nel decreto. Inoltre dà alle istituzioni incaricate della sicurezza il potere di imporre il coprifuoco, di arrestare eventuali sospetti senza mandato, di inasprire la censura sull’informazione. Il provvedimento era atteso, dopo che violenze che hanno colpito la protesta in corso nella capitale sotto forma di attacchi dinamitardi e colpi d’arma da fuoco con una settantina di feriti dallo scorso venerdì. Dato che ha portato il bilancio complessivo delle vittime a nove morti e 554 feriti dal 30 novembre dello scorso anno.

I timori per nuove, crescenti, violenze in vista delle elezioni sono state avanzate da più parti e anche i manifestanti ne sono perfettamente coscienti. Solo questa mattina i servizi medici d’emergenza erano stati intensificati nella capitale e anche nelle 18 province dove sono in corso manifestazioni anti-governative, mentre il capo dell’esercito, il generale Prayuth Chan-ocha, aveva chiesto alle parti di abbassare i toni e di fermare il tentativo di coinvolgere le forze armate.

La protesta, per voce del suo leader Suthep Thaugsuban ha fatto sapere che proseguirà i suoi presidi che paralizzano alcuni grandi arterie cittadine e le invasioni di sedi governative e altri luoghi simbolici, rispondendo colpo su colpo alle iniziative repressive che dovessero essere prese. Occorrerà vedere ora se torneranno in azione le “forze oscure”, che colpiscono, con effetto anche letale, a scopo provocatorio e intimidatorio. Occorrerà infine vedere come le forze armate agiranno se sarà richiesto il loro intervento a fianco o in sostituzione della polizia.

- (Libia) Gli islamisti escono dalla maggioranza di governo.

Il Partito per la giustizia e la costruzione, braccio politico dei Fratelli musulmani in Libia, ha annunciato l’uscita dalla maggioranza che sostiene il governo del primo ministro Ali Zeidan. Il Partito controllava cinque ministeri e in particolare quelli del Petrolio e dell’Economia.

La decisione è stata resa nota dopo che per pochi voti in parlamento non era passata una mozione di sfiducia nei confronti dell’esecutivo. In una nota diffusa dopo lo scrutinio, 99 deputati hanno accusato il governo di non essere riuscito a garantire la sicurezza, di non aver favorito la necessaria decentralizzazione e di essere incapace di porre fine al blocco dei terminali petroliferi imposto dalle milizie irregolari nella regione occidentale della Cirenaica. Forte dell’appoggio dei liberali dell’Alleanza delle forze nazionali, Zeidan ha ribadito oggi di non avere alcuna intenzione di rassegnare le dimissioni.

- (Perù) Attentato Tarata, capi guerriglia a processo 20 anni dopo.

Dieci dei 12 ex membri dei vertici di Sendero Luminoso seguiranno dal carcere il processo aperto a loro carico in qualità di mandanti dell’attentato di Tarata, a Lima, nel 1992, costato 25 morti e 250 feriti. All’udienza d’avvio, nella base navale del Callao, vicino Lima, erano presenti il fondatore del gruppo guerrigliero di ispirazione maoista, Abimael Guzmán, 79 anni, sua moglie Elena Iparraguirre, Margie Clavo, Osmán Morote, Margot Liendo, Óscar Ramírez, Florentino Cerrón, Edmundo Cox, Laura Zambrano, Florindo Flores, Elizabeth Cárdenas e Moisés Límaco.

Il pm Johnny Soto ha ricordato che Guzmán riconobbe a suo tempo di fronte alla Commissione Verità e Riconciliazione che l’attentato di Tarata fu un “errore grossolano” e che i dirigenti del Comitato esecutivo nazionale di Sendero si assunsero la responsabilità dei fatti.

Ma per l’avvocato di Guzmán, Alfredo Crespo, “questo processo non ha senso”, tanto più che “gli autori materiali sono già stati condannati” e “per il tempo trascorso il caso è già prescritto”. In più, secondo Crespo “non esiste alcuna prova che Abimael Guzmán o il Comitato nazionale abbiano dato l’ordine. Le indagini della polizia – ha sottolineato – hanno stabilito che l’ordine venne dal comitato della zona centro di Lima”.

Il rapporto sulla “guerra sporca” della Commissione Verità e Riconciliazione afferma che Sendero Luminoso fu il principale responsabile dei circa 70.000 morti e ‘desaparecidos’ contati in Perù fra il 1980 e il 2000, anno in cui, tuttavia, lasciò il potere dopo un decennio il presidente Alberto Fujimori che oggi in carcere sconta una condanna a 25 anni per violazioni dei diritti umani durante il suo mandato.

- (Somalia) Il Governo ottiene la fiducia del Parlamento.

Il governo del primo ministro Abdiweli Sheikh Ahmed ha ottenuto oggi la fiducia del parlamento della Somalia con 186 voti a favore e 46 contrari.

Secondo l’emittente di Mogadiscio Radio Shabelle, i deputati hanno espresso il proprio sostegno all’esecutivo dopo che Ahmed nel suo discorso programmatico aveva sottolineato di ritenere la sicurezza ancora la questione prioritaria per il paese.

Il voto del parlamento è stato definito “un segno di maturità e responsabilità” dal presidente Hassan Sheikh Mohamud. Secondo il capo dello Stato, il nuovo governo dovrà riformare la finanza pubblica e avviare la raccolta delle imposte, “un passaggio decisivo per la piena ripresa e lo sviluppo economico”.

Dell’esecutivo fanno parte 55 dirigenti tra ministri, sottosegretari e alti funzionari. Secondo alcuni osservatori, il governo è stato ampliato rispetto al precedente gabinetto di Abdi Farah Shirdon per bilanciare gli interessi e la rappresentanza dei principali clan della Somalia.