Sguardi (In giro per il mondo) - Misna, 6 maggio 2013

06.05.2013 10:56

(Tanzania) ARUSHA, UN FERMATO DOPO ESPLOSIONE IN CHIESA CATTOLICA

Un uomo è stato fermato dalla polizia dopo un’esplosione avvenuta ieri all’ingresso di una chiesa cattolica nel nord della Tanzania: lo riferisce il quotidiano The Citizen, sottolineando che la deflagrazione ha causato almeno una vittima e che tra le persone rimaste illese c’è il nunzio apostolico monsignor Francisco Padilla.

Secondo il giornale, l’indagine sull’esplosione è stata affidata all’ispettore generale Said Mwema, il comandante in capo della polizia. L’ufficiale ha sottolineato che per ora è troppo presto per fare ipotesi sulla dinamica e sulle possibili cause dell’episodio, compresa quella di un attentato mirato contro il nunzio apostolico o altri esponenti della Chiesa cattolica. Di certo, sottolinea The Citizen, c’è che l’esplosione si è verificata attorno alle 10:40, poco prima che monsignor Padilla e il vescovo di Arusha monsignor Josphat Lebulu tagliassero il nastro rosso per inaugurare la chiesa, situata alla periferia della città.

Secondo testimonianze raccolte dal giornale, per ora non confermate dalla polizia, la deflagrazione potrebbe essere stata causata da una bomba a mano lanciata tra la folla da un attentatore subito fuggito. L’esplosione ha provocato almeno un morto e 60 feriti, molti dei quali colpiti da schegge alle gambe.

The Citizen scrive di “attentato terroristico”. Allo stesso tempo, però, il giornale sottolinea che mai prima d’ora una chiesa cattolica era stata presa di mira nel nord della Tanzania. Altre fonti hanno ricordato che alcuni mesi fa un sacerdote cattolico era stato assassinato all’ingresso della sua parrocchia nell’isola di Zanzibar, una regione del paese a forte maggioranza musulmana.

(Libia) PARLAMENTO APPROVA MESSA AL BANDO UFFICIALI EX REGIME

Il Congresso nazionale ha approvato la legge che impone il bando dai pubblici uffici per cinque anni per tutti gli ufficiali ed esponenti dell’ex regime di Muammar Gheddafi. Il provvedimento adottato dal parlamento dovrebbe porre fine ad oltre una settimana di vero e proprio assedio di alcuni dei ministeri libici da parte delle milizie armate che avevano condizionato all’approvazione della legge il loro ritiro.

La nuova normativa potrebbe avere ripercussioni sul governo, a partire dal primo ministro Ali Zeidan e dal presidente del parlamento Mohammed Megaryef, entrambi diplomatici di carriera nella Libia di Gheddafi.

Le associazioni per i diritti umani, dal canto loro, bollano il provvedimento come “troppo vago” e mettono in guardia dal rischio di bandire chiunque, nel precedente regime, svolgesse un incarico nella pubblica amministrazione.

A marzo, decine di attivisti si barricarono nella sede del parlamento per rivendicare una misura simile. Alla loro azione pacifica è seguita, la scorsa settimana, quella di alcune milizie armate che hanno circondato i ministeri degli Esteri e della Giustizia, minacciando di assediarli fino a quando il provvedimento non fosse stato adottato.