News da Misna (Zambia, Bolivia, Swaziland, Medio Oriente, Brasile, Cina)

13.10.2014 10:25

Zambia. Le promesse e le iniziative del governo da un lato, le difficoltà ancora grandi del paese dall’altro: sono questi i due punti su cui si concentra il rapporto annuale delle organizzazioni della società civile in Zambia, sottoscritto – con altre ong – dal Jesuit Centre for Theological Reflection.

I rappresentanti delle varie organizzazioni non governative elencano “alcune questioni chiave che preoccupano molti zambiani”. Non mancano gli accenni alla politica, come quando si descrive il fallimento dell’attuale governo e di quelli precedenti nel contrastare la “corruzione crescente”, o si raccomanda a tutti una maggiore “umanità” nel trattare l’argomento delle condizioni di salute del presidente Michael Sata. Sono tuttavia le questioni sociali a preoccupare maggiormente la società civile.

È citata tra le altre la disputa tra aziende minerarie e governo sulle accuse di evasione fiscale: nella vicenda, si legge nel documento, è importante soprattutto assicurare la “trasparenza”. Dall’attualità, il suicidio di una studentessa che non aveva ottenuto una borsa di studio, parte anche il capitolo dedicato all’istruzione. Le ong ricordano al partito di governo Patriotic Front (Pf) la sua promessa di garantire una borsa a tutti gli studenti universitari, ma notano anche che l’ambito in cui gli investimenti sono più scarsi è quello della scuola primaria. Particolarmente grave la situazione “nelle zone rurali” dove può accadere che “un insegnante si trovi a gestire una scuola” da solo.

Simile il discorso per il sistema sanitario, di cui si denunciano il cattivo stato e il sovraffollamento, anche se viene elogiato il proposito del governo di costruire 650 nuovi ‘centri di salute’. Più attenzione si chiede invece ai problemi degli agricoltori, in particolare quelli del settore del mais, che non riescono a coprire i costi della coltivazione per via dei prezzi bassi. Nel provvedere a tutte queste necessità – insistono però le ong – il governo non dovrebbe cedere alla tentazione di indebitarsi ulteriormente con l’estero, con il rischio di restare intrappolato in un circolo vizioso se i progetti non produrranno reddito.

L’appello finale è dedicato alla Costituzione, che il partito al potere aveva promesso di rivedere coinvolgendo la popolazione. Una promessa rinnegata, secondo la società civile, che invita a dare il via a un processo “inclusivo e trasparente” per determinare “come lo Zambia vivrà e si svilupperà” in futuro.

Bolivia. “Grazie per questo nuovo trionfo del popolo boliviano” ha detto Evo Morales affacciato dal balcone del palazzo presidenziale in Plaza Murillo, nel cuore di La Paz. Sulla base di risultati non ufficiali, ma tanto solidi da spingere diversi governi latinoamericani a congratulazioni immediate, il capo di Stato appare destinato a essere rieletto una terza volta.

Secondo exit poll rilanciati dall’agenzia di stampa Abi, Morales avrebbe ottenuto circa il 61% dei voti. Staccato e battuto in tutti i dipartimenti con l’eccezione di quello di Beni, il suo principale rivale, Samuel Doria Medina, fermo al 24%.

Se i dati fossero confermati, il Movimiento Al Socialismo (Mas) di Morales tornerebbe a controllare i due terzi dell’Assemblea legislativa plurinazionale, il parlamento della Bolivia.

Swaziland. Il nuovo aeroporto dello Swaziland, intitolato a re Mswati III e costato l’equivalente di 300 milioni di dollari, è considerato dalle autorità locali la scelta migliore per mettere in comunicazione con il resto del mondo i cittadini del piccolo regno. Non tutti, però. Una persona preferisce infatti continuare a utilizzare il vecchio scalo internazionale, nonostante sia quella che più ha spinto per costruire il nuovo: lo stesso monarca.

Quando Mswati – definito dai critici “l’ultimo sovrano assoluto d’Africa” – vorrà lasciare la capitale Mbabane, non dovrà dunque – come invece il resto dei suoi sudditi – spostarsi di 70 chilometri per raggiungere il nuovo scalo, costruito in piena savana. Potrà far partire il suo jet privato dall’aeroporto di Matsapha, poco distante dalla città. Un privilegio che, ha riferito il giornale Swazi Observer, condividerà solo con le Forze armate.

L’annuncio ha fatto rinascere le critiche che avevano accompagnato la realizzazione del progetto, considerato eccessivo per un Paese in cui oltre due terzi della popolazione vivono sotto la soglia di povertà. Distante, oltre che dalla capitale, anche dal polo commerciale di Manzini, il nuovo scalo è servito da una sola compagnia, la governativa Swazi Airlink, ma per Mswati III è una struttura fondamentale per far diventare entro il 2022 il regno “un paese del Primo mondo”.

Medio Oriente. Cinque miliardi e 400 milioni di dollari per la ricostruzione della Striscia di Gaza: è l’impegno assunto ieri al Cairo dai paesi che hanno preso parte a una conferenza dedicata al sostegno del territorio palestinese dopo l’offensiva militare condotta da Israele tra luglio e agosto.

Durante l’operazione denominata Margine protettivo sono stati uccisi oltre 2100 palestinesi, perlopiù civili, e privati di una casa circa 110.000 persone. Nel corso dell’offensiva sono morti anche 67 soldati e sei civili israeliani.

Al Cairo il paese che ha offerto di più è stato il Qatar (un miliardo), seguito da Unione Europea (568 milioni), Stati Uniti (212), Emirati Arabi Uniti (200) e Turchia (200). La conferenza è stata presieduta dall’Egitto. Non invitato, invece, Israele.

Brasile. Una scelta “comprensibile” ma che non determinerà “un trasferimento automatico di voti”: il capo dello Stato Dilma Rousseff ha definito in questi termini la scelta dell’ambientalista Marina Silva, terza al primo turno delle elezioni presidenziali, di appoggiare al ballottaggio del 26 ottobre il candidato di opposizione Aècio Neves.

Secondo la ricostruzione pubblicata oggi dal quotidiano Folha de São Paulo, Dilma ha detto ieri di ritenere Marina “più vicina al programma di Aècio che al programma sociale” dell’attuale governo del Partito dei lavoratori (Pt).

Molto diversa la reazione del candidato del Partito della socialdemocrazia brasiliana (Psdb) che al ballottaggio sfiderà la presidente. Neves ha detto di aver ricevuto la notizia del nuovo sostegno “con emozione e senso di responsabilità”. All’origine della presa di posizione di Marina, una lettera aperta nella quale il candidato del Psdb faceva propri diversi punti del programma dell’ambientalista, dalla riforma agraria alla lotta contro la deforestazione dell’Amazzonia.

Al primo turno Dilma ha ottenuto il 41,5% dei voti, a fronte del 33,5% di Neves. Con la presa di posizione di Marina, però, l’esito del ballottaggio appare tutt’altro che scontato.

Cina. Schermaglie questa mattina sui siti della protesta organizzati in maggior parte dagli studenti nelle aree centrali di Admiralty, Wan chai e Causaway Bay, sull’isola di Hong Kong. Nelle ultime ore, gruppi convergenti si sono presentati all’esterno delle aree presidiate dalla protesta chiedendo la fine dell’occupazione. Difficile immaginare un movimento spontaneo, date simili manovre delle ultime settimane. La polizia è intervenuta per separare le due fazioni e dirottare la contro-protesta in aree dove minore sarebbe il rischio di contatto diretto ma anche per incrementare la sicurezza della propria sede centrale.

Nella prima mattinata, la polizia aveva cercato di smantellare parte delle barricate che bloccano per il 16° giorno arterie determinanti per circolazione e commerci dell’isola di Hong Kong.

La polizia, intervenuta ma non in assetto antisommossa per evitare una reazione decisa, ha reso accessibili, in tratti sguarniti dagli studenti nella prima mattinata, parte delle strade di comunicazione tra ovest ed est dell’isola. Intenzione dichiarata, non di disperdere la protesta, ma di liberare alcuni spazi per il traffico cittadino e recuperare proprietà governative.

Il tentativo della polizia è anche di concentrare la protesta, molto dispersa nelle ore diurne, ma abitualmente più consistenze durante la serata e la notte, recuperando spazio di transito ai dipendenti e mezzi pubblici e alla circolazione.

Immediata la reazione dei manifestanti, che hanno irrigidito i blocchi nelle aree sotto il loro controllo, creando ingorghi e alimentando nuove tensioni con quanti speravano in un miglioramento del traffico. Il tentativo di avviare il dialogo con il governo sulle riforme – negato venerdì scorso – ma per questo di avere uno strumento concreto di pressione, coinvolge non solo i gruppi maggioritari nel movimento (Federazione degli studenti, Scholarism e Occupy Central), ma anche ormai buona parte della società civile locale, divisa tra pieno sostegno all’occupazione, sostegno di principio ma non accoglienza dei metodi che portano a disagi indiscriminati, e una minoranza favorevole al governo e a Pechino che ritiene del tutto inutile la protesta e senza speranza le richieste di riforma.

Da venerdì, dopo la delusione per la negazione del dialogo da parte del governo locale, favorevole al controllo di Pechino sul territorio e poco disposta a discutere le direttive del parlamento cinese sulla legge elettorale in vista del voto per il capo del governo nel 2017, il movimento di occupazione ha ripreso slancio, dandosi una prospettiva di lungo periodo, chiamando i sostenitori a trasformare le aree da esso controllato in accampamenti con tende e altre strutture più stabili.

Nel fine settimana, i leader del movimento avevano chiesto al presidente cinese Xi Jinping di farsi promotore di un dialogo che non solo porterebbe credibilità al suo potere mantenendo le promesse di maggiori libertà per i cittadini dell’ex colonia britannica, previste dagli accordi sino-britannici precedenti il ritorno della colonia alla Cina nel 1997, ma anche di non temere una piena autonomia di Hong Kong, che non vuole essere una minaccia per la dirigenza cinese.

Oggi proprio dalla Repubblica popolare cinese arriva la notizia dell’arresto di due attivisti accusati di avere partecipato a una manifestazione a favore della protesta a Hong Kong. Con questi sono almeno una quarantina i fermati in Cina in collegamento con i fatti in corso della regione speciale autonoma meridionale.