(Sud Sudan) Jonglei: nella savana, in fuga dal conflitto (Misna)

16.07.2013 09:39

Esercito contro ribelli e comunità in lotta tra loro: Toby Lanzer, vice-segretario generale delle Nazioni Unite con il compito di coordinare l’assistenza umanitaria in Sud Sudan, descrive in questi termini alla MISNA le dinamiche di un conflitto che ha già costretto decine di migliaia di persone a lasciare le proprie case.

“Una missione sul campo condotta proprio ieri dalle Nazioni Unite – dice Lanzer – ha accertato che migliaia di persone stanno fuggendo da scontri tra due comunità e tra l’esercito e una formazione irregolare”. Il riferimento è alle violenze in corso nella regione orientale di Jonglei e in particolare nella contea di Pibor, epicentro di una crisi che si era manifestata in modo drammatico già alla fine del 2011. Allora, nell’arco di soli tre mesi, scontri e rappresaglie tra allevatori di etnia Lou Nuer e Murle avevano causato più di 900 vittime. Oggi sono questi stessi gruppi a combattersi, per il controllo dei pascoli, del bestiame e delle poche risorse disponibili. Con l’aggravante della presenza di un gruppo ribelle, guidato dall’ex generale David Yau Yau e sostenuto per lo più da Murle.

“Il conflitto – dice Lanzer – ha spinto decine di migliaia di persone a oltrepassare i confini con l’Etiopia, il Kenya e l’Uganda o a fuggire nella savana, in mezzo al nulla, lontano da qualsiasi possibilità di assistenza alimentare o sanitaria”. La condizione degli sfollati di Jonglei è complicata dalla stagione delle piogge, che ostacola gli spostamenti in una regione di per sé tra le più isolate del paese. “La nostra speranza – sottolinea il vice-segretario generale dell’Onu – è che anche le organizzazioni non governative straniere possano tornare a prestare assistenza a Boma e Pibor, i due centri principali della regione”. Alcune settimane fa ong come Medici senza frontiere o Intersos hanno dovuto sospendere le loro attività per l’intensificarsi degli episodi di violenza e il saccheggio dei loro uffici e centri sanitari.

Non molto, in questo contesto, sta riuscendo a fare la missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan (Unmiss). La settimana scorsa il Consiglio di sicurezza ha chiesto l’invio di più uomini e mezzi esprimendo “preoccupazione per un divario strategico tra la mobilità della missione e il costante e decisivo bisogno di una capacità aerea e di mezzi di spostamento come elicotteri e natanti”. A oggi i circa 6900 effettivi di Unmiss hanno a disposizione appena tre elicotteri.

Nei giorni scorsi, nel solo villaggio di Manyabol sono arrivate 200 persone ferite in combattimenti che avrebbero contrapposto Lou Nuer e Murle. “Fare una stima del numero delle vittime o degli sfollati – ammette Lanzer – per ora è impossibile”. Il Sud Sudan è divenuto indipendente da Khartoum nel 2011, dopo una guerra civile durata più di 20 anni.