Libano. "La vita delle donne vale più delle vostre sedie" (Elisa Piccioni, osservatorioiraq.it, 4 marzo 2013)

04.03.2013 12:35

Le elezioni politiche sono alle porte, e il mese di febbraio ha visto i movimenti sociali tornare in piazza. Le strade di Beirut si sono rianimate, con le manifestazioni contro la violenza sulle donne e le battaglie dei lavoratori pubblici per l’aumento del salario minimo.

“In questi giorni c'è molto fermento”, spiega Abdallah Bakri, fotografo e attivista: “Le elezioni sono vicine e il Parlamento, invece di alzare i salari e approvare le leggi che stiamo aspettando da tempo, si preoccupa di aumentare il numero dei deputati lasciando sul tavolo proposte come quelle per i matrimoni civili e per la difesa delle donne dalla violenza domestica”.

Il 24 febbraio, nel giorno in cui Khouloud Succariyeh e Nidal Darwish si univano nel primo matrimonio civile mai celebrato in Libano, mentre decine di salafiti si riunivano per chiedere la liberazione di alcuni leader di Fatah al-Islam, le libanesi scendevano di nuovo in strada.

“La vita delle donne è più importante delle vostre sedie”: questo lo slogan scandito dalle manifestanti, nel tentativo di ricordare ai governanti che la legge per proteggerle dalla violenza domestica non è meno importante di quella elettorale, attualmente in discussione in Parlamento.

La marcia è stata organizzata dall'Ong Kafa, che già nel 2010, insieme ad altre organizzazioni, aveva sottoposto al governo un progetto di legge sull’argomento.

Con le prossime elezioni in arrivo, e l’impellenza di guadagnare consensi, questa volta quasi tutti i principali partiti politici si sono uniti alla marcia, ad eccezione di Hezbollah  e Amal.

Una partecipazione da molti criticata, ma da altri vista come un impegno concreto per la causa che non dovrà essere ritrattato in futuro.

“Sono anni che aspettiamo che il Parlamento approvi la legge. E vogliamo che entri in vigore prima delle prossime elezioni”, ha dichiarato a France 24 l’attivista Maya Ammar.

Da maggio 2011, quando la prima bozza è iniziata a circolare, il testo è stato rivisto diverse volte, fino ad essere svuotato della sua essenza originaria. E trasformato da legge pensata per proteggere le donne ad una più generica contro la violenza domestica.

A fare scalpore è stata in particolare la decisione, presa all'unanimità, dei membri della Commissione parlamentare, che hanno deciso di rimuovere la clausola che puniva il reato di violenza sessuale tra coniugi.

Oltre alle donne e alle loro rivendicazioni, i veri protagonisti delle piazze hanno i volti degli insegnanti e degli impiegati pubblici, che ormai da due settimane organizzano scioperi e proteste nel tentativo di convincere il governo ad aumentare i salari.

La proposta di legge per l’innalzamento degli stipendi pubblici era stata approvata a settembre, ma il testo non è mai stato trasferito al Parlamento per l’approvazione finale.

L’Union Coordination Committe (UCC), da mesi alla testa dello sciopero, ha ripetutamente chiesto al governo di occuparsi della questione.

Di fronte al silenzio delle istituzioni, il 19 febbraio scorso è stato quindi annunciato l’inizio di uno sciopero a oltranza che ha portato alla chiusura di scuole pubbliche e private, ministeri e uffici in diverse città del paese.

Come sottolineato dai promotori, la protesta è di natura pacifica e le iniziative non verranno sospese finché la questione dell’aumento salariale non verrà affrontata.

La manifestazione più importante si è tenuta il 27 febbraio scorso, quando migliaia di persone sono arrivate a Beirut da tutto il Libano per chiedere una retribuzione che permetta loro di vivere dignitosamente.

Per Hanna Gharib, presidente dell’UCC, a marciare verso il Gran Serail, sede del governo, è stata una “folla unita per la dignità e l’unità nazionale”. Gharib ha inoltre fatto sapere che, nel caso in cui l’aumento non venga approvato in tempi brevi, verrà organizzato uno sciopero generale che coinvolgerà tutto il paese.

Le proteste di questi giorni, ha aggiunto, sono solo l’inizio “della rivolta degli affamati in Libano.”

Poche, e non positive, le risposte da parte del governo.

Il ministro dell’Economia, Nicolas Nahhas, ha dichiarato che il ritardo nell’approvazione degli aumenti è dovuto alla necessità di prendere in considerazione tutte le ripercussioni che questa misura avrà sull’economia, come la crescita dell’inflazione e del debito pubblico.

Posizione confermata dal suo collega delle Finanze, Mohammad Safadi, che il 28 febbraio ha proposto un piano quinquennale per l’aumento salariale, affermando che non è possibile “proporre un progetto che metta in pericolo l’avvenire economico e finanziario del paese”.

L’UCC ha ribadito che non accetterà nessuna modifica al piano, e che le proteste continueranno fino a quando le loro richieste non saranno accettate.  

Come si legge sui cartelli dei manifestanti, “l’aumento degli stipendi costerà molto meno della corruzione e dei furti di cui si sono resi responsabili gli organismi economici statali”.