Sud Sudan. Tregua a rischio senza visione politica (Misna)

14.05.2014 14:43

“L’accordo di tregua è stato imposto dall’esterno ed è già a rischio perché in Sud Sudan manca una classe dirigente capace di una visione politica”: a parlare con la MISNA è Alfredo Mantica, ex sottosegretario agli Esteri del governo italiano, testimone di momenti chiave della storia del paese più giovane del mondo.

La conversazione comincia da Naivasha, la città del Kenya dove Mantica fu osservatore del negoziato tra i rappresentanti di Khartoum e i ribelli guidati da John Garang. Un negoziato che avrebbe messo fine alla Seconda guerra civile del Sudan e preparato di fatto l’indipendenza del Sud.

Senatore, chi era John Garang?

“Io John Garang l’ho amato. Apparteneva alla comunità Dinka, la più numerosa in Sud Sudan, ma parlava a nome di tutti. Non voleva che il referendum, previsto sei anni dopo la firma dell’accordo di pace, confermasse la spaccatura del paese. Voleva diventare presidente di tutto il Sudan. Morì poco dopo aver firmato l’intesa, quando già si capiva che un Sud indipendente sarebbe stato estremamente fragile”.

Una fragilità confermata dal conflitto armato scoppiato a dicembre… Reggerà l’accordo per una tregua e un governo “di unità nazionale” sottoscritto venerdì ad Addis Abeba?

“La mia sensazione è che sia stato imposto dai grandi padrini del Sud Sudan, gli Stati Uniti e l’Onu. È un’intesa forzata, alla quale il presidente Salva Kiir e il suo ex vice Riek Machar sono stati costretti. Lo dimostra il fatto che il testo sia stato firmato poche ore dopo l’arrivo delle delegazioni in Etiopia. Entrambe le parti, per altro, hanno già denunciato violazioni. In Sud Sudan si continua a respirare una brutta aria. L’accordo stesso ha un che di stupefacente. Si prefigura un governo di transizione, una formula che andrebbe benissimo per definire l’esecutivo in carica fino a un anno fa, del quale Machar faceva parte. A che cosa sono serviti allora tutti questi morti?”.

L’indipendenza è stata un male?

“Il Sud Sudan è nato in modo forzato, sia pur dopo l’espressione di una grande volontà popolare conseguenza di anni di massacri voluti dalle autorità di Khartoum. La debolezza del nuovo Stato è apparsa subito evidente. Basta guardare alla situazione di incertezza ad Abyei e nell’intera fascia al confine con il Sudan, divenuta subito un elemento di instabilità per il Sud. E non si tratta solo di territori ma di petrolio, l’unica grande risorsa della quale il paese disponga. Per risolvere i problemi servirebbe la capacità politica di una classe dirigente che non c’è. In Sud Sudan manca la struttura stessa dello Stato, gli amministratori. La maggioranza della popolazione non sa né leggere né scrivere. Questa non è una colpa dei sud-sudanesi, è un fatto”.

Kiir e Machar sono il problema?

“L’attuale presidente era il vice di Garang. Ma a differenza di Garang era un militare, non un politico. E del militare conserva la logica. Lo si è visto a dicembre: alla prima difficoltà ha cominciato a sparare. Un grande capo politico avrebbe gestito la situazione in modo differente. E il discorso vale anche per Machar”.

È pessimista?

“Diciamo che ho paura per questo paese meraviglioso”.