Sguardi (In giro per il mondo) - Misna, 13 maggio 2013

13.05.2013 14:13

BREVI DALL’AMERICA LATINA (BOLIVIA, CILE, VENEZUELA, PARAGUAY, PERÙ)

BOLIVIA – Con una legge approvata dalla Camera dei Deputati è stata istituita il 2 dicembre la Giornata nazionale dei lustrascarpe, mestiere antico ma ancora molto denigrato, al punto che chi lo esercita non di rado usa coprirsi la testa con un passamontagna. La normativa garantisce l’accesso gratuito all’assistenza sanitaria alle centinaia di persone che ogni giorno nelle città si guadagano da vivere pulendo le calzature dei passanti, di cui ancora non esiste a oggi un registro ufficiale.

CILE – La Corte d’appello di Concepción ha condannato 17 persone, sei ex ‘carabineros’ e 11 agenti civili del regime, per il sequestro e la scomparsa di 28 contadini e indigeni nel sud del paese, fra il settembre e il novembre del 1973, a ridosso del golpe di Augusto Pinochet. Le pene oscillano fra i cinque e i 14 anni di carcere. Tutti dovranno anche risarcire i parenti delle vittime con somme fra i 15 e i 100 milioni di pesos (fra 24.000 e 163.000 euro).

VENEZUELA – La Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) ha espresso preoccupazione per la crisi politica e sociale in corso in Venezuela, dopo le violenze seguite alle elezioni del 14 aprile, il cui vincitore, Nicolás Maduro, non è stato ancora riconosciuto dall’opposizione. L’organismo ha chiesto al governo di fare chiarezza su quanto accaduto in modo “diligente e imparziale”.

PARAGUAY – Il presidente eletto Horacio Cartes ha promesso “tolleranza zero” contro la corruzione, di cui è stato peraltro costantemente accusato il suo Partido Colorado (destra), vincitore del voto del 21 aprile. Nel fine-settimana Cartes è stato proclamato ufficialmente vincitore delle elezioni con il 45,85% dei voti sul rivale Efraín Alegre; si insedierà il prossimo 15 agosto.

PERÙ – Il 52% dei peruviani è contrario all’eventuale candidatura della ‘primera dama’ (first lady) Nadine Heredia alle presidenziali del 2016: lo rivela un sondaggio nazionale di Datum secondo il quale solo il 45% sarebbe favorevole a questa opzione. La candidatura di Heredia, nonostante sia vietata dalla legge vigente, è da tempo oggetto di un ampio dibattito.

(Gambia) RILASCIATO IMAM CHE SI BATTEVA CONTRO PENA DI MORTE

È stato rilasciato dopo cinque mesi di detenzione il predicatore islamico Imam Bab Leigh, incarcerato per aver condannato la decisione del governo di mandare a morte nove detenuti.

La sua scarcerazione è stata confermata dalla tv di Stato nazionale. L’Imam della moschea di Kanifing, nella capitale, era stato arrestato lo scorso 3 dicembre da agenti di polizia che lo avevano prelevato dalla sua abitazione. In seguito, diverse manifestazioni di protesta erano state organizzate a Banjul per chiederne il rilascio.

Il predicatore aveva definito “contrarie ai principi dell’Islam” le esecuzioni di nove condannati a morte, decise dal presidente Yahya Jammeh in persona. Numerose organizzazioni per i diritti umani e vari governi avevano chiesto alle autorità del Gambia il suo rilascio. Il rappresentante dell’Unione Europea in Gambia, James Phillips, aveva denunciato nei mesi scorsi, l’incompatibilità tra episodi del genere con gli impegni sul piano dei diritti umani assunti a più riprese dal governo di Banjul.

(Mali) LEGGE ELETTORALE MODIFICATA, PRESSIONI SU BAMAKO PER VOTO A LUGLIO

Il governo di transizione ha operato alcune modifiche alla legge elettorale vigente in vista del voto in agenda per luglio, da organizzare mentre un conflitto armato è ancora in corso nel nord del Mali e migliaia di cittadini sono sfollati interni o rifugiati nei paesi vicini.

Tra i punti salienti c’è la creazione di un registro elettorale realizzato con dati biometrici – foto, impronta digitale e numero di identificazione nazionale di ogni cittadino – e sulla base del censimento amministrativo della popolazione risalente a tre anni fa. La carta, con il numero di identificazione nazionale (chiamata ‘Nina’, ndr), sarà l’unico documento valido per andare a votare e sostituirà la tessera elettorale. Nel registro dovranno essere inseriti, secondo alcune stime, i dati di almeno 350.000 minorenni, con fotografia e impronte, che a luglio raggiungeranno la maggiore età e avranno il diritto di votare. “Sono innovazioni tese a rafforzare la trasparenza e la credibilità delle operazioni di voto” ha riferito il quotidiano locale ‘Journal du Mali’.

Il nodo più grosso è rappresentato dai 270.000 sfollati interni e 170.000 maliani rifugiati nei confinanti Burkina Faso, Niger e Mauritania la cui partecipazione al voto è complicata. Le modifiche alla legge semplificano le procedure di trasferimento del seggio elettorale da una zona all’altra del paese o all’estero. Gli agenti delle forze armate e di sicurezza dispiegati nelle regioni settentrionali nell’ambito dell’offensiva ‘Serval’ ma anche i membri della Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni) e tutte le figure coinvolte nel processo elettorale potranno esprimere la propria preferenza affidando una delega ad un altro avente diritto. L’operatore incaricato delle operazioni logistiche, la ‘Safram-Morpho’ (ex-Sagem), ha indicato che un mese sarà necessario per stampare nove milioni di carte di identificazione nazionale.

Per l’organizzazione di una tornata elettorale consensuale – punto di arrivo della transizione in corso dal 22 marzo 2012, dopo la destituzione dell’ex presidente Alpha Toumani Touré con un colpo di stato militare – i partiti politici riuniti nel fronte anti-golpe hanno chiesto la creazione di un quadro di dialogo permanente con l’esecutivo. In Mali la vita politica è polarizzata attorno al fronte anti-golpe da una parte e dall’altra a quelle forze favorevoli alla giunta del capitano Sanogo, autrice del colpo di stato.

Il primo alleato occidentale del Mali, la Francia, è tornato a chiedere il rispetto della scadenza di luglio – presidenziali e legislative – ma anche lo svolgimento delle elezioni “su tutto il territorio nazionale (…) nessuna porzione del Mali deve essere privata della possibilità di organizzare lo scrutinio” ha detto il presidente François Hollande. In un colloquio avuto all’Eliseo con il suo omologo del Niger, Mahamadou Issoufou, alleato nell’operazione ‘Serval’, il presidente francese ha sottolineato che “dobbiamo fare in modo che l’amministrazione civile possa insediarsi a Kidal (nord-est) e in tutte le altre città maliane per poter organizzare le elezioni”, assicurando “il contributo della Francia con la sua presenza militare assieme ad altri eserciti”. Per Hollande oltre le armi e la sicurezza anche “le elezioni, la democrazia e uno sviluppo di qualità possono contribuire alla lotta al terrorismo”.

A quattro mesi dall’inizio dell’intervento armato maliano, francese ed africano nell’ambito della Missione internazionale di sostegno al Mali (Misma), sul terreno prosegue quello che Issoufou ha definito “un combattimento asimmetrico” con i gruppi armati islamici legati ad Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi), dopo che questi “siano stati sconfitti dal punto di vista militare” alla fine di gennaio. Nei giorni scorsi la regione di Gao, in particolare le località di Gossi e Menaka, è stata colpita da due attentati-suicidi contro una base di soldati nigerini e di militari maliani, che hanno provocato diversi feriti. “I kamikaze avevano la pelle nera e circolavano a bordo di un camion giunto da Gao. Si sono fatti esplodere davanti ad un posto di blocco dei militari maliani” ha riferito una fonte locale al ‘Journal du Mali’. Nelle ultime settimane decine di attentati commessi nel nord del paese sono costati la vita a soldati maliani, ciadiani e francesi. A luglio alla Misma dovrebbe subentrare una missione di mantenimento della pace a guida Onu.

BREVI DALL’AFRICA (Gabon, Nigeria, Tanzania, Kenya)

GABON – Migliaia di gabonesi hanno marciato per le strade di Libreville in segno di protesta contro la pratica dei crimini rituali che ogni anno causano decine di morti. L’iniziativa è stata organizzata dalla first lady Sylvia Bongo Ondimba e dai capi religiosi cristiani e musulmani. La polizia ha disperso con la forza un altro corteo di attivisti – tre sono stati arrestati – che denunciavano la partecipazione “strumentale” alla manifestazione della moglie del presidente.

NIGERIA – La autorità nigeriane hanno confermato il rapimento della moglie, la figlia e l’autista di un giudice della Corte suprema, Bode Rhodes-Vivour, nello Stato meridionale di Edo. Non meglio identificati uomini armati hanno bloccato il veicolo a bordo del quale i tre viaggiavano. La stampa locale ha ricordato un altro caso di rapimento mirato – una pratica in netto aumento negli ultimi mesi – quello che lo scorso dicembre ha coinvolto la madre del ministro delle Finanze, Ngozi Okonjo-Iweala.

TANZANIA – Sono stati rilasciati dalle autorità tanzaniane i tre cittadini originari degli Emirati Arabi Uniti, arrestati la scorsa settimana per il loro presunto coinvolgimento nell’attacco contro una chiesa cattolica di Arusha, risalente al 5 maggio. Lo ha riferito da Dubai il quotidiano ‘Al-Khaleej’, precisando che a carico dei tre, già rientrati in patria, non è stato formalizzato alcun capo d’accusa. In quello che il presidente Jakaya Kikwete ha definito un “atto di terrorismo” hanno perso la vita tre persone e una sessantina sono rimaste ferite. In manette sono finiti cinque tanzaniani e un saudita.

KENYA – Un agente di polizia è morto e diversi altri sono rimasti feriti nell’attacco messo a segno da non meglio identificati uomini armati contro un commissariato di Mandera, località dell’instabile regione nord-occidentale al confine con Somalia ed Eritrea. L’assalto si è verificato nel fine settimana, dopo che il governo keniano aveva annunciato il prossimo dispiegamento nella zona di militari a sostegno delle forze di polizia per far fronte alle crescenti violenze tra le comunità dei Garre e dei Degodia.