Brevi dal mondo - Misna (19 dicembre 2013)
- MILLE I MILIARDI RUBATI DA EVASORI E CORROTTI
Per ogni dollaro di aiuto allo sviluppo, evasione fiscale, corruzione e criminalità organizzata se ne portano via dieci. Lo calcola un rapporto sui “flussi finanziari illeciti” provenienti da 150 paesi in via di sviluppo, una categoria che mette Niger e Somalia insieme a Cina, India o Brasile.
Secondo gli esperti di Global Financial Integrity, un’organizzazione non governativa con sede a Washington, nel 2011 multinazionali, politici corrotti e cartelli criminali hanno sottratto alla lotta alla povertà quasi 947 miliardi di dollari. Circa 115 in più rispetto all’anno precedente e 677 rispetto al 2002, quando sono cominciate le rilevazioni. In termini assoluti il fenomeno colpisce anzitutto Cina, Russia e Messico. In termini relativi a pagare il prezzo più alto è l’area sub-sahariana: più o meno il 5,7% del suo Prodotto interno lordo (Pil), a fronte di un media mondiale del 4%.
“I flussi finanziari illeciti provenienti dai paesi in via di sviluppo – sottolinea Dev Kar, uno degli autori del rapporto – sono in forte aumento: nell’ultimo decennio sono cresciuti del 10,2% l’anno in termini reali, a un ritmo ben più sostenuto rispetto all’incremento del Pil”. Secondo lo studio, a fronte dei 947 miliardi di dollari sottratti nel 2011 gli aiuti allo sviluppo forniti dai governi dei paesi ricchi non hanno raggiunto i 94 miliardi.
Nella classifica dei paesi più colpiti dal fenomeno dietro Cina (107 miliardi), Russia (88) e Messico (46) figurano Malesia (37), India (34), Arabia Saudita (26) e Brasile (19). A sud del Sahara peggio di tutti sta la Nigeria (decima, 14 miliardi), seguita dal Sudafrica (tredicesima, 10 miliardi).
Gli esperti di Global Financial Integrity individuano anche misure che potrebbero essere utili a contrastare il fenomeno. Tra queste figurano lo scambio automatico tra gli Stati delle informazioni di carattere fiscale, la pubblicazione di rendiconti su vendite, profitti e imposte pagate dalle multinazionali e nuove regole contro le società di comodo, create a finalità di evasione o elusione fiscale o per compiere attività illecite.
- (Bangladesh). ENNESIMA TORNATA DI BLOCCHI E SCONTRI AGGRAVA CRISI
Oltre cento arresti tra i manifestanti oggi nell’ennesima tornata di sciopero generale e di fermo dei trasporti lanciata dai partiti d’opposizione raccolti attorno al Partito nazionalista del Bangladesh. Le forze di sicurezza hanno optato per la linea repressiva contro i dimostranti che in alcuni casi si sono resi responsabili di atti vandalici, aggressioni e persino omicidio, ma a volte sono stati anche vittime di ritorsioni. Oggi i giudici hanno condannato alla pena capitale otto giovani filo-governativi giudicati colpevoli di avere incendiato un autobus e massacrato un oppositore.
Reparti della polizia, delle forze d’élite del Battaglione di azione rapida e i paramilitari delle guardie di frontiera hanno forzato i blocchi stradali, sgomberato ferrovie e strade e sciolto le manifestazioni in cinque distretti del paese. Centodiciotto gli arrestati, in maggioranza attivisti del Pnb e dell’alleato-chiave, l’islamista Jamaat-e-Islami.
Le proteste, che chiedono la sostituzione del governo interinale guidato dalla signora Sheikh Hasina Waheed con un esecutivo di personalità indipendenti che guidi il paese verso il voto previsto il 5 gennaio, sono in corso da ottobre. Al rifiuto costante della premier, che rivendica la maggioranza degli elettori, che ancora domenica in un’affollatissima manifestazione nella capitale le hanno dimostrato il loro sostegno, l’opposizione di 19 partiti oppone iniziative di boicottaggio motivate dal timore che una consultazione elettorale condotta dalla maggioranza attuale possa portare a un voto pilotato.
Oggi, nella terza giornata dell’ennesimo ciclo di interruzione dei trasporti e delle vie di comunicazione, il governo ha mostrato una maggiore fermezza, anche se non è riuscito a riportare la calma nel paese, duramente colpito anche sul piano economico. Dall’inizio di novembre sono state oltre 20 le giornate di blocco, con un costo quantificato in almeno quattro miliardi di dollari.
A risentirne, tra le attività produttive, soprattutto l’abbigliamento, la maggiore ma anche quella più legata alle commesse straniere. Gli imprenditori del settore già segnalano l’uscita dal paese di alcune attività imprenditoriali, dirottate verso India, Indonesia e Vietnam. Gravi danni anche all’agricoltura e all’allevamento per l’impossibilità di spostare in tempi rapidi verso i mercati e le industrie di trattamento e conservazione prodotti facilmente deperibili.
- (Namibia). MORATORIA SULLE TRIVELLAZIONI OFF-SHORE
Una moratoria di tre anni sulla concessione di permessi di sfruttamento minerario al largo delle coste della Namibia è stata approvata dal governo di Windhoek nel tentativo di tutelare la pesca e le risorse ittiche del paese.
Secondo Nampa, l’agenzia di stampa nazionale, la moratoria riguarderà in particolare la concessione di certificati a seguito della presentazione di studi di impatto ambientale. Il provvedimento riguarda in particolare l’estrazione di minerali contenenti fosfati, sali utilizzati nella produzione di concimi e fertilizzanti. La moratoria era stata chiesta dal ministero per la Pesca nella convinzione che le attività minerarie off-shore abbiano conseguenze negative sugli ecosistemi costieri e oceanici.
La preoccupazione, in Namibia, riguarda anche l’industria petrolifera. Secondo uno studio commissionato dal governo, le prospezioni off-shore hanno contribuito a un calo drastico della quantità di tonno pescato: nel 2013 appena 650 tonnellate a fronte delle 1800 dell’anno scorso.