Sguardi (In giro per il mondo) - Misna, 17 maggio 2013

17.05.2013 11:02

(Mali) BAMAKO APRE AL DIALOGO CON TUAREG, UN EMISSARIO PER IL NORD

La disponibilità a dialogare con i ribelli tuareg, a  patto che rinuncino all’autonomia del nord: ad avanzarla è stato il presidente di transizione Dioncounda Traoré all’indomani della conferenza internazionale per il futuro del Mali tenuta a Bruxelles. “Quando parliamo di integrità territoriale e di unità nazionale, per definizione siamo obbligati a dialogare con tutti i maliani, quindi anche con il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla)” ha detto il capo dello stato, tendendo la mano alla ribellione tuareg con base nel capoluogo di Kidal (nord-est). “Siamo anche consapevoli del fatto che nei ranghi dell’Mnla di oggi, ci sono altre componenti rispetto al nucleo fondatore. Ci sono elementi fuoriusciti da Ansar Al Din (gruppo ribelle legato ad Aqmi, ndr)” ha aggiunto Traoré. Come condizioni all’apertura di un tavolo di dialogo, Bamako chiede all’Mnla di rinunciare alle sue velleità indipendentiste, rispettare la laicità dello Stato e partecipare al processo elettorale. L’organizzazione del voto, in agenda per il mese di luglio, rappresenta una sfida per il governo di transizione: dovranno poter andare alle urne anche i 290000 sfollati interni e più di 200000 maliani rifugiati nei paesi confinanti.

Fonti di stampa internazionali hanno poi annunciato che Traoré interebbe nominare un consigliere speciale incaricato di portare avanti il negoziato con l’Mnla e altri gruppi armi del nord. L’incarico di emissario sarebbe stato affidato all’ex ministro Tiébilé Dramé, presidente del Partito per la rinascita nazionale (Parena). In particolare dovrà trattare con la ribellione tuareg affinché collabori all’organizzazione del voto nella zona di Kidal. A quattro mesi dall’avvio dell’intervento militare franco-maliano ed africano nelle regioni settentrionali, i tuareg si oppongono al ritorno dell’amministrazione e dell’esercito di Bamako nel capoluogo di Kidal. Per la sua esperienza di governo, in qualità di ministro per le zone aride sotto la presidenza di Keïta nel 1996, Dramé ha avuto contatti approfonditi con le comunità del nord di cui conosce bene rivendicazioni e problematiche. La scorsa settimana il presidente Traoré ha incontrato alcuni delegati della ‘Plateforme Kel Tamashek’, un’associazione di matrice tuareg; ad aprile il governo di transizione ha creato una Commissione dialogo e riconciliazione per favorire il riavvicinamento con le comunità minoritarie tuareg ed arabe.

Al di là delle iniziative politiche, Bamako, con il sostegno finanziario della comunità internazionale, dovrà attuare progetti per lo sviluppo socio economico del nord, carente di infrastrutture e servizi di base. La prima tappa delle politiche di governo sarà la riabilitazione della rete di elettricità, di distribuzione dell’acqua e di altre infrastrutture di prima importanza nei tre capoluoghi settentrionali di Gao, Kidal e Timbuctù, occupati dai ribelli per più di un anno. A Bruxelles i donatori internazionali si sono impegnati per tre miliardi e 250 milioni di euro, da destinare alla ricostruzione del paese del Sahel e all’organizzazione delle elezioni.

(Bolivia) LEGGE SULLE PENSIONI, MORALES ACCUSA I DIMOSTRANTI

Il presidente Evo Morales ha fatto appello ai suoi sostenitori affinché “difendano la democrazia” di fronte alle massicce proteste organizzate dalla Centrale operaia boliviana (Cob) che da 11 giorni chiede nelle piazze una riforma della legge sulle pensioni.

La Cob, che ha promosso uno sciopero a cui hanno aderito progressivamente diversi settori, “ha chiesto urlando anche l’ammutinamento della polizia affinché ci sia un golpe” ha detto il presidente. “Questa – ha aggiunto – non è una rivendicazione, ma un’azione politica”.

La mobilitazione convocata dalla Cob punta a ottenere una revisione della legge vigente per garantire che le pensioni corrispondano al 100% dell’ultimo salario e non al 70% come previsto attualmente. Chiede inoltre una pensione minima pari a 8000 bolivianos (circa 853 euro) per i minatori con almeno 35 anni di lavoro alle spalle e di 5000 (533) per gli altri settori produttivi. Il governo ritiene la richiesta insostenibile contesta al sindacato la volontà di favorire in particolare i minatori, rappresentati dai vertici della stessa Cob.

Nel corso delle proteste, secondo fonti delle Nazioni Unite, sono stati registrati almeno 30 feriti, due dei quali per colpi di arma da fuoco, mentre nelle strade l’esplosione di cariche di dinamite, normalmente utilizzate dai minatori, è stata all’ordine del giorno. Per Morales, i leader della Cob “vogliono solo più privilegi per il gruppo ai vertici, mentre il governo difende la maggioranza dei lavoratori”.

Il presidente ha criticato anche il proseguimento delle proteste: il governo aveva posto come condizione per sedersi al tavolo del negoziato la sospensione delle agitazioni che invece proseguono.