In giro per il mondo (Misna, 28 marzo 2013)
(Cile) MICHELLE BACHELET ROMPE IL SILENZIO, “MI CANDIDO”
“Ho preso la decisione di candidarmi”. Sorridente, indossando un impeccabile tailleur color viola, l’ex presidente Michelle Bachelet, 61 anni, ha annunciato poche ore fa che correrà alle elezioni del 17 novembre.
Rientrata nelle prime ore di ieri a Santiago, dopo aver lasciato di recente l’incarico di direttrice dell’agenzia dell’Onu per le donne (Un Women) ricoperto per tre anni, Bachelet ha scelto l’occasione dell’inaugurazione di una mostra artistica nel settore sud della capitale per rompere il silenzio.
“Sono decisa a convocare una nuova maggioranza politica e sociale per arrivare insieme alla presidenza della Repubblica” ha aggiunto, tra gli applausi di un gruppo di entusiasti sostenitori che hanno anche intonato l’inno nazionale. L’intenzione sarebbe quindi quella di ampliare i confini della Concertación, la coalizione di centro-sinistra rimasta al governo in Cile per 20 anni dopo la fine della dittatura di Augusto Pinochet (1973-1990) fino all’arrivo alla presidenza, nel 2010, dei conservatori guidati da Sebastián Piñera.
Prima donna a guidare il Cile fra il 2006 e il 2010, vittima della dittatura come suo padre, un generale che parò con la vita la fedeltà al presidente democratico Salvador Allende, Bachelet appare senza rivali nei sondaggi che hanno preceduto il suo annuncio e gli attribuiscono fino al 53% delle intenzioni di voto.
Bachelet parteciperà in ogni caso alle primarie del 30 giugno dove affronterà altri tre aspiranti candidati dell’opposizione, l’ex sindaco di Peñalolén (Regione metropolitana di Santiago), il democristiano Claudio Orrego, il senatore radicale José Antonio Gómez e il suo ex ministro delle Finanze, Andrés Velasco. Anche il governo definirà alle primarie il suo candidato unico alla presidenza: fra gli aspiranti figurano fra l’ex ministro delle Miniere, Laurence Golborne, accreditato di appena l’11% delle preferenze, e l’ex ministro della Difesa, Andrés Allamand.
(Thailandia) COMINCIATI I NEGOZIATI CON I RIBELLI DEL SUD
Sono cominciati i negoziati tra il governo della Tailandia e il principale dei gruppi ribelli attivi nel Sud del paese, protagonisti di un conflitto che in nove anni ha causato più di 5000 vittime.
Al primo incontro hanno partecipato ieri, nella capitale della Malesia Kuala Lumpur, rappresentanti del Consiglio per la sicurezza nazionale della Tailandia ed esponenti del Fronte rivoluzionario nazionale. Secondo Paradorn Pattanatabut, il capo della delegazione governativa, il principale obiettivo dell’incontro era “ridurre la violenza, costruire una fiducia reciproca e stabilire buoni rapporti”.
L’avvio del negoziato, però, è stato preceduto di poche ore da un altro attentato. Nella provincia meridionale di Narathiwat, l’esplosione di una mina al passaggio di un convoglio militare ha provocato almeno tre vittime. Il vice-primo ministro della Tailandia, Chalerm Yubamrung, ha sostenuto che l’episodio “è legato ai colloqui di pace”. La sua tesi è che nelle regioni meridionali sono attivi diversi gruppi, sui quali la capacità di controllo dei vertici del Fronte rivoluzionario nazionale è ancora da verificare.
Uno degli obiettivi comuni dei gruppi ribelli è la conquista di una maggiore autonomia del Sud, fino a un secolo fa sotto sovranità malese, dalle regioni centrali e settentrionali a maggioranza buddista.