Coalizione anti-IS: nemico comune, obiettivi diversi (ISPI)

15.09.2014 17:44
 
 
Dopo il discorso di Obama della settimana scorsa, in cui il Presidente statunitense aveva fatto un appello per la formazione di una coalizione di Paesi per combattere la minaccia dell'Is (Stato islamico) in Iraq e Siria, oggi a Parigi i rappresentanti di 30 nazioni si sono riuniti per tracciare le linee guida di un impegno internazionale. Come si può vedere dalla mappa realizzata da ISPI, la coalizione proposta da Obama ha raccolto l'adesione di 10 Paesi arabi, ma ha anche evidenziato dei punti di debolezza. In primis la Turchia, uno dei principali fautori dell'intervento contro Assad in Siria, si è parzialmente defilata, garantendo soltanto un appoggio per operazioni umanitarie; in secondo luogo non è chiaro come il Presidente statunitense possa compiere raid aerei sul territorio siriano, senza il coinvolgimento di Assad stesso. Inoltre, pesano sulla coalizione gli interessi divergenti degli attori che ne fanno parte, così come le incognite circa la reale missione militare da mettere in campo contro l'Is. (foto: elaborazione ISPI )
Chi è dentro, chi è fuori?
A livello regionale, l’alleanza araba contro lo Stato islamico dovrà fare necessariamente perno sull’Arabia Saudita e sulle monarchie del Golfo. L’appoggio di Riad, così come quello di Doha e degli Emirati, oltre ad avere un’importanza strategica fondamentale - tra le altre cose il Qatar ospita la base militare Usa di al-Udeid - è infatti indispensabile a livello finanziario. Assieme agli stati del Golfo, hanno aperto ad un’alleanza con Obama anche Egitto e Giordania . E’ importante l’adesione del Libano, che finora aveva formalmente cercato di tenersi fuori dai conflitti regionali . Rimane fuori la Turchia, che dall’inizio del conflitto siriano si era schierata contro Assad: nonostante abbia promesso aiuti umanitari, sembra che Ankara non offrirà appoggio strategico agli attacchi di Obama. A livello internazionale, sembra farsi sempre più probabile un coinvolgimento della Francia nella coalizione, anche con un ruolo attivo negli attacchi aerei. La Gran Bretagna, nonostante in un primo momento avesse negato un coinvolgimento militare, sembra ancora aperta ad un cambio di strategia. La Germania ha invece dichiarato che si terrà fuori dall’attacco, pur offrendo supporto umanitario e logistico. L’Australia ha infine promesso l’invio di 600 uomini per contrastare IS in Iraq.
 
Quali sono gli alleati sul campo su cui può contare la coalizione?
In Iraq l’alleato più fedele sul quale gli americani possono fare affidamento sono i peshmerga curdi, che dall’inizio dell’offensiva dell’Is prima dell’estate – nonostante le sconfitte recenti - hanno costituito il principale argine militare all’avanzata jihadista nell’Iraq del nord, ricevendo supporto logistico e armi da Usa e alcuni stati europei, in un’anticipazione del modus operandi delle operazioni future contro l’Is. La rapidità con la quale il nuovo Primo Ministro iracheno Haider al-Abadi è riuscito a formare il nuovo governo è stato un segnale positivo per Washington. Tuttavia il nuovo esecutivo resta espressione della componente etnica sciita (e di conseguenza viene ancora percepito come ‘estraneo’, se non ostile, dai sunniti iracheni), e non è detto che diventi un elemento di unità in un paese ancora profondamente diviso . Nel caso della Siria il quadro risulta decisamente più complesso, in quanto il Free Syrian Army appare indebolito a fronte non solo dell’Is, ma anche di molti altri gruppi jihadisti, a loro volta in lotta con lo Stato islamico. Resta da capire come e quanto Obama abbia intenzione di puntare su di loro per contrastare Assad da un lato, e la galassia jihadista dall’altro.
 
Quali sono gli obiettivi della missione?
L’obiettivo primario dell’amministrazione Obama è creare una coalizione regionale di supporto alla risposta americana all’IS. L’operazione, per adesso, dovrebbe consistere in una fase di attacchi aerei – peraltro già in atto, dal momento che gli Usa hanno condotto 150 raid circa nell’ultimo mese . Aleggia l’incertezza sui dettagli dell’intervento. I contorni indefiniti della missione sono in parte spiegabili con la fase di definizione della coalizione di supporto – e dei conseguenti compiti per le diverse nazioni partecipanti.
 
Quali le insidie e le debolezze del progetto di Obama?
Il piano delineato dal Presidente Obama presenta numerose debolezze, sia per l’incertezza su molti dettagli del piano stesso, sia per la presenza di numerosi interessi in gioco all’interno dell’alleanza, molto spesso divergenti fra loro. Gli alleati chiave per Obama, le monarchie del Golfo, devono necessariamente inquadrare l’intervento contro l’Is nel contesto della lotta contro il regime di Assad e accompagnarlo all’avvio di un processo politico in Iraq, che renda il governo di Baghdad effettivamente espressione di tutte le componenti etniche del paese. Il Qatar in particolare ha reso noto che l’utilizzo della base militare di al-Udeid (così come il suo coinvolgimento nella coalizione) sono condizionati al finanziamento del fronte dei ribelli in Siria, e ad un intervento militare contro Assad. L’opposizione dell’Iran è infine un ulteriore elemento di potenziale debolezza. La mancanza di coordinazione tra le forze regionali, unita al perseguimento dei propri interessi, potrebbe pregiudicare il successo della coalizione alla base.