In giro per il mondo (agenzia Misna, 22 marzo 2013)

22.03.2013 12:59

(Messico) PRIMO ‘VIA LIBERA’ A RIFORMA TELECOMUNICAZIONI E MEDIA (10:46)

Ampliare l’accesso al mercato delle telecomunicazioni e dei media dominato dai milionari Carlos Slim e Emilio Azcárraga: è l’obiettivo dichiarato della prima grande riforma economica promossa dal governo del presidente Enrique Peña Nieto a cui la Camera dei Deputati ha dato già il ‘via libera’ preliminare.

Ad ampia maggioranza, i deputati hanno approvato il progetto dell’esecutivo, in base al quale nessun gruppo o imprenditore potrà controllare più del 50% del mercato delle telecomunicazioni e dei media; ciò consentirà, secondo il governo, di impedire posizioni dominanti, offrire un servizio migliore ma anche abbassare le tariffe.

La nuova normativa dovrebbe spingere le grandi aziende del settore a disinvestire, ma anche ad aprire il mercato a maggiori investimenti stranieri, oltre alla messa in vendita di due canali televisivi in chiaro. Il gigante delle telecomunicazioni América Móvil di Slim – al 1° posto secondo ‘Forbes’ tra gli uomini più ricchi del pianeta nel 2013 – controlla circa il 70% del mercato della telefonia mobile del Messico e circa l’80% di quella fissa; il gruppo mediatico Televisa, di Azcárraga detiene il 70% delle televisioni in chiaro oltre ad assorbire larga parte di quelle a pagamento.

“Nella nostra nazione c’è un solo territorio e questo non è proprietà di alcuna imprese telefonica né possiamo continuare ad essere ostaggio di monopoli” ha dichiarato durante il dibattito parlamentare Julio César Moreno, deputato del Partido de la Revolución Democrática (Prd, opposizione di sinistra).

BREVI DALL’AFRICA (Gabon, Somalia, Guinea, Rwanda/R.D. Congo, Niger) (11:20)

 GABON – Almeno 30 migranti hanno perso la vita nel naufragio della piroga sulla quale viaggiavano. L’incidente si è verificato a largo delle coste di Libreville ed è stato causato da cattive condizioni meteorologiche. I corpi di 18 donne e 12 uomini sono stati ritrovati sulla spiaggia mentre altre 35 persone sono sopravvissute alla sciagura. L’imbarcazione era salpata da Calabar, in Nigeria, a destinazione del Gabon, che gode di una certa stabilità politica e di un’economia in crescita grazie al petrolio.

SOMALIA – Quattro persone sono rimaste ferite nell’attentato che si è verificato ieri nei pressi del mercato di Bakara, al centro di Mogadiscio. Dopo aver tentato di penetrare senza successo in un commissariato di polizia, un attentatore suicida si è fatto saltare in aria. L’attentato non è stato rivendicato ma pochi giorni fa gli insorti di Al Shabaab hanno messo a segno un attacco suicida con un autobomba deflagrata nella capitale, uccidendo dieci persone. Il gruppo ribelle è stato respinto da Mogadiscio nell’agosto 2011 dalla forza dell’Unione Africana in Somalia (Amisom) e lo scorso settembre dal porto strategico di Kismayo.

GUINEA – Sono state segnate da violenze e disordini le proteste inscenate in più quartieri periferici di Conakry dove da tre giorni gli abitanti scendono per strada per manifestare contro i frequenti black-out. Giovani hanno eretto barricate e incendiato copertoni nei quartieri di Bambeto, Hamdallaye, Bomboli, Dixine, Kipé e Kabimbo, bloccando la circolazione. La società ‘Electricité de Guinée’ ha imputato i balck-out a una carenza di gasolio necessario per far funzionare le centrali elettriche. Le manifestazioni si stanno verificando in un contesto politico particolarmente teso a causa dell’infinito braccio di ferro tra potere e opposizione sull’organizzazione delle legislative, in agenda per il 12 maggio. Uno spiraglio positivo potrebbe arrivare dall’apertura di un quadro di dialogo. L’opposizione ha scelto come suo rappresentante all’iniziativa di mediazione l’ex ministro della Giustizia, Salifou Sylla.

RWANDA/R.D. CONGO – Esperti della Corte penale internazionale (Cpi) sono arrivati a Kigali per organizzare il trasferimento all’Aia del capo ribelle congolese Bosco Ntaganda, che si è consegnato lunedì all’ambasciata degli Stati Uniti in Rwanda. “Un gruppo della Cpi è impegnato nelle procedure logistiche necessarie al suo trasferimento quanto prima” ha riferito all’Afp un funzionario del Consiglio di stato statunitense. Ieri il procuratore della Cpi Fatou Bensouda ha annunciato che ci vorranno “un paio di giorni” per portare Ntaganda davanti alla Corte, dove dovrà rispondere dei crimini commessi in Ituri tra il 2002 e il 2003 e delle recenti violazioni del Movimento del 23 marzo (M23) in Nord Kivu.

 NIGER – “Abbiamo cominciato uno sciopero illimitato dopo che la protesta iniziale di 72 ore non abbia portato ad alcun risultato concreto”: lo ha annunciato il sindacato nigerino Syntramines, aggiungendo che continueranno ad incrociare le braccia i 680 lavoratori della Società delle miniere di Azelik (Somina), nel nord del paese, a gestione maggioritaria cinese. I minatori rivendicano il pagamento di indennità e premi produttivi, promesso lo scorso anno, e migliori condizioni lavorative. Operativa dal 2011, la miniera di uranio della Somina ha per ora una capacità produttiva di 700 tonnellate annue, ma entro il 2015 dovrebbe raggiungere standard molto più alti di circa 2500 tonnellate.

(Tanzania) CONDANNATI SEGUACI CONTROVERSO PREDICATORE ISLAMICO (11:37)

Un tribunale di Dar es Salam ha condannato 52 seguaci di un controverso predicatore islamico a un anno di carcere con l’accusa di cospirazione, assemblea illegale e disturbo della quiete pubblica.

Lo stesso predicatore, Sheikh Ponda Issa Ponda, è sotto processo per furto, istigazione alla violenza e violazione del codice penale. Tra le altre cose, Sheikh Ponda è sospettato di coinvolgimento nei disordini verificatisi nella capitale nell’ottobre scorso, dopo che qualcuno aveva fatto circolare la voce – risultata infondata – che un ragazzo di una scuola cristiano aveva urinato su una copia del Corano.

Ponda, segretario generale dell’organizzazione del Consiglio islamico, sarebbe secondo alcune fonti anche il capofila del movimento Jumuiya ya wa Islamu, ‘la comunità dell’Islam’ un gruppo non riconosciuto dal governo tanzaniano. Il suo caso sarà dibattuto in aula il prossimo 18 aprile.

(Costa d'Avorio) PARTITO EX PRESIDENTE GBAGBO BOICOTTERÀ ELEZIONI (12:08)

Si svolgeranno senza la partecipazione della principale formazione di opposizione le elezioni regionali e municipali in agenda per il 21 aprile. “Nessun militante del Fronte popolare ivoriano (Fpi) potrà candidarsi, esprimere il proprio sostegno ad un’altra lista, fare campagna e votare, nel caso contrario incorrerà in sanzioni disciplinari” ha dichiarato Richard Kodjo, segretario generale ad interim e portavoce del partito dell’ex presidente Laurent Gbagbo. Inoltre la formazione politica di opposizione “non riconoscerà i risultati di quella che sarà una farsa elettorale visto che i criteri per un voto trasparente, democratico e inclusivo non sono riuniti” ha aggiunto Kodjo. L’Fpi chiede da tempo una riforma della Commissione elettorale indipendente (Cei), di cui non riconosce la legalità e le competenze dalle legislative di novembre 2011, che erano state boicottate.

La decisione dell’ex partito al potere sancisce il fallimento del dialogo politico intavolato lo scorso gennaio con il governo del presidente Alassane Dramane Ouattara per favorire il processo di riconciliazione dopo la crisi post-elettorale del 2011, conclusasi con 3000 vittime. L’Fpi chiede inoltre un’amnistia generale per i crimini commessi due anni fa e critica il processo giudiziario in moto, che finora ha soltanto riguardato sostenitori dell’ex capo di Stato, detenuto presso la Corte penale internazionale (Cpi) e sospettato di crimini contro l’umanità.

 Il bloccaggio politico e il perdurare delle tensioni tra le varie componenti della società ivoriana si aggiungono a un contesto di insicurezza sul territorio nazionale. Nella notte tra mercoledì e giovedì è stato sventato un attacco pianificato da non meglio identificati miliziani, presumibilmente arrivati dalla confinante Liberia, contro la località ivoriana di Tiobly, nel dipartimento occidentale di Toulepleu.

(Kuwait) CITTADINANZA AI ‘BIDUN’, UN PRIMO PASSO NELLA GIUSTA DIREZIONE (12:30)

Il parlamento del Kuwait ha approvato un disegno di legge che garantisce la cittadinanza a 4000 ‘bidun’ (senza, in arabo ndr.), lavoratori stranieri apolidi presenti nel paese. Per entrare in vigore, la misura attende la ratifica da parte dell’emiro e concluderebbe una vicenda che ha fatto molto discutere negli ultimi mesi.

Le origini dei ‘bidun’ sono diverse: si trattava in origine di una minoranza beduina e nomade che attraversava senza problemi i territori della regione del Golfo persico prima che si costituissero gli stati nazionali. A loro, nel corso degli anni si sono aggiunti i figli degli immigrati che non hanno avuto possibilità di ottenere la cittadinanza e i figli di madri kuwaitiane ma padri stranieri. Tra gli anni ’60 e ’70 questo particolare segmento della popolazione – circa 70.000 persone –si era vista garantire lo stesso trattamento della popolazione kuwaitiana eccezione fatta per il diritto al voto.

Tra gli anni ’80 e ’90 tuttavia, caratterizzati nel piccolo emirato da instabilità e crisi politiche, la situazione era cambiata e il loro status fu regredito a “residenti illegali”, con gravi perdite dal punto di vista dei diritti, tra cui l’esclusione dalle cariche governative e di rappresentanza. A peggiorare le cose è stata l’invasione irachena del 1990, quando molti di loro furono accusati di aver collaborato con l’ex regime vennero emarginati dalla comunità civile.

Da allora i ‘bidun’ hanno visto aumentare le difficoltà per accedere ai servizi sanitari e all’educazione, scivolando verso la povertà. Dal 2011 anche loro hanno tentato, senza successo, di fare iniziare una “primavera araba” rivendicando pari diritti e la fine delle discriminazioni. Nello scorso ottobre in occasione della Giornata internazionale della nonviolenza, a centinaia si erano radunati a Taima, in piazza della Libertà per dare vita ad una protesta pacifica a cui la polizia ha reagito con lacrimogeni, pallottole di plastica, e diversi arresti.

L’organizzazione Amnesty International ha definito l’approvazione in parlamento “un passo nella giusta direzione” sottolineando che ancora molto resta da fare per proteggere i diritti di circa 100.000 ‘bidun’ attualmente presenti nel paese.