Sguardi (In giro per il mondo) - Misna, 15 maggio 2013

15.05.2013 14:57

(Ciad) ARRESTATO “EL DJONTO”, TORTURATORE SOTTO LA DITTATURA DI HABRÉ

Dopo anni di denunce e inchieste, è stato arrestato Mahamat Djibrine, meglio noto con il sopranome di “El Djonto”, accusato di torture e dell’assassinio di centinaia di oppositori politici tra il 1982 e il 1990, durante gli anni della dittatura di Hissène Habré.

Fino a due mesi fa, quello che fu uno dei più potenti funzionari della polizia politica di Habré, la Direzione della documentazione e della sicurezza (Dds), era ancora in carica presso la polizia; Djibrine è poi andato in pensionamento anticipato. Nel 2005 il Ciad lo aveva assegnato alla sezione di polizia civile della missione Onu in Costa d’Avorio (Onuci) dalla quale “El Djonto” era stato allontanato dopo una serie dei denunce presentate da Human Rights Watch presso le Nazioni Unite. Le autorità di N’Djamena furono allora costrette a rimpatriarlo.

Attivisti e osservatori hanno più volte sottolineato che il caso Djibrine rappresenta un’incongruenza giudiziaria. Già nel 1992, il rapporto stilato dalla Commissione d’inchiesta del ministero ciadiano della Giustizia sui crimini del regime Habré aveva identificato in “El Djonto” uno dei torturatori più temuti che “faceva confessare i detenuti ricorrendo alla tortura in modo sistematico”. L’avvocato Jacqueline Moudeina, che ha interrogato centinaia di vittime, ha confermato che il 90% ha raccontato di aver subito torture inflitte da un certo “El Djonto”. Inoltre l’uomo è stato membro di due commissioni create da Habré nel 1987 e 1989 per procedere alla “pulizia etnica” delle comunità Hadjaraï e dei Zaghawa. Nonostante le accuse, Djibrine, assieme ad una trentina di ex-colleghi della Dds, ha sempre occupato cariche istituzionali nell’apparato di sicurezza ciadiano.

Il procuratore generale presso la corte di appello di N’Djamena ha annunciato che potrebbe essere estradato verso il Senegal, dove avrà sede la corte incaricata di processare i responsabili dei crimini commessi sotto Habré. La notizia del suo arresto è stata accolta con soddisfazione dalle associazioni delle vittime che chiedono però l’apertura di un processo in Ciad. ‘Human Rights Watch’ ha ricordato che altri torturatori e autori di gravi crimini – in tutto una quarantina – sono ancora latitanti e vanno arrestati.

Lo stesso Habré, oggi 70enne, non è mai stato processato sia per mancanza di accordo sulla competenza territoriale del tribunale che dovrebbe giudicarlo che per problemi finanziari. Si trova agli arresti domiciliari in Senegal, dove si è rifugiato dopo essere stato deposto nel 1990 dall’attuale presidente Idriss Deby Itno. Habré – soprannominato il Pinochet d’Africa – si è sempre dichiarato innocente per le accuse di tortura e uccisioni arbitrarie di migliaia di oppositori. Da allora il governo di Dakar si è rifiutato di concedere la sua estradizione. Nell’agosto 2008 è stato condannato a morte in contumacia per crimini contro l’umanità da un tribunale di N’Djamena. Dopo anni di pressioni e una sentenza della Corte internazionale di giustizia, il Senegal e l’Unione Africana (UA) hanno raggiunto un accordo per la creazione di un tribunale speciale che dovrebbe aprire un processo entro la fine del 2013.

(Siria) ASSALTO ALLA PRIGIONE DI ALEPPO, COMBATTIMENTI IN CORSO

L’esercito siriano, con il sostegno dell’aviazione, sta cercando di respingere un assalto delle forze ribelli contro la prigione centrale di Aleppo, una delle più grandi del paese, al cui interno sono detenute migliaia di persone.

Gli insorti in armi contro il governo di Damasco sono riusciti ad entrare nella struttura dopo aver fatto saltare in aria con cariche esplosive una parte del muro di cinta del carcere. Al momento, stando a quanto riferiscono testimoni, ci sarebbero combattimenti in corso all’interno della prigione.

Circa 4000 persone, tra cui prigionieri politici e criminali comuni, sono detenuti attualmente nel carcere situato alla periferia della seconda città del paese, in un regione controllata dalle forze ribelli.

L’aviazione siriana sarebbe intervenuta con elicotteri da combattimento che hanno sparato dei colpi nel tentativo di far fallire l’assalto.

Intanto, a Damasco, un’esplosione si è verificata questa mattina nella centrale piazza degli Omayyadi, non lontano da un posto di blocco eretto all’ingresso della sede dello Stato maggiore della Difesa, causando diversi feriti.

Altre violenze tra militari e forze dell’opposizione armata sono in corso a Idleb, nel nord-ovest, e nella provincia meridionale a Daraa. Nel paese le comunicazione telefoniche e la rete internet funzionano a singhiozzo a causa, secondo l’agenzia di stato Sana, di un guasto nei cavi in fibra ottica.

BREVI DALL’AFRICA (Guinea, Centrafrica, Burkina Faso,Kenya, Sudafrica, R.D.Congo)

GUINEA – “Volevamo dare un’opportunità al dialogo, ma nessuna mano è stata tesa e non c’è stata alcuna intenzione di calmare le acque. Le proteste riprenderanno il 22 maggio a Conakry”: lo ha dichiarato il portavoce delle forze di opposizione, Aboubacar Sylla, accusando il presidente Alpha Condé di “aver sabotato” la mediazione avviata dall’Onu. Lo scorso 9 maggio l’opposizione ha cancellato una manifestazione dietro richiesta delle Nazioni Unite e dei capi religiosi con l’obiettivo di rilanciare il dialogo politico con la maggioranza. Al centro del braccio di ferro in atto da più di due anni c’è l’organizzazione delle elezioni legislative.

CENTRAFRICA – Duecento uomini della coalizione ribelle Seleka a bordo di quattro veicoli scortati dalle forze dell’Africa centrale (Fomac) hanno lasciato Bangui a destinazione di Bria (centro). A quasi due mesi dal colpo di stato, in un contesto di insicurezza diffusa, il presidente Michel Djotodia ha ufficialmente inaugurato il processo di disarmo dei combattenti della ribellione, richiesto anche dalla comunità internazionale. Il processo coinvolgerà tutti gli uomini in possesso di armi che verranno raggruppati e censiti in una quindicina di campi. Un secondo gruppo di miliziani sarebbe già diretto verso Bambari.

BURKINA FASO – “Non sono un medico ma sto bene. Se dovesse morire ho già preparato un comunicato”: con queste parole ironiche il presidente Blaise Compaoré, al potere dal 1987, ha voluto smentire voci allarmanti sul suo stato di salute diffuse nelle ultime settimane. Prima di partire per Bruxelles, dove partecipa a una conferenza dei donatori per il Mali, Compaoré ha convocato una conferenza stampa. Lo scorso marzo aveva suscitato interrogativi un suo improvviso viaggio in Italia e Francia. Sulla carta l’ultimo mandato di Compaoré si concluderà nel 2015, ma i suoi sostenitori auspicano una revisione costituzionale per consentirgli di candidarsi nuovamente. Suo fratello minore, François, è stato già indicato come suo possibile successore. Nel 2011 il Burkina Faso è stato destabilizzato da un’ondata di ammutinamenti militari e proteste sociali che hanno fatto vacillare il potere del presidente.

KENYA – “Coopereremo anche se le accuse a nostro carico sono il frutto di una cospirazione di menzogne”: lo ha detto il vice presidente William Ruto dall’Aia, dove ha assistito a un’udienza preliminare della Corte penale internazionale. Ruto assieme al presidente Uhuru Kenyatta – eletti lo scorso marzo – sono accusati di crimini contro l’umanità per il presunto coinvolgimento nelle violenze post-elettorali di cinque anni fa in Kenya, che causarono oltre 1300 vittime e 300.000 sfollati. La scorsa settimana, con una lettera presentata al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il governo di Nairobi ha chiesto ufficialmente la cancellazione dei procedimenti giudiziari in corso alla Cpi nei confronti di Kenyatta e Ruto.

SUDAFRICA – Una popolazione di 52,98 milioni di abitanti, di cui 80% di neri, 30% di giovani di meno di 15 anni e tra 10 -15% di sieropositivi. I numeri diffusi dalla Statistics South Africa, l’agenzia pubblica di statistica, danno una fotografia demografica del paese economicamente più potente dell’Africa, uscito nel 1992 dal regime dell’apartheid. Il tasso di mortalità infantile si attesta attorno a 47,7 per mille mentre la speranza di vita per le donne è di 61,4 anni e per gli uomini di 57,7 anni.

R.D. CONGO – E’ Deogratias Mutombo Mwana Nyembo il nuovo governatore della Banca centrale del Congo, nominato ieri dal presidente Joseph Kabila. Subbentra a Jean-Claude Masangu, rimasto in carica per 13 anni; come lui Nyembo è originario della provincia mineraria del Katanga (sud-est).

NAKBA, 65 ANNI DOPO I PALESTINESI RICORDANO

Oggi le sirene riecheggeranno in ogni città della Cisgiordania e della Striscia di Gaza per 65 secondi, tanti quanti sono gli anni dalla Nakba, la ‘catastrofe’ della storia Palestinese, ovvero l’esodo di massa dei palestinesi dalle loro terre e l’inizio di un esilio tuttora in corso.

Celebrazioni e marce commemorative sono previste a Gaza City, Ramallah, Nablus, Tulkarem, Qalqilya, Betlemme e Gerico. Ieri sera una folla di persone ha accompagnato in processione per le strade di Ramallah 65 candele intonando canti della resistenza e la tv di Stato ha trasmesso un discorso del presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas.

“Il diritto dei palestinesi ad avere uno Stato indipendente è stato riconosciuto dai paesi di tutto il mondo” ha detto il presidente, in riferimento al riconoscimento, nel novembre scorso all’Assemblea generale dell’Onu, di uno Stato palestinese.

“Se gli israeliani hanno intenzioni vere, riguardo alla pace, dovrebbero rilasciare i nostri prigionieri, soprattutto quelli in carcere da prima del 1993, oltre ai malati, le donne e i bambini” ha aggiunto.

La sorte dei discendenti di quei palestinesi costretti a lasciare le loro case e i loro terreni, che oggi costituiscono una popolazione di circa sette milioni di rifugiati che rivendicano “il diritto al ritorno”, costituisce forse la questione più scottante nei negoziati avviati a varie riprese con Israele.

Nell’ultima tornata di colloqui, fallita quattro anni fa, tra le proposte sul tavolo era stata posta una sorta di mediazione: diritto al ritorno per un numero limitato di palestinesi, reinserimento di altri in un futuro stato sovrano e compensazione per quanti vivono e resteranno all’estero in paesi arabi e non.

(Brasile) GARA PER CONCESSIONI PETROLIFERE SUPERA ASPETTATIVE

Alla prima gara organizzata dopo cinque anni, aziende petrolifere di Brasile, Colombia, Portogallo, Francia e Regno Unito, fra gli altri, si sono aggiudicate le concessioni dell’Agenzia nazionale del petrolio (Anp) con prezzi molto superiori alle aspettative.

I vincitori della gara – fra cui la brasiliana Petrobras, le portoghesi Galp e Petrogalp, la colombiana Ecopetrol, la francese Total, la britannica Bp, la norvegese Statoil – hanno offerto somme di denaro fino all’800% superiori a quelli richiesti. “I primi risultati superano le aspettative, anche nei giacimenti in acque profonde offerti di fronte alla foce del Rio delle Amazzoni” ha detto il ministro delle Miniere e dell’Energia, Edison Lobao.

I 289 giacimenti offerti in concessione sono situati in 11 bacini sedimentari in tutto il paese, parte on-shore, parte off-shore, con un’estensione di 155.800 km2. Finora gli introiti corrispondono a 2,7 miliardi di reais (circa un miliardo di euro), superiori ai 2 miliardi fissati dalla direttrice dell’Anp, Magda Chambriard.

Alla gara, che si concluderà oggi, partecipano 64 aziende private e statali di 18 diversi paesi.