Diario 10 (Marco Emanuele, 28 aprile 2013)
Fabrizio Forquet scrive sul Sole 24 Ore un articolo dal titolo Il nuovo corso che serve al Tesoro, individuando alcune urgenze che il governo Letta è chiamato ad affrontare. Anche qui, nel rapporto fra squadra di governo e soluzione dei problemi, siamo sul piano del “realismo imminente”, l’unico sul quale possiamo valutare la natura e l’operato (vedremo) del neonato esecutivo (evitando voli irrealistici sul governo Letta come inizio di una “nuova” politica). Il primo tema che riprendo è il lavoro e Forquet scrive che il governo Letta sarà giudicato sulla capacità di rispondere all’emergenza lavoro e di frenare l’emorragia che va dissanguando il sistema produttivo italiano. Forquet amplia il quadro, guardando al mondo: L’ultimo numero dell’Economist racconta di una jobless generation, di 26 milioni di giovani sotto i 24 anni che nei Paesi Ocse non lavorano né studiano, di un aumento del 30% nella disoccupazione giovanile dal 2007 a oggi. Secondo uno studio Gallup su scala planetaria mancano 1 miliardo e 800 milioni di posti di lavoro. E’ una guerra che l’Italia sta perdendo, con i suoi 1,4 milioni di posti in meno dal 2007 e i suoi disoccupati a oltre tre milioni. Serve una discontinuità immediata. Il secondo tema che sottolineo è l’Europa; scrive Forquet: Sono passati 10 anni da quel rapporto Sapir che voleva dare un’agenda di sviluppo all’Europa. “La sfida che al giorno d’oggi questa zona economica unificata deve affrontare – si leggeva nella relazione presentata nel luglio del 2003 all’allora Presidente della Commissione Romano Prodi – è funzionare in modo efficiente per promuovere la crescita e l’occupazione”. Sappiamo com’è andata. Ma ora va cambiato passo. Scrivo di “realismo imminente” perché ora siamo chiamati a capire e dare risposta al profondo disagio che percorre le nostre società, disagio che si è fatto “carne e sangue”: passare ai fatti vuol dire passare alle scelte e alle decisioni, finalmente !
L’analisi di Claudio Tito su la Repubblica (La nuova generazione) aiuta a cogliere le contraddizioni che vivono dietro la facciata di discontinuità del governo Letta. E’ vero che con un tratto di penna sono stati cancellati praticamente tutti i leader che hanno guidato e condizionato la vita del Paese negli ultimi venti anni. E’ vero che la richiesta di rinnovamento, di ricambio generazionale ha comunque avuto la meglio. (…) E’ certamente la fine di un ciclo, non si sa se è l’inizio di un New Deal. E’ vero, però, che Letta ha consegnato il potente ministero dell’Interno ad Alfano, il braccio destro del Cavaliere. Un dicastero decisivo anche per quanto riguarda le posizioni giudiziarie del leader Pdl. Ha dovuto guerreggiare per assegnare la Giustizia ad un personaggio neutrale dovendo persino subire il veto su Vietti, il vicepresidente del Csm. Uno schiaffo sferrato da Berlusconi sul volto della magistratura che spiega più di ogni altra cosa quanto alta fosse la sua attenzione sulle questioni “personali”. E poi: come Letta medierà tra i compromessi nell’azione di governo e la voglia di cambiamento della base del Partito Democratico ? Berlusconi rappresenterà ancora uno scoglio grande da superare ? Vedremo …..