In giro per il mondo (Misna, 25 marzo 2013)
(Repubblica Democratica del Congo) RIBELLI MAI MAI ATTACCANO LUBUMBASHI, APERTA INCHIESTA
Sono almeno 35 le vittime degli scontri avvenuti nei giorni scorsi nella città di Lubumbashi – seconda città del paese – teatro di un attacco armato di miliziani Mai-Mai che chiedono la secessione dalla provincia del Katanga. I combattenti, diverse centinaia, dopo uno scontro con le forze armate, si sono arresi ai militari della locale missione dell’Onu (Monusco).
Nonostante la resa, montano le polemiche intorno al fallimento dei sistemi di sicurezza nella città mineraria, situata nel sud-est del paese, che non hanno impedito ai miliziani del gruppo ‘Bakata Katanga’ (in lingua swahili, tagliamo il Katanga) di arrivare nel centro della città seminando il panico per diverse ore. “Quello che è accaduto è inconcepibile. La riforma delle forze di sicurezza non è più una necessità ma un’emergenza” ha detto Thimotée Mbuya, dell’ong Justicia all’emittente locale Radio Okapi. Il governo di Kinshasa ha annunciato l’apertura di un’inchiesta sulla vicenda.
Intanto, da Oyo, nella vicina Repubblica del Congo, sono arrivate le rassicurazioni dei presidenti di Uganda, Rwanda e Congo che nel fine settimana si sono impegnati a realizzare quanto scritto negli accordi di Addis Abeba per riportare la pace nella regione orientale del Kivu. Dichiarazioni che stridono con le cronache provenienti dal territorio, in preda all’instabilità da oltre 20 anni, e che riferiscono di attacchi e saccheggi con cadenza quotidiana.
Proprio Bosco Ntaganda, capofila del movimento 23 marzo che per mesi ha messo a ferro e fuoco il Nord Kivu, arrivando a conquistarne il capoluogo Goma, comparirà domani per la prima udienza davanti ai giudici della Corte penale internazionale (Cpi) all’Aia. Lunedì scorso, dopo aver attraversato la frontiera ruandese ed essersi consegnato all’ambasciata statunitense a Kigali con alcuni dei suoi uomini, Ntaganda è stato trasferito venerdì sera all’Aia.
Noto con il soprannome di ‘Terminator’, Ntaganda è accusato di crimini di guerra e contro l’umanità commessi dalle sue milizie nella provincia dell’Ituri tra il 2002 e il 2003 e sospettato di crimini simili in Kivu. Si ritiene che per anni il suo gruppo, composto principalmente di ex-ribelli ruandesi di etnia tutsi, abbia beneficiato del sostegno militare e logistico di Kigali.
Ntaganda ha cominciato la sua militanza armata tra le file del Fronte patriottico ruandese (Fpr) del presidente Paul Kagame negli anni in cui questa formazione metteva fine al genocidio dei tutsi in Rwanda. Sono in molti a ritenere che durante il processo all’Aia potrebbe fare rivelazioni compromettenti sul ruolo di Kigali nell’est del Congo.
(Zambia) CORRUZIONE, INCRIMINATO L’EX PRESIDENTE BANDA
L’ex presidente Rupiah Banda è stato incriminato oggi da un tribunale di Lusaka con l’accusa di aver sottratto illecitamente alle casse dello Stato diversi milioni di dollari: lo riferiscono le edizioni online dei principali quotidiani dello Zambia, sottolineando che l’ex capo di Stato è al momento libero su cauzione.
Secondo un portavoce degli inquirenti che stanno coordinando le indagini, Banda è sospettato di essersi appropriato in modo indebito tra il 2008 e il 2011 di circa 11 milioni di dollari. Secondo il quotidiano Lusaka Times, l’attenzione degli inquirenti si è concentrata in particolare su un contratto del valore di due milioni e mezzo di dollari sottoscritto dal governo con una società petrolifera della Nigeria. Parte di questa somma, ipotizza l’accusa, sarebbe finita su un conto all’estero intestato all’ex capo di Stato.
Banda non è il primo dirigente politico a finire nei guai con la giustizia dopo l’elezione del suo successore Michael Sata. Il nuovo presidente ha fatto della lotta alla corruzione una delle priorità del suo mandato. I critici, però, sottolineano che nella maggior parte dei casi sono stati colpiti avversari politici.
(Venezuela) GOVERNO: OMICIDI AUMENTATI NEL 2012
Nel 2012 gli omicidi in Venezuela sono aumentati del 14%, passando dai 14.092 contati nel 2011 a 16.072: si tratta “di una variazione significativa del tasso nazionale” ha detto il ministro dell’Interno e della Giustizia, Néstor Reverol, precisando che in percentuale se ne contano 54 ogni 100.000 abitanti; nel 2011 erano stati 48.
In un rapporto ufficiale presentato da Reverol emerge inoltre che il 60% degli omicidi si è concentrato in sei stati del paese, i più popolosi: a Miranda (centro) se ne sono registrati 2576, nel Distrito Capital (centro) 1743, a Carabobo (centro-ovest) 1851, a Zulia (ovest) 1471, ad Aragua (centro-ovest) 1068 e a Lara (ovest) 998.
In piena campagna elettorale per il voto del 14 aprile, il presidente ‘ad interim’ e candidato del governo Nicolás Maduro si è detto convinto che per porre fine al grave problema dell’insicurezza occorre “una visione globale e socialista” chiedendo anche la collaborazione di volti noti del mondo dell’arte e dello sport per promuovere una nuova campagna.
I dati ufficiali sono tuttavia contestati dall’organizzazione non governativa Observatorio Venezolano de Violencia (Ovv) secondo cui nel 2012 sono state 21.692 le vittime di morte violenta, pari a 73 ogni 100.000 abitanti.
A più riprese, esperti ed analisti hanno peraltro osservato che nel caso del Venezuela, paese in cui si stima circolino fra i 9 e i 15 milioni di armi, l’indice di violenza non è direttamente collegabile alla povertà: il Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani (Onu-Habitat) assegna al paese sudamericano un basso coefficiente di Gini (che misura la disuguaglianza) nella distribuzione del reddito pari a 0,41, dato che lo situa in fondo a una lista guidata da Guatemala, Honduras, Colombia e Brasile, che solo di recente ha lasciato il primo posto.