Fuggiaschi nord-coreani costretti a produrre oppio in Myanmar (Misna)

15.07.2013 16:16

Il governo di Seul ha deciso di avviare un’indagine sulle decine di cittadini nord-coreani che si troverebbero da anni in ostaggio di un gruppo ribelle in Myanmar e costretti a lavorare nella coltivazione e nel trattamento dell’oppio. L’indagine ha preso avvio dal rapporto di un’organizzazione evangelica impegnata a favorire la fuga di dissidenti dalla Corea del Nord e il loro arrivo al Sud dopo viaggi lunghi e spesso interrotti che passano dal Sud-Est asiatico. Secondo il rapporto, sarebbero 64 i fuggiaschi intercettati nove anni fa e detenuti in un campo della guerriglia di etnia Shan presso Tachilek, città vicina al confine con la Thailandia, paese che stavano cercando di raggiungere.

Secondo l’attivista sudcoreano Kim Hee Tae, dei nord-coreani in fuga, gli uomini sono costretti a lavorare nella coltivazione del papavero da oppio e le donne nella produzione di droga e nella fabbricazione di alcool. Per la loro liberazione, i guerriglieri hanno chiesto 5000 dollari per ciascuno e anche per questo il gruppo di attivisti ha sollecitato l’intervento diretto del governo di Seul. Il ministero sud-coreano per la Riunificazione sta valutando la situazione attraverso una propria agenzia specializzata.

Da anni, migliaia dei circa 25.000 nordcoreani che hanno trovato rifugio in Corea del Sud hanno scelto di arrivare in Thailandia per chiedere assistenza per raggiungere Seul, attraverso le autorità diplomatiche sudcoreane a Bangkok. Un viaggio lungo, che inizia attraversando di nascosto il confine tra Corea del Nord e Cina e prosegue attraverso l’intero territorio cinese, Laos e Myanmar fino in Thailandia, con il rischio costante di essere catturati e rimpatriati con gravi rischi. Sulla loro odissea si sono alimentati traffici che vanno dai matrimoni forzati con cittadini cinesi alla prostituzione, allo sfruttamento nei campi o nelle miniere, all’espianto di organi.

La comunità internazionale ha condannato duramente il governo laotiano per avere rimandato indietro all’inizio di giugno nove nord-coreani entrati clandestinamente dalla Cina. Rimpatriati immediatamente dalle autorità cinesi, di essi si sono perse le tracce. La Repubblica popolare cinese è l’unico alleato del regime nord-coreano e guarda con preoccupazione alla destabilizzazione che sarebbe provocata da una fuga massiccia di profughi dalla Corea del Nord