Sguardi (In giro per il mondo) - Misna, 15 maggio 2013
(Repubblica Democratica del Congo) NORD KIVU: MAYI MAYI ATTACCANO BENI, PESANTI SCONTRI
Almeno 22 miliziani Mayi Mayi e quattro soldati regolari uccisi: è il bilancio di pesanti combattimenti cominciati all’alba a Beni, località del Nord Kivu sull’altopiano del monte Ruwenzori, non lontano del Parco nazionale del Virunga. Lo riferisce l’emittente locale Radio Okapi, che attribuisce il bilancio, ancora provvisorio, al comandante locale delle Forze armate della Repubblica democratica del Congo (Fardc). Detonazioni di armi pesanti e leggere sono state segnalate a partire dalle 5 (ora locale), quando, secondo la stessa fonte “gli assalitori hanno cercato di prendere il controllo di Beni e i soldati hanno opposto resistenza”.
Esponenti della società civile del Nord Kivu hanno attribuito l’attacco a un gruppo di combattenti provenienti da Kalahu e Nyaleke, due località situate sette chilometri a sud-est di Beni. Il sindaco Nyonyi Bwanakawa ha assicurato che “la città è sotto il controllo dell’esercito lealista che ha fatto il suo lavoro”. Dopo essere rimasta chiusa dentro casa per alcune ore, ha aggiunto Radio Okapi, “ora la popolazione ha ricominciato ad uscire”.
Da diversi mesi fonti locali della società civile e operatori umanitari denunciano una crescente insicurezza alimentata da gruppi Mayi Mayi in lotta tra di loro e con le Fardc. La scorsa settimana, durante un tentativo di incursione nel quartiere di Tuha a Beni, le forze di sicurezza hanno arrestato una decina di miliziani. Sempre la scorsa settimana una decina di uomini armati hanno cercato di uccidere il sindaco di Beni, entrando di notte nella sua abitazione. Inoltre saccheggi e violenze ai danni dei civili si sono verificati a Kabasha, una località che dista 20 chilometri dalla città. “La situazione sul terreno si sta deteriorando. Per evitare sgradevoli sorprese l’esercito congolese e la missione Onu (Monusco) devono stare in allerta e rafforzare il dispositivo di sicurezza” ha detto pochi giorni fa Omar Kavota, vice-presidente della società civile della turbolenta provincia mineraria dell’est del Congo.
Dall’aprile 2012 i riflettori dei paesi dei Grandi Laghi e della comunità internazionale sono puntati sul Nord Kivu, non tanto per la situazione che prevale nel territorio di Beni quanto per la nascita di una nuova ribellione, il Movimento del 23 marzo (M23), che lo scorso novembre è riuscita a prendere il controllo di Goma, il capoluogo provinciale situato più a sud. Da un anno a questa parte le truppe regolari congolesi sono state dirottate verso le roccaforti dell’M23, lasciando scoperte ampie porzioni di un vasto territorio conteso da una miriade di milizie armate. A breve nella regione, confinante con il Rwanda e l’Uganda, verrà dispiegata una brigata di intervento dell’Onu con un mandato offensivo.
(Angola) DAZI ED ESENZIONI PER RILANCIARE LA “PRODUZIONE NAZIONALE”
Dazi più elevati per i prodotti lavorati ed esenzioni per le materie prime necessarie allo sviluppo dell’industria nazionale: sono le misure chiave di una riforma delle tasse sulle importazioni con la quale il governo dell’Angola proverà a ridurre la dipendenza dell’economia dalle esportazioni di petrolio.
Secondo Garcia Afonso, capo del dipartimento per il commercio e le tariffe del Servizio nazionale delle dogane, le nuove regole prevedono un aumento delle aliquote fiscali da circa il 30% al 50% del valore di prodotti agricoli e di allevamento e di altri beni di importazione come birra, acqua e bevande gassate. La riforma dovrebbe entrare in vigore nell’arco di sei mesi. A oggi l’Angola ricava dalle tasse sui prodotti importati tre miliardi e 400 milioni di dollari l’anno, a fronte di un dato nigeriano che supera i quattro miliardi e 700 milioni.
Secondo Afonso, l’obiettivo di “proteggere la produzione nazionale” sarà perseguito anche attraverso esenzioni per le materie prime essenziali allo sviluppo dell’industria del paese. Undici anni dopo la fine di una lunga guerra civile, l’Angola è la seconda potenza petrolifera dell’area sub-sahariana. Il greggio vale il 40% della produzione nazionale e il 70% delle entrate dello Stato.