Sguardi (Passaggi culturali) - a cura della redazione

02.05.2013 07:34

- Maalouf, vite in sospeso. Esistono guerre con una "dimensione etica" ? Guerre che "meritino il sacrificio", al contrario di altre, prive di "purezza" e nobiltà" ? Ha senso "difendere un oppresso quando sai per certo che fra non molto di comporterà anche lui come un tiranno" ? Quando scoppia una guerra fratricida e non si può fare nulla per impedirla, qual è l'atteggiamento giusto da tenere ? Partire o restare ? E se si resta, prendere posizione per una delle parti in causa anche a rischio di perdere la vita e comunque l'innocenza, o "rintanarsi", cercare di scansare la tempesta, magari covando idee di suicidio ? Questi e altri sono gli interrogativi che i Disorientati (Amin Maalouf, Bompiani, traduzione di Paolo Ascari) del romanzo omonimo non cessano di porsi, individualmente e collettivamente, dai tempi della comune giovinezza trascorsa in una spensierata brigata di studenti fino all'età matura quando, dopo un quarto di secolo in cui ciascuno ha seguito da solo la propria strada, una serie di circostanze li portano a riavvicinarsi, a ricercarsi, forse a ritrovarsi. (...). (Vermondo Brugnatelli, Alias Il Manifesto, 28 aprile 2013)

- Il jet-set newyorkese nel mirino del critico. Ogni racconto letterario - scrive Edgar Allan Poe nella Filosofia della composizione del 1846 - non è un libero sfogo di sentimenti concepito in uno stato di "splendida frenesia": è invece il risultato di una "costruzione", di una "combinazione" di idee che lo scrittore ordisce e calcola a tavolino per esercitare un preciso "effetto" sui suoi lettori. Gli articoli da rivista più "interessanti", secondo Poe, sarebbero proprio quelli in cui un autore permette che il pubblico sbirci dietro le quinte della creazione, tra i "macchinari" e le "trappole diaboliche" di cui si è avvalso per raggiungere l'effetto prestabilito. Eppure è raro che gli artisti, frenati dalla vanità, concedano un simile privilegio. Soltanto Poe non dimostra alcuna ripugnanza a spalancare il laboratorio di una delle sue poesie più conosciute (Il Corvo) e a ripercorrere le tappe della sua genesi in base al principio della "composizione ad effetto". Un richiamo alla Filosofia della composizione mi sembra indispensabile per affrontare il libro che raccoglie oggi per la prima volta alcune recensioni di Poe sotto il titolo I lterati di New York City (a cura di Giovanni Puglisi e Gabriele Miccichè, Bompiani). L'obiettivo di questi articoli, composti da Poe negli anni trenta e quaranta dell'Ottocento per la rivista femminile "Godey's Lady's Book", non è tanto la stesura di un "affresco" del jet-set letterario newyorkese, quanto la rettifica del successo immeritato che alcuni suoi scrittori si sono garantiti attraverso la frequentazione della buona società. (...). (Ivan Tassi, Alias, Il Manifesto, 28 aprile 2013)

- Jack London giornalista "embedded": corrispondenze e disillusioni dalla Corea. A leggere il ritratto che Jack London fa dei progenitori di Kim Jong Un, l'Occidente non avrebbe molto da temere dal giovane leader autarco-socialista nordcoreano e dalla sua propaganda militaresca, nonostante la minaccia nucleare. "Il coreano è senza spirito. Manca di quell'elemento malese che fa del giapponese il soldato che è", scrive lo scrittore americano in una corrispondenza da Pyong Yang, Corea del Nord. E' il febbraio del 1904, si prepara la prima grande guerra tra una potenza europea e una asiatica, la Russia e il Giappone, e il ventottenne London, che un anno prima è entrato nell'olimpo dei bestseller con Il richiamo della foresta, riesce a farsi accreditare come corrispondente di guerra dal San Francisco Examiner, giornale di proprietà di William Randolph Hearst, il magnate che ispirerà a Orson Welles la figura di Citizen Kane. "Sono quelli che mi hanno offerto di più", dirà, ammettendo di essere andato in Corea piuttosto per soldi - insieme a un innato gusto per l'azione e per conquistarsi i galloni di reporter di guerra - che non per adesione ideologica all'imperialismo americano, interessato a capire cosa si muovesse sul fronte orientale. Per la prima volta tradotte in Italia, le Corrispondenze di guerra di Jack London  (a cura di Cristiano Spila, Nova Delhi) presentano plurimi piani di lettura. (...). (Angelo Mastrandrea, Alias, Il Manifesto, 28 aprile 2013)

 

 

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