L'Ecuador sceglie la "rivoluzione cittadina" (Rachele Pagani, Eurasia rivista, 4 marzo 2013)

06.03.2013 15:11

“Questa rivoluzione non la ferma niente e nessuno”. Con queste parole Rafael Correa ringrazia i suoi elettori, attestati al 56.7% dei votanti, che hanno permesso al Presidente di essere confermato nella propria carica alla prima tornata elettorale. Niente ballottaggio dunque e il consenso appare sempre più simile a un plebiscito, soprattutto se si considera che il secondo risultato migliore si ferma a quota 23,3% – questa la percentuale ottenuta dal partito CREO (Creando Oportunidades), di orientamento liberale, guidato da Guillermo Lasso.

Appare rilevante che in Ecuador il dovere di votare non sia certo un’enunciazione di principio fine a se stessa; i cittadini maggiorenni che decidano di non esercitare il proprio diritto/dovere, si vedono comminare una sanzione, che quest’anno si traduce in una multa di 39,8$ (1). Inoltre è prevista la possibilità di esercitare il diritto di voto volontario per i cittadini che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età.

Si può dunque affermare che i risultati elettorali siano davvero specchio della realtà politica nazionale e delle preferenze dell’intera popolazione; il 17 febbraio il popolo ecuadoriano ha scelto, con una maggioranza assoluta, di confermare la fiducia al proprio Presidente Rafael Correa, alla guida del Paese già dal 2007.

Si tratta di un risultato storico per l’Ecuador, Paese in cui l’ instabilità politica e di governo sono state una costante quantomeno negli ultimi quindici anni. Basti ricordare che dal 1996 al 2007 si sono succeduti ben sette Presidenti (2). La conferma di Correa rappresenta una svolta verso la continuità; se portasse a termine il secondo mandato, raggiungerebbe i dieci anni di governo consecutivo. Una tale situazione politica permette certamente al governo in carica di realizzare il proprio programma e di percorrere la linea politica enunciata in campagna elettorale.

Appare fondamentale allora domandarsi quali forze coesive Correa abbia saputo mettere in campo, quali sono le proposte catalizzatrici del suo successo e quale sia la ricetta per un consenso ampio e duraturo.

Correa, capo del partito di ispirazione socialista Alianza Pais, ha saputo consolidare progressivamente il proprio consenso facendosi promotore del programma denominato “Rivoluzione Cittadina” ossia di una strategia complessiva di riduzione della povertà, i cui ambiti di intervento sono trasversali: la crescita economica, l’accesso universale all’educazione e alla sanità, la lotta alla corruzione, l’attenzione all’ambiente, la salvaguardia delle diversità culturali e linguistiche del Paese.

Dopo cinque anni (2007-2012) i risultati sono positivi e il verdetto delle elezioni del 17 febbraio ne conferma il successo popolare. La povertà è diminuita di 12 punti percentuali, anche la povertà estrema si sta riducendo. Un altro capo saldo della politica correista è la dura lotta alla disuguaglianza, che rimane uno degli ostacoli maggiori al benessere delle popolazioni sudamericane. L’America Latina infatti detiene lo storico primato di continente più diseguale del mondo (la Colombia occupa il primo posto). Anche su questo fronte l’impegno dell’attuale governo sembra non essere rilegato ai pochi mesi di campagna elettorale, ma al contrario ha visto l’incremento degli investimenti in alcuni settori cruciali. Uno su tutti quello dell’educazione, in cui la spesa pubblica è passata da 90 milioni di dollari nel 2006 a 763 milioni nel 2011: un incremento di oltre otto volte. Sempre in ambito educativo, grandi sforzi e successi sono stati ottenuti nell’aumento dell’accesso degli indigeni e degli afroamericani in tutte le tappe del processo educativo, dall’educazione primaria all’istruzione superiore (3).

La spinta propulsiva del presidente ecuadoriano e l’entusiasmo dei suoi cittadini non si sono esauriti con il primo mandato. Al contrario, il Presidente ha saputo confermare il consenso della popolazione tramite le trentacinque proposte contenute nel programma di governo per il quinquennio 2013-2017, finalizzato ad approfondire il cambiamento della società per la realizzazione del socialismo del XXI secolo (obiettivo dichiarato dal capo di Alianza Pais). Il programma è un piano di intervento a 360°: sociale, educativo, economico, ambientale.

L’impegno nella lotta alla disuguaglianza, nelle migliorie in ambito educativo e sanitario, riflettono l’istanza di cui il governo si è fatto portatore: la riduzione della povertà. A tale proposito il vicepresidente Jorge Glas si esprime dal Palazzo Presidenziale riconfermando che l’obiettivo di Governo, tramite la Rivoluzione Cittadina, è: “Sradicare il vero nemico, che è la povertà”.

 

Un altro aspetto cruciale del programma di Governo è legato all’approccio verso la politica estera, affrontata in maniera specifica nelle proposte 30 e 31 del programma 2013-2017. Tali punti si riferiscono rispettivamente all’integrazione dei popoli del sud e alla necessità di incrementare l’integrazione regionale.

“Stiamo costruendo la patria piccola, l’Ecuador, e la patria grande, il Sud America”. Queste le affermazioni rilasciate da Correa poco dopo la conferma dei risultati elettorali il 17 febbraio scorso.

Si rafforza dunque il fronte dei presidenti bolivariani in America Latina (ALBA), di cui L’Ecuador è diventato membro il 24 giugno 2009, in occasione del Settimo Vertice dell’Alianza bolivariana para Nuestra America tenutasi a Maracay, in Venezuela. Attualmente tale strumento di integrazione regionale, nato su iniziativa di Chavez (Venezuela) nel 2004, sta aumentando la propria pervasività all’interno del continente anche grazie alla crescita del numero dei suoi membri e che ad oggi sono: Venuezuela, Cuba, Bolivia, Nicaragua, Dominica, Ecuador, San Vicente, Granadinas e Antigua e Barbuda.

Nel testo della Dichiarazione congiunta redatta da Chavez e Castro, istitutiva dell’Alba, si legge che “il principio cardine che deve guidare l’Alba è la solidarietà più ampia tra i popoli dell’America Latina e dei Caraibi […] senza nazionalismi egoisti che neghino l’obiettivo di costruire una Grande Patria nell’America Latina, come lo sognarono gli eroi delle nostre lotte per l’emancipazione”.

In occasione dei risultati elettorali del 17 febbraio ne troviamo un’espressione e la solidarietà politica viene reciprocamente confermata.

Correa dedica il proprio trionfo elettorale a Chavez, appena rientrato in Venezuela dopo aver ricevuto importanti cure mediche a Cuba. Da parte propria, gli altri esponenti bolivariani esprimono le più vive congratulazioni al “compagno” Rafael Correa, nel cui successo individuano la volontà del popolo ecuadoriano di proseguire sulla strada dell’integrazione e della cooperazione regionale. Si parla perfino di “cambio di epoca”, permesso dall’instaurarsi e dal mantenimento di numerosi governi “progressisti e di sinistra”, il cui obiettivo sarebbe il raggiungimento del benessere dei propri popoli e dello sviluppo economico necessario per porre fine alla povertà e ridurre le disuguaglianze (4).

L’ideologia sottostante all’Alleanza bolivariana comprende un netto rifiuto del neocolonialismo, che si esprime tramite la rivendicazione  della sovranità e dell’indipendenza nazionale. Tali principi cardine del diritto internazionale, sedimentati storicamente in ambito europeo, sono stati troppo spesso ignorati in molte parti del mondo; le critiche sudamericane al neocolonialismo statunitense, ma anche europeo, non nascono certo con l’Alba, né si esauriscono in essa.

In questa prospettiva si può leggere anche il noto caso Assange. Rispetto a questo episodio si è recentemente espresso il Presidente Correa, in un’intervista rilasciata alla televisione RT¡Sepa mas! il 18 febbraio. L’ecuadoriano ha affermato che la scelta di accogliere Assange presso la propria Ambasciata a Londra, in attesa degli sviluppi del procedimento giudiziario nei suoi confronti, è un atto di esercizio della sovranità nazionale dell’Ecuador e ribadisce con forza come essa sia una prerogativa di uno Stato indipendente e per la quale l’Ecuador non chiederà il permesso, né si scuserà con nessuno. Comportarsi in maniera differente corrisponderebbe a sottomettersi a una logica di neocolonialismo, che né Correa, né nessun componente dell’Alba intendono permettere. La presa di posizione appare spiccatamente ideologica.

 

Una riflessione di insieme permette di trarre alcune importanti conclusioni.

Il consenso interno di Correa è senza dubbio molto ampio, consistendo in una maggioranza assoluta (in secondo mandato) e distanziando il più diretto avversario di oltre 33 punti percentuali.

A livello internazionale, il Presidente può vantare un forte appoggio da parte degli altri Presidenti bolivariani, che si sostanzia sia tramite accordi economici e commerciali, sia a livello di retorica e comunicazione.

Numerosi sono i risultati ottenuti dalla Rivoluzione Cittadina durante il primo mandato correista, per quanto riguarda la lotta alla povertà e alle disuguaglianze. Bisogna anche segnalare che tali successi vengono costantemente esaltati dalla propaganda del governo. Non possono certo passare inosservate le decine, forse centinaia, di cartelli disseminati sul territorio dell’intero Paese, a ricordare come le infrastrutture di cui si sta facendo uso (in particolare le grandi strade di recente costruzione) siano state finanziate dalla Rivoluzione Cittadina. Lo slogan “¡Avanzamos patria!” è ovunque e a caratteri cubitali. Il medesimo inno viene ribadito da numerose radio; a nessun ecuadoriano è permesso dimenticare o ignorare la Rivoluzione Cittadina e i suoi successi.

 

 

*Rachele Pagani, laureanda in Diritti dell’uomo ed etica della cooperazione internazionale, presso l’Università degli Studi di Bergamo

  

 

1  Cfr. www.eleccionesenecuador.com

2  Cfr. Www.ecured.cu

3 Per dati e grafici relativi ai risultati della Rivoluzione Cittadina cfr il documento Cien logros de la Revolucion Ciudadana

4  Cfr.Www.alianzabolivariana.org