Cambiamenti (1) (Marco Emanuele, 3 marzo 2013)
Penso alla parola "chiesa" e pongo due brevi riflessioni, che si co-appartengono:
- una intima. E' nel profondo di noi che maturiamo la tensione dell'essere al dover essere, dell'immanente al trascendente di noi e della realtà. Tale tensione riguarda ciascuno, in ogni forma culturale di appartenenza ed in ogni dato di fede che ci troviamo a vivere. Siamo "chiesa" perchè in noi agisce questa tensione che ci cambia nell'integrazione continua della nostra natura tempiterna e globale, mettendoci in dialogo intimamente e rendendoci motore della ri-creazione (creazione continua) di noi e della realtà;
- una rispetto all'espressione storica. L'intimo dialogo che portiamo dentro di noi ci chiama alla con-vivenza nella complessità della storia. Complessità che si nutre di differenze, di talenti, di difficoltà. Complessità che ci chiama ad integrare per costruire progressivamente il futuro già presente; la con-vivenza, in quest'ottica, è "chiesa", cioè storia che si fa trascendenza e trascendenza che si fa storia, valore che si incarna e carne che si finalizza. Nella con-vivenza "siamo", progressivamente in maniera integrale, e nella storia portiamo i nostri talenti e i nostri limiti; ci muoviamo, in sostanza, nella consapevolezza di essere - naturalmente e contemporaneamente - soggetti di errori (che appartengono alla libertà e che la qualificano anche come libertà di sbagliare) e di positivi avanzamenti.
Ogni persona, in quanto tale, è "chiesa", così come la storia comune lo è. Dobbiamo cambiare il nostro sguardo, sentendoci "chiesa" insieme ad ogni altro DI noi (chiesa-mosaico che si compone nelle/delle differenze che, in spirito di relatività, si integrano) e guardando alla chiesa-istituzione con lo sguardo della comprensione per gli errori umani e della com-prensione per la missione universale di ri-condurre l'umanità alla sua naturale trascendenza (radice della vita).