La crisi colpisce anche la politica estera dell’Unione europea (Marco Siddi, Meridiani, 4 marzo 2013)

04.03.2013 07:14

La crisi economica colpisce negativamente la politica estera dell’Unione europea. E’ questo il dato principale che si legge nel resoconto sulle relazioni estere dell’Unione europea nel 2012, compilato dal centro di ricerca European Council on Foreign Relations (Ecfr).

Secondo l’Ecfr, nel corso del 2012, i leader europei si sono dovuti concentrare sui tentativi di soluzione della crisi economica nell’eurozona e hanno in parte trascurato la politica estera. Il dato emerge con particolare chiarezza se si analizza il comportamento dei singoli Stati membri dell’Unione. Spagna e Grecia, i paesi più colpiti dalla crisi, sono insieme a Romania e Lettonia anche quelli che bloccano con maggior frequenza le iniziative della Ue in politica estera.

La crisi ha anche causato un notevole danno d’immagine all’Unione. Fino a qualche anno fa, agli occhi di gran parte della comunità internazionale, la Ue appariva come un modello di integrazione economica e politica da imitare. Ma oggi si è anche eroso il soft power dell’Unione, ovvero la capacità di attrarre e persuadere partner con risorse economiche, politiche e culturali.

Il resoconto dell’Ecfr ha comunque individuato anche alcuni sviluppi positivi, soprattutto per quanto riguarda la coesione della politica estera europea  – in altre parole, la capacità degli Stati membri di mettersi d’accordo e attuare una politica condivisa.

Nel complesso, Germania, Francia e Regno Unito continuano a giocare il ruolo di leader nella politica estera dell’Unione. Il 2011 era stato soprattutto l’anno della Germania, che il resoconto dell’Ecfr aveva descritto come il paese più attivo nelle relazioni esterne della Ue. 

Berlino ha mantenuto un ruolo chiave, ma il 2012 è stato soprattutto l’anno delle discussioni sulla posizione del Regno Unito nell’Unione. Si prospetta la possibilità di un’uscita della Gran Bretagna dalla Ue: il premier David Cameron ha promesso che indirà un referendum in proposito se verrà riconfermato primo ministro nel 2015. Londra resta però un paese di fondamentale importanza per lo sviluppo di una politica estera comune europea, soprattutto in aree come il Medio oriente, l’Africa settentrionale, e settori come l’assistenza ai paesi in via di sviluppo e la gestione delle crisi internazionali.

Subito dopo la triade Germania-Francia-Inghilterra, l’Ecfr individua Svezia e Olanda come i paesi più intraprendenti nella politica estera dell’Unione. La valutazione evidenzia che anche gli Stati membri meno popolosi possono giocare un ruolo importante in singole aree, come ad esempio la promozione dei diritti umani (nel caso della Svezia) e l’assistenza economica ai paesi in via di sviluppo (nel caso dell’Olanda).

E l’Italia? Secondo l’Ecfr il governo Monti ha parzialmente rilanciato l’azione del paese in Europa, in particolare per quanto riguarda il sostegno economico e finanziario all’Africa settentrionale e al Medio oriente, il contributo alle missioni di sicurezza della Ue e il sostegno alle transizioni di governo in Libia e Yemen. 

L’Italia resta però molto in basso nella classifica dei paesi leader nella politica estera europea, soprattutto in relazione alle sue dimensioni economiche e demografiche: si colloca all’undicesimo posto, insieme ad Austria, Belgio e Estonia.

La valutazione dell’Ecfr si riferisce a un anno – il 2012  – di relativa stabilità nelle istituzioni italiane, frutto del compromesso raggiunto tra le maggiori forze in parlamento. Con l’instabilità politica che si profila in questi giorni nel paese, c’è il rischio che l’Italia perda ulteriormente peso nei meccanismi decisionali dell’Unione.