(Riflessioni strategiche) I call center della scrittura. Il boom indiano dei libri confezionati su misura (Annalisa Merelli, la Repubblica, 18 febbraio 2013)

19.02.2013 06:03

Delhi è diventata la capitale delle agenzie di autori anonimi, contattati sul web da chi non riesce a realizzare da solo la propria opera.

È una domenica di sole di tardo febbraio e Pragati Maidan, il padiglione fieristico di Delhi, è gremito di gente d’ogni tipo, con sari che si mescolano a jeans e abiti occidentali. Comune denominatore: la passione per i libri. Sono migliaia i visitatori della Biennal New Delhi World Book Fair, e tra agenti, editori e curiosi c’è anche Rahul Bhatnagar, un simpatico ometto di Meerut, in Uttar Pradesh, alla fiera del libro per trovare potenziali distributori per il suo primo libro, In viaggio verso il genio.

Laureato in ingegneria, Bhatnagar ha dedicato dieci anni a ricercare quali elementi determinino il successo di una persona. Ha raccolto e analizzato i dati con l’intento di pubblicarli, ma quando ha finito, quello che si è ritrovato in mano non era un libro. Ne aveva il contenuto, ma non la forma: i dati che Bhatnagar aveva raccolto avevano bisogno di una struttura narrativa più solida che li rendesse davvero interessanti e lui non aveva il talento necessario per scrivere il libro che aveva immaginato. Così ha cercato aiuto. L’ha trovato online, su Guru.com, un sito per freelance. Lì ha trovato Ruchika Sachdev, scrittrice, le ha consegnato i contenuti della sua ricerca e ha lasciato che la sua penna (o tastiera) si mettesse al lavoro. Due mesi dopo, il libro era pronto: ben scritto, e in un tono sufficientemente vicino a quello che Bhatnagar avrebbe usato, ne fosse stato capace. Certo, lui avrebbe preferito qualche effetto drammatico in più, ma questo è il solo difetto che ha trovato nel libro finito. «Il problema con gli scrittori è che scrivono in modo così noioso che diventa difficile leggere», commenta.

Sachdev ha scritto il libro, ma provate a chiedere a Bhatnagar se si considera l’autore: non esita un secondo a rispondere, stupito dall’ovvietà della domanda, che – certo – l’autore è lui. Ha avuto l’idea e svolto le ricerche – il libro è suo, e poco importa che non sia stato lui, effettivamente, a scriverlo.

Nel libro di Bhatnagar, Sachdev, 45 anni, è citata come redattrice, ma si tratta di un’eccezione: da nove anni è una scrittrice fantasma, o più semplicemente un “fantasma” come si dice in gergo. Scrive per conto di svariati clienti, tenuta per contratto a mantenere l’anonimato e a non rivelare l’identità dei suoi committenti. Ha cominciato per incrementare il suo stipendio di reporter e nel 2010 è diventata un “fantasma” freelance a tempo pieno. «Mi piace essere il capo di me stessa», dice con entusiasmo, «mi rende un’imprenditrice ». I progetti cui lavora sono spesso in linea con gli argomenti che copriva da giornalista: marketing, media, economia. Ma c’è anche chi le offre incarichi più insoliti, come la donna che sosteneva di essere in grado di comunicare con il figlio morto e voleva scrivere un libro per guadagnare credibilità come “consulente paranormale”.

L’industria degli scrittori fantasma ha solo una decina d’anni in India, dove si è sviluppata prevalentemente grazie al crescente uso di Internet. È su piattaforme digitali come Guru.com e Elance.com, che Sachdev, con l’alias di Write Solutions, trova i suoi clienti, prevalentemente statunitensi, australiani o europei. Dal 2007 offre i suoi servizi online, a circa la metà della tariffa base occidentale, promuovendosi come un “artigiano della parola”. L’idea della scrittura come tecnica, priva di ambizioni letterarie, emerge chiaramente parlando con Sachdev: dal vocabolario che usa per definire la sua professione sono assenti termini come “ispirazione”, “talen- to”, e perfino “creatività”. Il suo approccio alla scrittura sembra renderla immune dai cliché: Sachdev non cerca muse, non procrastina, non si riduce mai all’ultimo minuto. Il suo processo è pianificato e controllato, al punto da poter essere monitorato dai sui clienti attraverso un programma che invia, senza preavviso, una fotografia della schermata del suo computer ai committenti: se l’immagine scattata mostra una qualsiasi attività non collegata all’incarico, l’intera ora lavorativa non le viene pagata.

Uno strumento che terrorizzerebbe molti giornalisti e scrittori per cui rimandare il lavoro spiando una vecchia fiamma su Facebook, o giocando una partita a Tetris, è parte della routine. Ma il monitoraggio non sembra presentare alcun problema per Sachdev, che spiega con tranquilla onestà che, durante l’orario di lavoro, lei scrive costantemente, senza distrazioni. Sachdev non è interessata alla fama, e lavorare nell’ombra è un elemento della sua professione che non fatica ad accettare. «Mi vedo come una levatrice. Devo far nascere il bambino di qualcun altro », dice, «è la sua personalità che deve trasparire. Io presto le parole ma non posso permettere al mio carattere di infiltrarsi».

Se da un lato Sachdev non ha interesse ad allargare il suo business, altri, come il trentottenne Pinaki Ghosh, hanno adottato un approccio più imprenditoriale. Nel 2005, Ghosh ha fondato Writer4me, un’agenzia di scrittori fantasma che si autoproclama “la più popolare del mondo” in base al traffico web che il suo sito riceve. La sua avventura è iniziata nel 2004 quando, al tempo insegnante d’inglese e autore di cartoline di auguri personalizzate, ha accettato l’offerta di un leadership trainer britannico che gli ha chiesto di scrivere il suo libro. Un mese dopo, il suo primo incarico come “fantasma” era completato, per una paga di 500 dollari. È stato allora che si è iscritto a Elance.com, vendendo le sue parole per «due miseri dollari la pagina». Col tempo e la pratica, la sua fama è cresciuta e così sono le sue tariffe, fino a raggiungere i 25, 30 dollari la pagina, e per la fine dell’anno aveva abbastanza lavoro da poter avviare un’agenzia. Oggi Writer4me dà lavoro a 12-15 scrittori a tempo pieno e a 60 freelance: l’agenzia ha completato oltre 1400 progetti dalla sua apertura. Il successo dell’impresa sta nella sua convenienza, che Ghosh non perde occasione di promuovere: le tariffe di Writer4me arrivano a un quinto della tariffa base americana.

«È l’elemento economico che mi ha dato lo stimolo principale a iniziare», dice Ghosh. «Avevo letto su un giornale che gli americani stavano delocalizzando la produzione di informazioni in India perché lì è costoso», dice con l’inconfondibile entusiasmo di un uomo d’affari che parla di una sua idea di successo. “Delocalizzare” evoca l’immagine dei call center, e certo l’impresa di Ghosh ne condivide i tratti. Se nei call center indiani spesso si parla inglese a poco prezzo, Writer4me produce inglese scritto a tariffe scontate. Mentre un call center misura la produttività degli impiegati in numero di chiamate per giorno, l’agenzia di Ghosh conta le pagine – da sei a dieci in una giornata lavorativa di dieci ore. E proprio come gli operatori dei call center hanno un periodo di training per americanizzare il loro accento, gli scrittori di Writer4me sono sottoposti a due settimane di addestramento per limitare le nuance britanniche e indiane della loro prosa e a scrivere in uno stile più americano.

Spiega Ghosh che i suoi giovani impiegati – l’età media è 30 anni – sono spesso ex giornalisti che hanno deciso di cambiare carriera per un motivo preciso: i soldi. «Arrivano con una specifica forma mentis» dice «quella del “sono qui per guadagnare soldi e basta”». Per alcuni di loro, tuttavia, non ricevere riconoscimento pubblico può essere demoralizzante. «A volte è difficile», dice un impiegato che scrive sotto il nome d’arte di Zak, «dai tutto quello che hai per creare dei personaggi, crei tutta la loro vita e alla fine devi lasciarli andare. È come abbandonare un figlio».

Ma per quanto Ghosh sia orgoglioso del suo successo professionale, il settore editoriale guarda agenzie come la sua con diffidenza. Saugata Mukherjee, editore presso Pan Macmillan India, dice che, nonostante abbia sentito parlare di realtà come Writer4me, esiterebbe ad assumerle. «La maggioranza degli editori in India si terrebbero alla larga da un’organizzazione del genere», dice, spiegando che c’è un certo stigma associato alle pratiche di scrittura fantasma. Questo potrebbe spiegare perché qualcuno che, come Zak, sta scrivendo la sua autobiografia e aspira a una promozione da “fantasma” a scrittore in carne e ossa, abbia voluto mantenere l’anonimato quando è stato intervistato per questa storia. «Non voglio vedere la mia reputazione danneggiata da una storia che dice che sono uno scrittore fantasma a tempo pieno», dice, convinto che sia meglio tenere l’uomo lontano dal fantasma.