Sguardi (In giro per il mondo) - Misna, 13 maggio 2013

13.05.2013 11:21

(Sudan) DARFUR, UCCISO CAPO RIBELLE CHE TRATTAVA CON GOVERNO

Il capo di una fazione ribelle del Darfur che aveva avviato un negoziato di pace con il governo di Khartoum è stato ucciso in uno scontro a fuoco in una zona alla frontiera tra il Ciad e il Sudan: lo hanno indicato fonti concordanti, accusando la principale formazione armata attiva nella regione.

Secondo il quotidiano Sudan Tribune, i primi a diffondere la notizia della morte di Mohamed Bashar sono stati i suoi compagni del Consiglio militare del Movimento giustizia e uguaglianza (Jem), un’ala minoritaria dello stesso Jem. Secondo la loro ricostruzione, il capo ribelle è stato ucciso insieme con il suo vice e altre otto persone in un’imboscata tesa da militanti della fazione principale del gruppo armato nella località di Pamina, in territorio ciadiano. Questa versione è stata confermata dai servizi di sicurezza di Khartoum, che in una nota hanno accusato il Jem di voler far fallire un processo di pace mediato dal Qatar.

Differente la versione del Jem. In un comunicato, un portavoce del gruppo ha sostenuto che gli scontri a fuoco sono stati la conseguenza di un attacco condotto da Bashar e dai suoi compagni.

Nonostante i tentativi di favorire un accordo di pace al quale aderiscano tutte le formazioni ribelli, negli ultimi mesi il Darfur è tornato a essere teatro di combattimenti pressoché quotidiani. Secondo le Nazioni Unite, dall’inizio dell’anno scontri armati e violenze di vario tipo hanno costretto a lasciare le loro case circa 130.000 persone.

(Filippine) LEGISLATIVE E LOCALI: TEST PER PRESIDENTE AQUINO, TIMORI DI VIOLENZE

A Manila la giornata elettorale sta procedendo regolarmente, con un’elevata partecipazione degli aventi diritto: lo riferiscono fonti di stampa filippine e internazionali in merito alle elezioni legislative e locali di oggi, dopo una campagna segnata da gravi violenze. Tra ingenti misure di sicurezza, più di 52 milioni di elettori sono chiamati alle urne per eleggere 18.000 cariche pubbliche – tra cui 233 deputati, 12 senatori, 80 governatori, sindaci e capi quartiere – in più di 70.000 seggi aperti dalle 8 (ora locale) in tutto l’arcipelago.

Già alla chiusura delle urne, in serata, potrebbero essere diffusi i primi risultati del voto considerato dagli osservatori un importante test politico per il presidente riformista Benigno Aquino, giunto a metà mandato. Lo stesso capo dello Stato è stato molto attivo durante la campagna elettorale, spronando i suoi sostenitori ad eleggere candidati della sua maggioranza. Eletto nel 2010, Aquino è riuscito a rilanciare la crescita economica del paese asiatico dove il 30% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno e sta lottando attivamente contro la corruzione dilagante al livello politico ed istituzionale. Ha fatto arrestare e processare la presidente uscente Gloria Arroyo. Inoltre l’attuale presidente potrebbe riuscire a firmare un accordo di pace con la ribellione meridionale del Fronte di liberazione islamico Moro (Milf), in lotta con Manila dagli anni 70’ in un conflitto che ha già mietuto 150.000 vittime. In questa prospettiva Aquino punta alla maggioranza nelle due camere del parlamento per far votare una legge che crei una nuova regione autonoma al sud, la cui guida verrebbe assegnata al Milf.

Il processo elettorale rischia di essere alterato da problemi logistici e materiali già segnalati in 200 seggi dove le apparecchiature di riconteggio delle schede sarebbero difettose. Ma il pericolo più grande potrebbe essere costituito da attacchi contro candidati ed elettori in un clima generale di intimidazioni, compravendita di voti e corruzione dilagante. Ieri a Candelaria, 300 km da Manila, Melinda Jennifer Glifonea, giornalista esperta di questioni politiche, è stata rapita da non meglio identificati uomini armati. Sabato, il Nuovo esercito del popolo (Npa), braccio armato del Partito comunista delle Filippine attivo dal 1969, ha teso un’imboscata al sindaco di Kadingilan (sud), Joelito Jacosalem Talaid, rimasto ferito nell’agguato mentre quattro delle sue guardie hanno perso la vita. Lo stesso giorno è stato attaccato il convoglio di Omar Baba, candidato alle municipali a South Upi, località dell’isola di Mindanao; è stato ferito assieme ad un suo collaboratore e un suo cugino è stato ucciso. Almeno 60 persone sono rimaste vittime delle violenze che hanno segnato la campagna elettorale, aperta lo scorso febbraio.