(Italia) Le gravi implicazioni dello scandalo Finmeccanica (Antonio Armellini, AffarInternazionali, 15 febbraio 2013)

17.02.2013 17:18

 

La tempesta che si è abbattuta su Finmeccanica non dovrebbe cancellare il fatto che, quello degli elicotteri per l’India, era un bellissimo contratto. La Westland era un fornitore tradizionale delle forze armate indiane ed Agusta è riuscita a far tesoro di questi rapporti - partendo dall’ammodernamento dei vecchi“ Sea King” - per fare breccia con un range di macchine la cui qualità ha avuto la meglio della concorrenza francese e, soprattutto, della statunitense Sikorski.

I dodici elicotteri avrebbero dovuto essere l’avvio di una collaborazione più vasta, in ambito militare come del trasporto Vip e, da ultimo, dell’aviazione generale. Agusta Westland, diversamente da quello militare, ha una posizione consolidata sul mercato degli elicotteri civili: i due rami - il militare e il civile - operano sul mercato indiano senza alcun coordinamento o comunicazione orizzontale; una logica aziendale forse discutibile ma che non cancella la possibilità di sinergie positive.

Italian-Sonia-connection
Il programma di potenziamento delle forze armate indiane è uno dei più ambiziosi in assoluto ed apre possibilità di collaborazione sulle quali si appunta l’attenzione dell’industria della difesa mondiale. Aldilà di Agusta-Westland, il gruppo Finmeccanica aveva alle viste forniture importanti non solo per l’Aviazione, ma anche per l’Esercito con cui i rapporti erano rimasti a lungo marginali.

Fincantieri, da parte sua, collabora da tempo con la Marina, i cui programmi di sviluppo a medio termine presentano più di un punto di contatto con quelli della Marina italiana. La prospettiva adesso, è di un congelamento destinato a trasformarsi in una lunga traversata del deserto, ulteriormente aggravata dalla particolare sensibilità che si accompagna in India a tutto ciò che sa di “italiano”.

Contrariamente a quanto molti si ostinano a pensare, il “fattore Sonia Gandhi” costituisce tutt’altro che un vantaggio per gli operatori italiani: se nei confronti degli stranieri una certa condiscendenza è a volte ammissibile, verso di noi attenzione e rigidità non devono lasciare spazio a incertezze o dubbi di sorta. La severità annunciata della magistratura indiana e le dichiarazioni del ministro della Difesa Antony su possibili cancellazioni di contratti non devono stupire, quindi: nei nostri confronti questo tipo di attenzioni è destinata ad essere più esasperata che con altri.

Per motivi di autotutela, soprattutto: la memoria del “caso Quattrocchi” in cui il ruolo di un mediatore italiano per la fornitura di un cannone Bofors fu associato al pagamento di tangenti che sfiorarono Rajiv Gandhi e provocarono una forte crisi del suo governo, è ancora molto forte. Le accuse non furono mai provate e gli imputati - salvo Quattrocchi - sono stati tutti prosciolti; ma ciò non toglie che l’opposizione al governo del Congresso non perda mai l’occasione di agitare il drappo rosso della “Italian-Sonia-connection” ogni qualvolta siano in gioco degli italiani. E una parte almeno dell’opinione pubblica, continua a prestarvi orecchio.

Problema italiano
La lotta alla corruzione internazionale è un obbligo al quale tutti si devono attenere; perché così impongono gli accordi internazionali e perché un canone etico più elevato (o forse anche solo meno inaccettabile) sarebbe doveroso. Da una parte come dall’altra: e qui sta il difetto di una campagna che mostra ancora vistosi buchi. Se infatti in buona parte del mondo industrializzato la legislazione anti-corruzione viene sostanzialmente applicata, questo è assai meno vero in molti paesi in via di sviluppo, o più semplicemente avvezzi ad un diverso parametro della corruzione.

Ciò è ancor più vero per il settore della difesa in cui, per necessità, convenienza e tradizione, le aree grigie sono più vaste che altrove. Questo non vuol dire che a tale impegno si debba rinunciare, ma solo che nel perseguirlo è necessario tenere sempre a mente il carattere fortemente asimmetrico dei rimedi possibili e delle percezioni connesse all’azione richiesta.

Che l’India sia fra i paesi in cui la corruzione è un problema è confermato dalle classifiche di “Transparency International”. Spesso coinvolge i più capaci: quel generale Tyagi di cui si parla come grande percettore di tangenti, era stato un Capo di Stato Maggiore assai più efficiente e concreto di quanto non fosse nella tradizione degli alti gradi di quel paese. A quanto pare, lo era stato troppo. Ma se le classifiche di “Transparency” penalizzano l’India, non risparmiano il nostro paese. E qui sta la ragione di un problema tutto italiano.

La magistratura è intervenuta nel caso Westland in adempimento di un obbligo internazionale, ma non è avventato dire che l’ attenzione è stata fortemente rafforzata dal sospetto che una parte non secondaria di quella tangente, sia rientrata in Italia e da lì abbia alimentato circuiti politico-mediatici tanto oscuri quanto illeciti. Il tema, prima ancora che internazionale si fa domestico ed acquisisce una capacità dirompente che prescinde da qualsiasi implicazione internazionale: quest’ultima rischia fatalmente di finire in secondo piano.

Radici domestiche
Lo scandalo elicotteri probabilmente cancellerà Finmeccanica per molto tempo da uno dei suoi mercati prioritari, ed è giusto che sia così nella logica di un illecito inaccettabile. Tanto più inaccettabile perché, per così dire, bilaterale: internazionale e interno. È un elemento questo che non è quasi mai presente, o almeno non lo è in maniera altrettanto visibile, nei paesi concorrenti dell’Italia.

Basti guardare a come in Gran Bretagna si è gestito sin qui lo scandalo, davvero enorme, delle forniture per molte decine di miliardi all’Arabia Saudita: commissioni d’inchiesta, condanne politiche, accuse a Tony Blair, interventi della magistratura. Il tutto nel corso di vari anni e con una attenzione non dichiarata, ma evidente, a limitare al massimo i danni per l’industria nazionale e coprire per quanto possibile le controparti saudite. Mancava qui la spinta ulteriore di smascherare intrighi direttamente legati alle vicende di casa.

La soluzione per l’Italia non può essere quella dell’annacquamento delle norme in vigore, ma deve essere quella di una azione volta a recidere in radice qualsiasi collegamento perverso fra tangenti esterne e mazzette di casa. Il danno arrecato da queste ultime non si limita al degrado morale del sistema politico di governance, ma si traduce indirettamente in un pregiudizio grave per la capacità dell’Italia di stare su mercati dai quali dipende in larga misura il nostro destino di paese industrialmente avanzato ed esportatore.

I corruttori italiani insomma, non solo compromettono la credibilità di paese civile, ma danneggiano il sistema delle imprese, sotto l’usbergo di volerlo favorire. Questo non accade, o accade in misura marginale fra i nostri concorrenti. E le loro industrie sorridono tirando un sospiro di sollievo.

Antonio Armellini, Ambasciatore d’Italia, è commissario dell’Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO).