Sguardi (In giro per il mondo) - Misna, 3 maggio 2013

03.05.2013 16:46

(Egitto) CHIUDE ‘EGYPT INDEPENDENT’, VOCE DELLA STAMPA LIBERA

Il settimanale Egypt Indipendent, versione inglese del noto quotidiano Al Masry al Youm chiude i battenti: a darne l’annuncio nell’ultimo numero online e cartaceo scaricabile gratuitamente dal sito, sono gli stessi giornalisti che lo scorso febbraio avevano lanciato una campagna di raccolta fondi per evitare il peggio.

Costi troppo elevati e spese eccessive, ha sentenziato il responsabile Abdel Moneim Said, a cui Lina Atallah, direttrice del giornale – che ha raccontato al mondo la rivoluzione egiziana e la rapida trasformazione della società sorta sulle macerie del regime di Hosni Mubarak – risponde con accuse di cattiva gestione e, soprattutto, “scelte più politiche che economiche”.

Il concetto di fondo, espresso da Atallah in varie interviste e editoriali è che la proprietà del giornale voglia concentrarsi sulla versione araba su cui è più capillare il controllo dei contenuti, con evidente danno della libertà di informazione.

Prima di giungere alla chiusura, molte firme dell’Egypt Indipendent avevano subito la censura dei propri articoli considerati “troppo critici” nei confronti delle alte sfere militari e delle autorità.

(Panama) SCANDALO INTOSSICAZIONE DI MASSA, SPAGNA DENUNCIATA

Sei superstiti dell’avvelenamento di massa causato nel 2006 a Panamá dalla distribuzione di uno sciroppo per la tosse adulterato hanno denunciato la Spagna alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo: ritengono che la magistratura di Madrid abbia archiviato il caso senza aver appurato le responsabilità dell’azienda catalana Rasfer Internacional.

Fu la Rasfer a vendere alla panamense Medicom glicerina acquistata a sua volta da una società cinese, utilizzata per l’elaborazione dello sciroppo e di un farmaco antiallergico, nonché due lozioni per la pelle, distribuiti gratuitamente dalla Cassa di previdenza sociale: solo in un secondo momento la glicerina risultò non adatta al consumo umano provocando, secondo il bilancio ufficiale, 282 morti e centinaia di intossicati; secondo i parenti delle vittime i morti furono almeno 1400.

Nell’estate del 2011 la ‘Audiencia Nacional’ di Madrid ha prosciolto la Rafter con un verdetto inappellabile, sostenendo che fu la Medicom a incorrere nel reato di falsificazione dell’etichetta del farmaco, essendo a conoscenza del fatto che la glicerina era di un tipo industriale contenente glicole etilenico.

Gli avvocati dei querelanti, José Luis Mazón e Jaime Ingram, ritengono che “non fu effettuata un’indagine obiettiva” e chiedono alla Corte europea di verificare se la giustizia spagnola fece effettivamente quanto possibile per chiarire le responsabilità di Rasfer.

(Madagascar) PRESIDENZIALI: C’È ANCHE RAJOELINA TRA I CANDIDATI

“Andry Rajoelina, ospite a sorpresa”: il titolo di apertura del quotidiano locale ‘Madagascar Tribune’ annuncia in questi termini la candidatura dell’attuale uomo forte, al potere dal 2009, alle presidenziali in agenda per il 24 luglio. Dopo l’esame della documentazione richiesta, Rajoelina fa parte dei 41 candidati in lizza la cui partecipazione al voto è stata formalizzata dalla Corte elettorale speciale (Ces); una ventina di nomi è stata invece respinta. All’atteso appuntamento con le urne parteciperanno l’ex capo di stato, il 76 enne Didier Ratsirika, che da anni viveva in esilio in Francia, e Lalao Ravalomanana, moglie dell’ex presidente Marc Ravalomanana estromesso dallo stesso Rajoelina dietro pressioni della strada e dell’esercito. Tra i nomi più in vista c’è anche quello dell’ex primo ministro Camille Vital e del sindaco della capitale, l’uomo d’affari Edgard Razafindravahy, candidato del partito al potere ‘Tgv’ (Tanora malaga Vonona).

 Il giornale ‘Madagascar Tribune’ ha precisato che la candidatura di Rajoelina è stata l’ultima registrata, pochi minuti prima della scadenza dello scorso 28 aprile alle ore 17. Dopo mesi di incertezza sulla sua partecipazione alle presidenziali, alcune settimane fa Rajoelina aveva deciso di non prendere parte a questa tornata elettorale, riservandosi la possibilità di candidarsi tra cinque anni. “C’è un fitto mistero che avvolge la candidatura a sorpresa di Rajoelina: una scelta che rischia di protrarre più a lungo la crisi politica malgascia” ha concluso la stessa fonte di stampa.

 Almeno sulla carta, dopo una serie di accordi firmati tra le principali correnti politiche rivali con la mediazione della Comunità economica dell’Africa australe (Sadc), le presidenziali sono previste per il prossimo 24 luglio e le legislative il 25 settembre. I due appuntamenti con le urne dovrebbero archiviare la transizione cominciata quattro anni fa. Il calendario prevede inoltre il voto per le elezioni dei consigli municipali e regionali il 23 ottobre. Tuttavia la situazione politica rimane intricata con zone d’ombre sull’applicazione di una legge di amnistia a favore di ex capi di stato e altre personalità politiche in vista. Inoltre la commissione elettorale (Ceni-t) ha accumulato ritardi nell’organizzazione del voto per problemi finanziari e logistici.

(Iraq) VIOLENZE IN VARIE ZONE DEL PAESE

Almeno nove poliziotti sono morti in scontri armati nel nord del paese, mentre un’autobomba ha causato quattro morti in una moschea sunnita a nord di Baghdad. Lo riferiscono fonti mediche secondo cui a Mossoul nei combattimenti tra miliziani armati e agenti di polizia sono stati lanciati colpi di mortaio che hanno causato nove vittime e sette feriti tra le forze dell’ordine.

Negli scontri sono morti anche quattro uomini armati.

Intanto a Rachidiya, nord di Baghdad, una vettura imbottita di esplosivo ha causato quattro morti e 22 feriti tra i fedeli che uscivano dalla moschea Al Ghoufrane per la preghiera settimanale

Inoltre un ufficiale di polizia è stato ferito ad al Amil, a sud di Baghdad, nell’esplosione di un ordigno. Gli episodi di oggi si verificano in un clima di recrudescenza delle violenze nel paese per cui – secondo i dati riferiti ieri dall’Onu – il mese di aprile è stato il più cruento degli ultimi cinque anni, con un bilancio di 712 morti.

(Tunisia) AL CONFINE CON ALGERIA ESERCITO A CACCIA DI JIHADISTI

“Nella regione del Monte Châambi le forze di difesa e la guardia nazionale stanno portando avanti operazioni di ricerca. La situazione è sotto controllo”: con una dichiarazione sibillina, il portavoce del ministero degli Interni Mohamed Ali Araoui ha riferito alla stampa delle manovre militari in corso al confine con l’Algeria, nelle quali finora 15 uomini sono rimasti feriti.

In realtà l’intervento delle forze di sicurezza è cominciato la scorsa settimana, ma fino a ieri le fonti ufficiali hanno soltanto parlato di “operazioni di rastrellamento per procedere allo sminamento della zona e riprenderne il pieno controllo”. In serata lo stesso Araoui ha poi riferito della presenza sul territorio tunisino di “due gruppi armati nella zona del Monte Châambi, costituito da una quindicina di individui, e un altro nella regione del Kef composto da una ventina di persone”. Il colonnello Mokhtar Ben Naceur del ministero degli Interni ha detto che “non si sa di preciso in quanti siano. Li stiamo dando la caccia ma la Châambi è una regione molto estesa. Finora non abbiamo arrestato nessuno”. Alcune fonti di stampa locale ed internazionale hanno invece riferito di “intensi scontri all’arma pesante” tra le forze di sicurezza tunisine e un gruppo di una cinquantina di combattenti jihadisti, senza però fornire alcun bilancio.

Sul terreno le truppe hanno rafforzato il dispositivo di sicurezza attorno al monte Châambi e allestito check-point all’entrata della capitale regionale di Kasserine. Lo scorso dicembre, in seguito ad un attacco da parte degli stessi gruppi armati contro un posto di frontiera nel quale un agente di polizia è rimasto ucciso, le ricerche di combattenti si erano intensificate nella regione occidentale. Oltre a bombe artigianali, nell’area dove i miliziani hanno stabilito alcune basi sono stati rinvenuti anche carte geografiche, telefoni cellulari e documenti in codice. Alla guida dei gruppi ci sarebbero un algerino e due tunisini, ma numerosi uomini sarebbero arrivati dalla Libia pesantemente armati con l’obiettivo di raggiungere il vicino Mali, teatro di un conflitto tra eserciti maliano, francese, africani e gruppi armati tuareg ed islamici.

Le autorità tunisine non riescono ad esercitare un pieno controllo lungo gli estesi e porosi confini ad ovest con l’Algeria e a sud-est con la Libia, dove transitano armi e combattenti in numero sempre crescente dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi.

Dalla fine della rivolta popolare che nel gennaio 2011 ha estromesso il presidente Zine El Abidine Ben Ali, il governo di Tunisi, guidato dal partito islamico moderato di Ennahda, deve inoltre fare i conti con gruppi più radicali costituiti per lo più da militanti salafiti. L’opposizione accusa il potere di non essere in grado di arginare le crescenti violenze causate da queste fazioni più estremiste, ritenute responsabili dell’uccisione, lo scorso 6 febbraio, di Chokri Belaid, il segretario generale del Partito dei patrioti democratici. La morte del leader di opposizione ha provocato la caduta dell’esecutivo di Hamadi Jebali, facendo emergere una profonda crisi politica che in realtà ha le sue radici nel permanente stato di crisi dell’economia nazionale.