In giro per il mondo, agenzia Misna, 5 marzo 2013
(Ghana) HOPE CITY, CITTÀ DELLA TECNOLOGIA E DELLA SPERANZA.
Sei grattacieli e la torre di vetro e acciaio più alta di tutta l’Africa, dieci miliardi di investimenti e 50.000 nuovi posti di lavoro: sono numeri e meraviglie di una città della tecnologia e dell’informazione che il governo del Ghana vuole far costruire alle porte della capitale.
Il nome del progetto è Hope City, la Città della speranza. Speranza, si legge oggi sul sito online dell’emittente Citi Fm, di fare del Ghana un polo internazionale dell’informatica, dello sviluppo dei software, della raccolta dati e di tutto ciò che ha che fare con la comunicazione ai tempi del digitale. In occasione della presentazione del progetto, ieri, il capo dello Stato John Mahama ha sottolineato che in passato i grandi investimenti in Ghana sono stati sempre frutto di iniziative del governo ma che “questa volta il settore privato dovrà avere un ruolo guida”.
Il nucleo centrale di Hope City sarà costituito da sei grattacieli, il più alto dei quali avrà 75 piani e raggiungerà un’altezza di 270 metri. Un progetto relativo alla costruzione di un’altra città tecnologica, di un valore di 11 miliardi di euro, era stato presentato di recente anche dal governo del Kenya. Konza Technology City dovrebbe sorgere a 60 chilometri di distanza da Nairobi e garantire entro il 2030 fino a 200.000 nuovi posti di lavoro.
(Israele) INCENDIATI BUS DELLA SEGREGAZIONE ‘PER SOLI PALESTINESI’.
Sono stati incendiati nella notte a Kafr Kassem due degli autobus di una compagnia di trasporti che in questi giorni ha attivato linee “riservate ai pendolari palestinesi” tra Israele e la Cisgiordania. La polizia non esclude che possa trattarsi di un incendio di natura dolosa in una vicenda che sta sollevando scandalo nell’opinione pubblica araba e internazionale.
Le linee per soli palestinesi, istituite da lunedì scorso, rispondono alle pressioni dei coloni ebrei che non accettavano di viaggiare fra Cisgiordania e Israele assieme ai manovali palestinesi. Una storia che ricorda le discriminazioni subite dalla popolazione nera negli Stati Uniti o nel regime di aparthed in Sudafrica e per questo bollata come “razzista” dagli attivisti di Betselem.
Il ministro israeliano dei Trasporti ha assicurato che l’iniziativa mirava a colpire gli “autisti pirata” che trasportano i lavoratori palestinesi “a prezzi esorbitanti”. Il ministro ha garantito che d’ora in poi sui mezzi di trasporto non ci sarà alcun tipo di coercizione e che “gli autobus saranno aperti a tutti”. Resta il fatto che, finora, per recarsi a lavorare in Israele la manodopera palestinese è costretta a recarsi alle fermate degli autobus nei pressi delle colonie israeliane o a utilizzare mezzi di trasporto clandestini.