Sguardi (In giro per il mondo) - Misna, 6 maggio 2013)

06.05.2013 17:18

BREVI DAL MONDO ARABO (Tunisia, Iraq, Egitto, Libia)

TUNISIA – Due soldati sono rimasti uccisi nell’esplosione di un ordigno sul Monte Chaambi, al confine con l’Algeria, teatro di un’offensiva contro un gruppo di miliziani che hanno minato il territorio. La scorsa settimana 15 membri delle forze di sicurezza sono rimasti feriti in seguito all’esplosione di ordigni artigianali disseminati dai combattenti nell’area, di circa 100 chilometri quadrati.

IRAQ – La coalizione del primo ministro Nuri al Maliki ha conquistato la maggioranza dei seggi nei consigli provinciali di 7 delle 12 regioni dove si sono svolte le elezioni il 20 aprile scorso. La coalizione ha conquistato un totale di 97 seggi su 378. Nelle tre province del Kurdistan lo scrutinio si terrà nei mesi prossimi, mentre ad Anbar e Ninive, il voto rinviato per ragioni di sicurezza, dovrebbe svolgersi in seguito.

EGITTO – Cinque uomini sono stati arrestati in relazione agli spari che hanno raggiunto il corteo del primo ministro Hisham Qandil, rimasto illeso. L’attacco è avvenuto domenica sera, quando il politico passava in macchina su uno dei ponti del Cairo. L’episodio avviene in un clima di crescente tensione politica nel paese, alle prese con una crisi economica senza precedenti e profonde fratture politiche e sociali.

LIBIA – Non è bastata alle milizie l’approvazione in parlamento della legge che estromette tutti gli ex funzionari della Libia di Muammar Gheddafi dagli incarichi pubblici. Gli insorti insistono nel chiedere le dimissioni del governo guidato da Ali Zeidan e minacciano di proseguire l’assedio ai ministeri degli Esteri e della Giustizia fino a quando il primo ministro non rinuncerà al proprio incarico.

(Mali) A KIDAL NASCE CONSIGLIO TUAREG PER LA PACE

Si chiama ‘Alto consiglio dell’Azawad’ la nuova organizzazione nata a Kidal su iniziativa di esponenti di spicco della comunità tuareg del nord-est del Mali. “Siamo consapevoli della necessità di unire tutti i figli dell’Azawad in un organismo comune che sia in grado di portare avanti le nostre aspirazioni in una lotta congiunta” ha dichiarato Mohamed Ag Intalla, già deputato di Kidal, scelto come presidente del nuovo organismo. Nell’atto di nascita dell’Alto consiglio, i suoi promotori hanno sottolineato che si tratta di un “movimento pacifico che non rivendica l’indipendenza di una parte del nord del Mali“, essendo “contrari all’idea di una partizione” del territorio nazionale. “Siamo contro le azioni terroristiche. Non vogliamo più la guerra ma vogliamo unire tutti i figli tuareg del nord con gli altri nostri fratelli per fare la pace con il sud, con tutti i maliani” ha aggiunto Ag Intalla, considerato un moderato, assicurando che “promuoveremo tutti gli sforzi per trovare una soluzione politica negoziata attraverso il dialogo”. Il nuovo organismo avrebbe già stabilito i primi contatti con la Commissione nazionale dialogo e riconciliazione, istituita lo scorso marzo dal governo di transizione anche in vista dell’apertura di colloqui di pace tra Bamako e i rappresentanti più ‘moderati’ dei vari gruppi presenti nel nord.

Gli esponenti dell’ ‘Alto consiglio dell’Azawad’ hanno da subito preso le distanze dalla ribellione del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla), l’estesa e desertica regione settentrionale, culla della comunità tuareg, che ha ripreso le armi a partire da gennaio 2012 per rivendicarne l’autonomia. Ma anche dal Movimento islamico dell’Azawad (Mia), fazione dissidente del gruppo jihadista di Ansar Al Din, uno dei gruppi armati islamico che per più di un anno hanno controllato le regioni settentrionali. Ag Intalla ha chiesto espressamente alle due ribellioni di “disarmare” i proprio combattenti e di “aderire rapidamente all’Alto consiglio dell’Azawad”.

Nonostante l’intervento militare congiunto franco-africano, oggi ancora il capoluogo di Kidal è nelle mani dell’Mnla e del Mia contrari alla presenza dell’esercito maliano, temendo possibili esazioni ai danni delle comunità locali. Nella regione montuosa di Kidal sono invece in corso operazioni di ricerca di combattenti jihadisti da parte della forze francesi, maliane ed africane della Missione internazionale di sostegno al Mali (Misma).

Ma oltre la mano tesa dai tuareg, dal punto di vista della sicurezza la situazione rimane molto instabile nelle regioni settentrionali. Nel fine settimana due soldati di Bamako sono rimasti uccisi in un attacco di combattenti jihadisti che si sono fatti esplodere a Hamakouladji, località a 40 km da Gao. L’attentato è stato attribuito al Movimento per l’unità e il jihad in Africa occidentale (Mujao), gruppo alleato con Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), che controllava Gao (1200 km dalla capitale) prima di essere respinto dalle truppe franco-maliane lo scorso 26 gennaio.

 Un altro focolaio di instabilità si trova nella zona di Ber, a una sessantina di chilometri dal capoluogo settentrionale di Timbuctù, già teatro di violenze nelle scorse settimane. Tensioni si sono riaccese tra le locali comunità arabe e tuareg. Ieri un numero imprecisato di combattenti del Movimento degli arabi dell’Azawad (Maa) – nato da una costola del Fronte nazionale di liberazione dell’Azawad – è entrato con la forza nelle case, commettendo saccheggi e atti intimidatori. La sicurezza della regione di Timbuctù è affidata ai soldati del Burkina Faso – dispiegati nell’ambito della Misma – che hanno confermato l’accaduto senza però fornire ulteriori dettagli sul numero degli assalitori.

 Le violenze continuano nel nord del Mali nonostante l’intervento militare in corso da quasi quattro mesi. Inoltre, lo scorso 25 aprile il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato la creazione della ‘Minusma’, una forza di mantenimento della pace per il Mali forte di 12.600 uomini, che incorporerà i circa 6000 militari dell’Africa occidentale già presenti sul terreno. In base al calendario stabilito dalle Nazioni Unite, la ‘Minusma’ sarà dispiegata agli inizi di luglio, poco prima del voto per le elezioni generali. Ieri i paesi dell’Unione del Maghreb arabo (Uma) hanno avvertito che la risoluzione della crisi maliana deve essere “globale”, senza “limitarsi agli aspetti militari”. Riuniti a Rabat (Marocco) i ministri degli Esteri dell’Uma hanno ricordato che oltre la sfida della sicurezza c’è da risolvere una situazione umanitaria “allarmante” ed “estesa” ai paesi confinanti ma anche da ricostruire uno Stato con “elezioni libere, democratiche e trasparenti”.

(Africa) ULTIMATUM DELL’EUROPA SUGLI ACCORDI DI LIBERO COMMERCIO

L’Unione Europea (UE) ha rivolto un ultimatum a sette paesi dell’area sub-sahariana minacciando di sospendere condizioni di favore per le loro esportazioni se non ratificheranno un pacchetto di intese commerciali di stampo liberista.

Secondo il portale di informazione Africa Review,  per la ratifica degli Accordi di partnership economica (Ape/Epa) il parlamento di Bruxelles ha dato tempo a Botswana, Namibia, Camerun, Ghana, Costa d’Avorio, Kenya e Swaziland fino all’ottobre 2014. Se entro questa data non ci sarà un via libera definitivo alle intese transitorie sottoscritte con Bruxelles nel 2007, l’UE reintrodurrà tariffe doganali sulle esportazioni dei paesi africani. Una misura del genere penalizzerebbe diversi settori economici, colpendo tra l’altro le produzioni di banane, tonno, carni e zucchero.

Le intese di sei anni fa avevano sostituito gli Accordi di Cotonou, siglati dall’Unione Europea con 79 paesi del Gruppo dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Acp). In questi giorni proprio il segretario generale del Gruppo è tornato a criticare gli accordi di libero scambio sostenuti dall’Unione Europea. “Gli Stati africani – ha detto Alhaji Muhammad Mumuni – sono incoraggiati a commerciare con l’Unione Europea ma non tra di loro”.