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- (Nigeria) RIMOSSI QUATTRO MINISTRI, TRA CUI PETROLIO E AVIAZIONE.
Il presidente Goodluck Jonathan ha silurato quattro ministri, tra cui quello del Petrolio e quello dell’Aviazione, in un momento di crisi interna al partito di maggioranza, che si trova a confrontarsi con numerose defezioni. Stella Oduah, ministro dell’aviazione e stretta alleata di Johnatan, è stata sollevata dal suo incarico dopo essersi trovata al centro di uno scandalo per corruzione – da lei sempre smentito – relativo all’acquisto, da parte del suo ministero, di due veicoli antiproiettile del costo complessivo di un milione e mezzo di dollari.
Gli osservatori definiscono “inattesa” questa decisione, in prospettiva del voto del 2015, per il fatto Oduah fosse stata determinante nella raccolta fondi dell’ultima campagna di Jonathan. Alcuni ipotizzano una scelta dettata dalla volontà di farsi contornare da ministri ‘popolari’ e la cui immagine non sia offuscata da scandali e sospetti, in caso volesse ricandidarsi alla guida del paese.
Gli altri ministri allontanati sono quello della Polizia, Caleb Olukolade, il titolare del dicastero del Petrolio per la regione del Delta del Niger, Godsday Orubebe, e il viceministro delle Finanze Yerima Ngama.
Il rimpasto segue di qualche settimana un ampio ricambio ai vertici delle forze armate, deciso dal presidente, considerate responsabili dell’incapacità dell’esercito di porre fine agli attentati del gruppo estremista Boko Haram.
- (Thailandia) NUOVE PROTESTE, CRESCE LA FRUSTRAZIONE DEI RISICOLTORI.
Nemmeno San Valentino e la festività nazionale che ricorda l’insegnamento del Buddha, domenica prossima, fermeranno la protesta a Bangkok. Nuove, massicce manifestazioni sono state annunciate per domani e per sabato, questa volta più come prova di forza verso le pressioni del centro che gestisce l’emergenza e per l’arresto lunedì scorso di uno dei leader degli anti-governativi che come strumento per le dimissioni del governo, che ha di fronte ulteriori, crescenti problemi.
La protesta ha ottenuto ieri una vittoria parziale con il riconoscimento da parte della Corte costituzionale della legittimità del tentativo di far cadere l’esecutivo in carica, ma ha anche ricevuto un brusco parere negativo alla propria richiesta di annullamento delle elezioni del 2 febbraio per presunta incostituzionalità.
A questo punto, la via formale verso un nuovo voto per l’Assemblea nazionale il 20 e il 27 aprile è aperta, preceduto da quello per il Senato il 30 marzo. Percorso però tutto in salita per l’esecutivo guidato dalla signora Yingluck Shinawatra, pure sotto inchiesta per la corruzione che ha minato l’ambizioso piano di sostegno alla risicoltura che ha messo il paese fuori mercato dopo un ventennio di primato dell’export mondiale. Nonostante l’intenzione, espressa anche in questi giorni di fare del piano uno strumento di miglioramento delle condizioni di vita dei contadini, base elettorale del partito di maggioranza Puea Thai, l’acquisto da parte governativa di prodotto a un prezzo di almeno il 50% superiore a quello di mercato ha creato una voragine nelle casse pubbliche che, in concomitanza con la crisi politica, impedisce il pagamento ai contadini. Una situazione intollerabile per molti, che hanno deciso di muovere su Bangkok per portare davanti ai ministeri la propria disperazione, sottolineata ieri dall’ottavo caso di suicidio causato dai debiti.
Una situazione che sta portando molti agricoltori a simpatizzare con gli anti-governativi in piazza, che nelle ultime due settimane hanno raccolto decine di milioni di baht a sostegno degli agricoltori arrivati nella capitale.
Ad accentuare il senso di debolezza dell’esecutivo provvisorio, ma anche tra i problemi irrisolti di questo paese, l’insurrezione indipendentista di parti della società islamica del profondo Sud. Questa mattina, quattro persone, tra cui un monaco alla questua e un ragazzo, sono stati uccisi in una sparatoria. Ieri sospetti ribelli avevano ucciso un’impiegata di banca e ne avevano bruciato il corpo nella provincia di Pattani. Una procedura simile a quella usata il 10 febbraio per la moglie di un ufficiale di pulizia, ferita e poi bruciata viva nella stessa provincia. Episodi che sembrano segnalare un inasprimento della violenza per spingere il governo a concessioni o per aggravarne la crisi.
- (Mauritania) PRESENTATO IL GOVERNO, VOLTI NOTI E NUOVI INGRESSI.
È composto da 26 ministri – di cui 11 nuovi esponenti tra cui cinque donne – il nuovo esecutivo presentato ieri a Nouakchott. I principali portafogli tuttavia, come Interni, Affari Esteri, Difesa, Giustizia e finanze, restano saldamente nelle mani degli stessi ministri del governo precedente.
Il fatto che, dopo le legislative di fine 2013 vinte con ampio margine dal partito al potere, non molto sarebbe cambiato nella nuova squadra di governo, era stato confermato dalla nomina dello stesso primo ministro Ould Mohamed Laghdaf.
Tra le novità segnalate da Madascar Tribune, una maggiore presenza femminile, sei ministri di cui cinque entranti: Naha Mint Mouknass, già agli Affari esteri, passa al Commercio e all’Industria; Awa Tandia si occuperà dei Mauritani all’estero, e Mekloufa mint Agatt degli Affari Maghrebini e Africani, un nuovo incarico collegato all’elezione della Mauritania alla presidenza dell’UA a fine gennaio.
L’apertura della maggioranza ai piccoli partiti alleati invece, risulta più modesta del previsto: solo l’Udp con Naha mint Mouknass e il partito Karama con Ould Mohamed Khouna alla Funzione pubblica.
- (Sudafrica) MAI COSÌ TANTI GLI ISCRITTI A VOTARE.
Alle liste elettorali si è iscritto più dell’80% degli aventi diritto al voto, un record in Sudafrica: lo ha annunciato la commissione incaricata di organizzare lo scrutinio, confermando indirettamente l’importanza e l’attesa per il voto in programma il 7 maggio.
In una nota ufficiale si calcola che dopo l’iscrizione nel fine-settimana scorso di un milione e 259.560 persone il numero dei votanti previsto ha raggiunto l’80,5% degli aventi diritto. Negli ultimi mesi, nel complesso, alle liste sono stati aggiunti i nomi di due milioni e 300.000 persone che potranno votare per la prima volta.
I dati sono stati diffusi ieri, alla vigilia del discorso che ogni anno il presidente del Sudafrica pronuncia in parlamento. L’appuntamento è alle sette di questa sera, le sei in Italia. Ad ascoltare Jacob Zuma ci sarà anche una delegazione composta da 18 “nati liberi”, giovani venuti al mondo pochi mesi dopo la fine del regime di apartheid nel 1994.
Le consultazioni di maggio, riferisce l’emittente pubblica Sabc, saranno le quinte dalla fine del segregazionismo. Da 20 anni alla guida del governo e del paese è sempre rimasto l’African National Congress (Anc), il partito della lotta di liberazione ora guidato da Zuma. Secondo gli osservatori, però, la nascita di nuove forze politiche e critiche crescenti all’indirizzo dell’Anc rendono l’esito del voto non scontato.
- (Sri Lanka) EMIGRAZIONE TRA LUCI E OMBRE, VALUTATA LA SOSPENSIONE.
Nonostante l’interesse economico e un recente accordo con l’Arabia saudita, il governo srilankese sta valutando il bando all’invio di domestiche all’estero, soprattutto in Medio Oriente. La ragione è nell’impatto che la partenza di tante donne, spesso madri di famiglia, sta avendo sulla società del paese, oltre ai rischi di abusi in diversi paesi della regione, salari modesti e le condizioni di lavoro sovente inferiori agli standard richiesti internazionalmente.
Sono 1,2 milioni i cittadini srilankesi impiegati nei paesi del Golf o altrove nella regione. Nel solo Kuwait, per i dati ufficiali, gli srilankesi sono 130.000, di cui 80.000 donne impiegate nei lavori domestici. Un esodo massicci, rispetto a una popolazione complessiva dell’isola di 21 milioni a cui si devono rimesse arrivate nel 2013 a 6 miliardi di dollari. Ossigeno per l’economia locale, che ha però pesanti contropartite.
Come rilevato dall’ambasciatore in Kuwait, Wijeratne, “l’impatto sociale è pesante e le famiglie vanno disgregandosi”. Ci sono poi le difficili condizioni di lavoro e importanti considerazioni di carattere diplomatico.
Il mese scorso, il governo di Colombo ha firmato un accordo con il governo dell’rabia Saudita a tutela di 12 categorie di lavoratori migranti. Un accordo che arriva a 25 anni dall’arrivo nel regno saudita dei primi lavoratori dallo Sri Lanka, urgente per tutelare i lavoratori e evitare gli abusi. Come quelli che pochi giorni fa hanno apparentemente spinto una domestica srilankese a incendiare la casa dei datori di lavoro che la maltrattavano.
In base alle nuove regole, alle domestiche non sarà più richiesto di consegnare il passaporto a chi le impiega e i loro salari dovranno essere versati in conti bancari e non pagati direttamente in contanti.
Simili condizioni sono state concesse all’inizio di febbraio ai lavoratori indiani e filippini.
- (Guinea Bissau) CONTRASTI NELL’OPPOSIZIONE IN VISTA DEL VOTO.
Defezioni eccellenti rischiano di compromettere le possibilità del Partito di rinnovamento sociale (Prs), la prima forza di opposizione della Guinea Bissau, alle elezioni legislative e presidenziali del mese prossimo.
A lasciare il Prs è stato da ultimo Braima Sori Djalo, numero due del partito nonché presidente del parlamento. Una rottura motivata dalla scelta dell’imprenditore Abdel Nancada come candidato ad assumere la guida dello Stato. Djalo ha accusato la direzione del Prs di favorire i Balanta, gruppo etnico maggioritario in Guinea Bissau. A lasciare il Prs era già stato l’altro vice-presidente del partito, Jorge Malù. E prima ancora Kumba Yala, carismatico fondatore del Prs candidato alla presidenza in occasione delle elezioni del 2012, poi annullate in conseguenza di un golpe militare.
La Guinea Bissau è un’ex colonia portoghese con una popolazione di circa un milione e 600.000 abitanti. Dopo l’indipendenza, ottenuta nel 1974, è stata più volte teatro di golpe. La formazione politica principale è il Partito africano per l’indipendenza di Guinea e Capo Verde (Paigc), da fine gennaio riunito a congresso nella cittadina di Cacheu.
- (Coree) ANNUNCIATO NUOVO INCONTRO PER DOMANI.
Il ministero per la Riunificazione sudcoreano ha annunciato che l’incontro di ieri, quello di più alto livello (vice-ministeriale) dal 2007, avrà un seguito venerdì a partire dalle 10 di mattina come chiesto dai nordcoreani.
Al centro dei colloqui sarà il tentativo di convincere i negoziatori di Pyongyang che le previste manovre militari congiunte coreano-statunitensi, abituali in questo periodo dell’anno e fino a primavera inoltrata, non sono una minaccia diretta al Nord.
Ancora una volta, a ospitare le delegazioni sarà il Villaggio della Tregua, Panmunjom, che mercoledì ha visto due incontri tra le delegazioni e altri due tra i capi-delegazione, l’ultimo dei quali proseguito fino a tarda notte, a cui non è seguito alcun annuncio, nemmeno rispetto al proposito di assicurare la riunificazione provvisoria di un centinaio di familiari separati dal conflitto inter-coreano. Sono migliaia le famiglie divise dalla guerra fratricida tra il 1950 e il 1953 e dal successivo accordo di cessate il fuoco mai trasformato in trattato di pace.
Dopo avere spostato in avanti la data degli incontri familiari al 20-25 febbraio su pressioni nordcoreane, ora il Sud deve decidere sulla richiesta di sospensione delle operazioni militari perché sostanzialmente coincidenti con il primo evento.
Una possibilità esclusa da Seul che sostiene, come l’alleato americano, il fine difensivo delle manovre e nessun intento di minaccia verso il vicino nordcoreano. I delegati sudcoreani hanno anche negato la possibilità di abbreviare l’incontro degli anziani consanguinei concludendolo prima del 24, data d’inizio delle esercitazioni militari.
- (Sud Sudan) AI COLLOQUI DI PACE ANCHE LA VOCE DELLE CHIESE.
“L’impegno delle parti è tutto da dimostrare” scrive alla MISNA il vescovo anglicano Stephen Enock Tombe, uno dei rappresentanti del Consiglio delle Chiese del Sud Sudan intervenuti ad Addis Abeba alla ripresa di colloqui di pace tra il governo di Juba e i ribelli legati all’ex vice-presidente Riek Machar.
“Sul terreno le violazioni del cessate-il-fuoco concordato il 23 gennaio stanno continuando – sottolinea il vescovo – ed è evidente che tutti ora devono fare la loro parte ”. È proprio per questo, per contribuire ad avviare quel “dialogo politico” indispensabile per una soluzione del conflitto cominciato a dicembre, che i rappresentanti delle Chiese sono ad Addis Abeba. Per ora, spiegano alla MISNA, “sulla base di un semplice invito dei mediatori africani dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad) e senza uno status di osservatori”. La presenza dei vescovi potrebbe però in futuro assumere proprio questa forma, come indicato dai mediatori e suggerito dalle richieste di partecipazione al confronto avanzate negli ultimi giorni da più parti. “A farsi avanti – sottolinea il reverendo Tombe – sono state molte organizzazioni della società civile, da quelle che esprimono le posizioni dei giovani e delle donne a organismi religiosi come il Consiglio musulmano”.
Le pressioni per un coinvolgimento delle parti sociali si intrecciano a una dimensione più strettamente politica del negoziato. Oggi ad Addis Abeba dovrebbero arrivare e tenere una conferenza stampa sette dirigenti del partito al potere a Juba, rilasciati dal presidente Salva Kiir nonostante le accuse di aver partecipato a un tentativo di golpe addotto come causa scatenante del conflitto. La loro presenza era stata indicata dal fronte legato a Machar come una delle condizioni per la ripresa dei negoziati.
Secondo il capo-negoziatore dell’Igad, l’etiopico Seyoum Mesfin, i sette potrebbero cercare di costituirsi ad Addis Abeba come “terza parte” in un negoziato più complesso. Un’ipotesi rafforzata dall’incontro che i dirigenti hanno avuto ieri a Nairobi con il presidente keniano Uhuru Kenyatta. Un incontro al quale ha partecipato Rebecca Nyandeng Mabior, la vedova dell’eroe dell’indipendenza John Garang; ma non Pagan Amum, ex segretario generale del partito di governo tuttora agli arresti a Juba con l’accusa di “tradimento”.