(In giro per il mondo) agenzia Misna, 1 marzo 2013

01.03.2013 09:57

(Nigeria) VINCITORI E VINTI NEL DELTA DEL PETROLIO (Intervista).

“Gli ex capi ribelli firmano contratti, i politici hanno più soldi tra le mani, la gente comune vive con i problemi di sempre”: Ukoha Ukiwo, professore del dipartimento di Studi politici dell’università di Port Harcourt, dice alla MISNA che nella cassaforte petrolifera della Nigeria comandano sempre gli stessi.

Goodluck Jonathan, primo presidente originario del Delta del Niger in carica da tre anni, avrebbe rimescolato le carte senza toccare gli interessi degli attori fondamentali: le multinazionali del petrolio, i boss della politica locale e gli ex ribelli, che hanno approfittato di un’amnistia per seppellire le ambizioni di giustizia sociale e mettere in tasca qualcosa in più.

Dottor Ukiwo, cos’è cambiato nel Delta con il programma di amnistia avviato dal governo nel 2009?

“C’è stata una riduzione degli agguati, in particolare quelli contro le compagnie petrolifere. A questa tendenza si è accompagnato un aumento della produzione e dell’esportazione di greggio. Molti gruppi hanno deposto le armi e si sono sciolti. Gli ex-militanti hanno beneficiato di programmi di reinserimento sociale fondati sulla formazione professionale e sul pagamento di stipendi mensili. I loro ex-capi hanno firmato una serie di contratti nel settore della sicurezza, in particolare per la protezione di oleodotti e altre infrastrutture petrolifere”.

Lei ha sottolineato come le azioni di pirateria e i rapimenti che si sono verificati anche di recente mirino solo a ottenere riscatti e non abbiano valenza politica. Cosa resta del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend) e della lotta per la giustizia delle popolazioni locali?

“La fazione principale del Mend ha deposto le armi e si è sciolta. Il suo leader è stato uno dei protagonisti del programma di amnistia e ha collaborato con il governo con l’obiettivo di fare del Delta un’area sicura per la produzione di greggio. Ci sono però alcuni esponenti del Mend che non sono soddisfatti dell’amnistia. Una delle fazioni che ha continuato a minacciare agguati è legata a Henry Okah. Okah è coinvolto negli attentati dinamitardi che si sono verificati ad Abuja il 1° ottobre 2010, in occasione del cinquantenario dell’indipendenza della Nigeria. Alcuni suoi fratelli sono stati arrestati perché considerati implicati negli attentati e perché Okah si trova in Sudafrica. A ogni modo, sia Okah sia i suoi fratelli sono stati condannati da tribunali nigeriani o sudafricani. Dopo queste sentenze alcuni loro seguaci hanno minacciato di riprendere le armi; in termini di sicurezza, però, non sono considerati una minaccia grave. A ben guardare, l’arresto e la condanna di Okah rivelano il successo del programma di amnistia. I gruppi che hanno deposto le armi hanno fornito informazioni in grado di facilitare il suo arresto. Senza amnistia le fazioni più influenti sarebbero state dalla parte degli attentatori”.

Dall’elezione di Jonathan cosa è cambiato per le popolazioni locali da un punto di vista economico e sociale?

“Per la gente comune non è cambiato nulla. Il presidente non ha il diritto né il potere di accordare un trattamento di favore alle popolazioni del Delta. Forse è questo il motivo della delusione e della rabbia di coloro che nella regione speravano di trarre vantaggio dal suo governo. Non c’è dubbio che invece alcune élites locali, grazie a un accesso preferenziale alle stanze del potere, abbiano beneficiato di contratti e incarichi redditizi”.

(Nigeria) VINCITORI E VINTI NEL DELTA DEL PETROLIO -2.

Con Jonathan ha vinto il Delta e ha perso il Nord?

“È difficile dirlo. Gli accordi per la condivisione del potere nella Federazione sono elaborati e complessi. Sono pensati in modo da impedire l’esclusione di qualsiasi gruppo rilevante dal processo democratico. Il Principio sul carattere federale sancisce che il presidente deve garantire una rappresentanza nel governo a tutti e 36 gli Stati. La legge di bilancio deve essere approvata dall’Assemblea nazionale, che ha deputati e senatori eletti in tutte le circoscrizioni del paese. Una circostanza, anche questa, che riduce le possibilità di esclusione”.

Non ha senso parlare di vincitori e perdenti?

“Si ritiene, questo è senz’altro vero, che alcune élites siano divenute più influenti e che altre abbiano visto il loro potere ridursi. I primi a perdere terreno sarebbero stati i dirigenti  del Nord. Nel 2011 Jonathan è stato eletto nonostante questi gruppi sperassero in un presidente originario delle loro regioni. Erano speranze fondate su accordi per la condivisione del potere interni al partito di governo, il Peoples Democratic Party (Pdp). A creare l’impressione che le élites del Nord abbiano perso influenza è stato anche l’aggravarsi della povertà e delle disuguaglianze nelle regioni settentrionali. Jonathan, a ogni modo, non è accusato di aver aggravato il disagio sociale. I nigeriani danno la colpa alla corruzione e agli errori politici di una serie di governi che si sono susseguiti nel tempo”.

Parlavamo degli equilibri tra il Nord e il Sud…

“Per cominciare bisogna dire che le regioni settentrionali presentano situazioni differenti tra loro. Molti credono che il Nord-ovest stia meglio del Nord-est. Sia il vice-presidente della Federazione che il presidente del parlamento sono originari dal Nord-ovest. Il Nord-est, la roccaforte di Boko Haram e di altri gruppi armati, non ha rappresentanti di peso nel governo federale. Secondo alcuni, ad aver perso terreno sono state anche le élites del sud-ovest. Sarebbero state svantaggiate dagli accordi interni al Peoples Democratic Party perché nel Sud-ovest gli oppositori dell’Action Congress of Nigeria (Acn) hanno gli incarichi di maggior importanza sul piano legislativo ed esecutivo. I deputati del Pdp hanno ignorato una precedente intesa che prevedeva un presidente del parlamento originario del Sud-ovest”.

E il Delta?

“In genere si ritiene che le élites locali abbiano guadagnato perché controllano la presidenza e gli enormi trasferimenti di denaro garantiti agli Stati produttori di petrolio. L’inizio di questi trasferimenti, beninteso, risale a ben prima che Jonathan diventasse capo dello Stato. La Costituzione del 1999 prevede che almeno il 13% delle rendite petrolifere della Federazione sia trasferito agli Stati produttori sulla base di un sistema di quote. Bisogna poi considerare i benefici e gli stanziamenti garantiti dalla Commissione per lo sviluppo del Delta del Niger (Nddc), dal ministero per gli Affari del Delta del Niger e dal programma di amnistia. La quantità di risorse trasferite nel Delta ha alimentato la rabbia di alcuni politici ed élites del nord. È per questo che i dirigenti delle regioni settentrionali si oppongono al disegno di legge sull’industria petrolifera, un testo che prevede un ulteriore aumento dei trasferimenti a beneficio degli Stati produttori. Le élites, però, non sono la gente comune. Nonostante l’aumento delle risorse in arrivo da Abuja, la vita nei villaggi e nelle città del Delta non è migliorata”.

Quali sono stati, finora, i fallimenti e i successi di Jonathan?

“Il presidente ha ribadito più volte il suo impegno in favore di un cambiamento. Ha tentato di riformare l’economia, in particolare i settori della generazione di elettricità, dell’agricoltura, delle banche, delle pensioni e delle infrastrutture per lo sviluppo dell’industria aerea. D’altra parte, Jonathan è accusato di non aver ottenuto risultati nella lotta alla corruzione e di non aver saputo garantire la sicurezza in alcune regioni. In generale, gli episodi di criminalità sono divenuti più frequenti. Tanto per fare un esempio, le misure del governo per contrastare il contrabbando di petrolio nel Delta non hanno ottenuto alcun risultato. Il presidente ha cominciato bene nel settore della distribuzione dei prodotti petroliferi ma poi si è perso per strada e perfino alle stazioni di servizio di Abuja sono comparse file interminabili. La penuria della benzina è ritenuta un problema legato alla corruzione. Mentre l’insicurezza rischia di ridurre gli investimenti stranieri in settori chiave; tra questi c’è l’industria del turismo, ritenuta da Jonathan una priorità”.

(Etiopia) ABUNE MATHIAS NUOVO PATRIARCA DELLA CHIESA ORTODOSSA.

L’arcivescovo del monastero di Gerusalemme Abune Mathias è stato eletto sesto patriarca della Chiesa ortodossa d’Etiopia: lo riferisce la principale organizzazione religiosa del paese del Corno d’Africa, in una nota pubblicata su un suo portale di informazione.

Nato nel regione settentrionale del Tigray 79 anni fa, Mathias è stato eletto ieri con 500 degli 806 voti disponibili. La cerimonia di consacrazione si terrà domenica, nella Cattedrale della Santa Trinità ad Addis Abeba. Come il suo predecessore Abuna Paulos, scomparso in agosto all’età di 74 anni, Abuna Mathias fu costretto a fuggire dall’Etiopia durante il regime di Menghistu Haile Mariam (1977-1991).

La Chiesa ortodossa d’Etiopia ha circa 40 milioni di fedeli. È divenuta indipendente dalla Chiesa copta egiziana e ha eletto il suo primo patriarca nel 1959. L’Etiopia ha circa 81 milioni di abitanti, il 41% dei quali di fede islamica. Nel suo territorio sorgono chiese antichissime, alcune delle quali, scavate nella roccia, sono state dichiarate patrimonio dell’umanità.

(Nigeria) MAIDUGURI, ATTENTATI MENTRE È IN CORSO VERTICE OPPOSIZIONE.

Sono almeno sei le vittime causate da una serie di attentati dinamitardi avvenuti ieri pomeriggio in una città nord-orientale della Nigeria roccaforte del gruppo armato Boko Haram, mentre era in corso una riunione di un nuovo partito di opposizione alla quale partecipavano i governatori di nove dei 36 Stati della Federazione.

Secondo fonti della MISNA a Maiduguri, “gli attentati sono stati compiuti ieri con l’obiettivo di avere maggiore risonanza mediatica e screditare il più possibile il governo del Peoples Democratic Party e del presidente Goodluck Jonathan”.

Nelle esplosioni hanno perso la vita almeno sei persone, sia soldati che civili. Le deflagrazioni sono avvenute in quattro zone differenti della città, a pochi minuti di distanza l’una dall’altra, mentre era in corso una riunione dei governatori che sostengono l’All Progressive Congress. L’incontro è stato ospitato dal governatore locale, Kashim Shettima. Al termine del lavori è stato annunciato lo stanziamento di 200 milioni di naira, circa 950.000 euro, a beneficio delle famiglie delle vittime delle violenze di Boko Haram.

Secondo le fonti della MISNA, l’All Progressive Congress ha scelto di tenere la riunione a Maiduguri per evidenziare indirettamente come, in tre anni da presidente, Jonathan non abbia mai visitato la città più colpita dall’emergenza Boko Haram. Proprio oggi il quotidiano The Vanguard riferisce che il capo dello Stato, originario del sud petrolifero della Nigeria, potrebbe volare per la prima volta a Maiduguri entro due settimane.