Sguardi (In giro per il mondo) - Misna, 3 maggio 2013)

03.05.2013 18:37

(Sudan) DARFUR, SCONTRI NEL SUD PER CONTROLLO ACQUA E PASCOLI

Sarebbero circa 130 le vittime di nuovi scontri tribali in corso da ieri nei pressi di Edd al Fursan, circa 100 chilometri a sud-ovest di Nyala, capoluogo del Darfur meridionale. Lo ha reso noto un esponente della comunità araba Beni Halaba scontratasi con la tribù rivale dei Gimir.

All’origine del contenzioso, come spesso accade in questa regione per lo più desertica, già in passato teatro di un conflitto e di una grave crisi umanitaria, il controllo delle fonti d’acqua e dei pochi terreni fertili rivendicato da entrambe le comunità.

Le violenze sono state confermate dall’Ufficio di coordinamento per gli affari umanitari dell’Onu (Ocha), che nel suo comunicato settimanale riferisce di circa 2000 sfollati causati dagli scontri.

Nel mese di aprile, altri scontri tra tribù rivali avevano causato oltre 50.000 sfollati, molti dei quali hanno attraversato la frontiera con il vicino Ciad.

(Costa D'Avorio) PRIMO PROCESSO CONTRO MILITARI, CONDANNE PER UCCISIONE CIVILI

Riconosciuti colpevoli dell’uccisione di alcuni civili, due soldati dell’esercito regolare ivoriano sono stati condannati a dieci e sette anni di carcere dal tribunale militare di Abidjan. La stampa ivoriana ha sottolineato che si è trattato del primo processo celebrato a carico delle Forze repubblicane di Costa d’Avorio (Frci), l’esercito regolare creato dal presidente Alassane Dramane Ouattara dopo la crisi post-elettorale che tra dicembre 2010 ed aprile 2011 ha portato il paese nel baratro della guerra civile, conclusa con almeno 3000 vittime.

I fatti contestati ai due militari, che risalgono al 18 dicembre 2011, si sono verificati a Vavoua. A un tentato assalto contro una base militare da parte di un gruppo di giovani armati da bastoni e fucili i soldati hanno risposto con colpi d’arma da fuoco, uccidendo cinque persone. Pochi giorni prima, in circostanze ancora tutte da chiarire, aveva perso la vita un abitante della località centro-occidentale. Doumbia Amara, allora capo della sicurezza a Vavoua, sconterà una pena di dieci anni di carcere e il soldato Daouda Bazémon rimarrà dietro le sbarre per sette anni. Entrambi sono stati riconosciuti colpevoli di omicidio, tentato omicidio, esazioni e gravi violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione. Il giudice Koffi Kouadio ha invece prosciolto altri cinque co-imputati.

Nelle Frci sono stati integrati numerosi ex combattenti delle Forze nuove, la ribellione che per un decennio ha controllato il centro-nord e durante l’ultimo braccio di ferro politico ha sostenuto Ouattara contro l’ex capo di stato Laurent Gbagbo.

 Da mesi organizzazioni di difesa dei diritti umani locali ed internazionali chiedono al governo di Ouattara di attuare una giustizia imparziale: nei fatti violenti commessi due anni fa sono anche coinvolti combattenti che hanno aiutato l’attuale presidente ad avere la meglio sul rivale. Tuttavia le procedure giudiziarie avviate finora in Costa d’Avorio riguardano soltanto militari e personalità politiche vicine a Gbagbo, a sua volta detenuto presso la Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aia con l’accusa di crimini contro l’umanità.

In un rapporto diffuso lo scorso febbraio dall’organizzazione Amnesty International, intitolato “Costa d’Avorio: la legge dei vincitori”, le Frci vengono accusate di aver attuato una “politica di repressione su basi etniche e politiche in nome della sicurezza”. Pochi giorni fa un gruppo di esperti dell’Onu ha invece puntato il dito con gli ex-ribelli del nord integrati nell’esercito, accusandoli di saccheggio delle risorse naturali (cacao, anacardi), contrabbando e ingresso illegale sul territorio di armi provenienti da Burkina Faso, Mali e Niger, nonostante l’embargo in vigore.