(Francia/Germania/Europa) La crisi francese allontana la ripresa dell'Eurozona (Gianluca Di Donfrancesco, Sole 24 Ore, 22 febbraio 2013)

23.02.2013 06:37

Berlino è sempre più sola e sempre più lontana. A febbraio l'attività economica delle imprese dell'Eurozona mostra ancora i segnali di una forte sofferenza che risparmia solo le aziende tedesche. La Germania non brilla, ma resta saldamente su un percorso di crescita e tanto basta ad ampliare il divario con tutti gli altri partner della moneta unica, a cominciare dalla Francia, che accusa i sintomi di una debolezza strutturale. E se la seconda economia dell'Eurozona è in panne, la ripresa per l'intero blocco diventa ancora più difficile.
L'indice Pmi composito sull'attività economica nell'Eurozona, rilevato dalla società londinese Markit, è sceso a febbraio a 47,3 punti da 48,6 di gennaio, sorprendendo gli analisti che si aspettavano una timida risalita a 49. Letture sotto quota 50 indicano una contrazione dell'attività economica. L'indice Pmi (Purchase managers' index) è costruito attraverso un sondaggio condotto tra migliaia di imprese e, seppur impreciso, è considerato in grado di anticipare le variazioni del Pil. Il calo del Pmi, spiega Chris Williamson, capo economista di Markit, «è deludente e indica per l'economia dell'Eurozona una nuova contrazione nel primo trimestre del 2013, la quarta consecutiva». Il parametro sarebbe in linea con una flessione dello 0,2-0,3%, dopo il calo dello 0,6% nel quarto trimestre 2013.
In Germania, la componente del settore dei servizi è scesa da 55,7 di gennaio a 54,1, restando comunque saldamente nell'area che indica espansione. Il manifatturiero, invece, è tornato sopra quota 50 per la prima volta da un anno. Gli ordini dall'estero hanno accelerato, nonostante il recente apprezzamento dell'euro, grazie soprattutto a una ripresa della domanda dai Paesi asiatici. I dati sono in linea con il balzo della fiducia degli investitori e suggeriscono che l'economia tedesca potrebbe archiviare in fretta la contrazione registrata nell'ultima parte del 2012 (-0,6%), tornando a crescere, dello 0,4% secondo Markit, già nella prima parte del 2013.
Tutt'altra storia quella raccontata dai dati francesi. I servizi accentuano la frenata (a 42,7 da 43,6) ai massimi dall'inizio del 2009. L'industria resta lontana dalla ripresa, a quota 43,6 seppure in crescita da gennaio. Dati che fanno prevedere una contrazione del Pil dello 0,7% nel primo trimestre, dopo il -0,3% dell'ultima parte del 2012.
Il divario tra le due economie, sottolinea Markit, non è mai stato così ampio da quando ha cominciato a rilevare l'indice, nel 1998. La Francia, secondo la società di Londra, ha ormai una dinamica più simile a Italia e Spagna che non alla Germania. Oggi la Commissione europea pubblicherà le nuove previsioni di crescita per il 2013 e ci si aspetta una revisione al ribasso allo 0-0,1%, ancora meno dello 0,2% stimato dal Governo di Parigi, mentre alcuni economisti temono addirittura una contrazione. «Lo stato di debolezza che attraversa il settore dei servizi e dell'industria - spiega Jack Kennedy, di Markit - lascia poco spazio all'ottimismo: ordini alle imprese, occupazione e prezzi alla produzione sono a livelli da depressione. Le imprese denunciano una generale mancanza di fiducia che spinge i clienti a rimandare gli ordini, alimentando la spirale al ribasso».
Lo stato di difficoltà registrato dal Pmi dell'Eurozona conferma le preoccupazioni espresse dal presidente della Bce, Mario Draghi, all'inizio della settimana. Il miglioramento del clima sui mercati finanziari non si sta trasmettendo all'economia reale e bisognerà aspettare ancora a lungo perché accada. La Bce stima per il 2013 una flessione del Pil dello 0,3 per cento. L'Eurotower ha sottolineato che la sua politica monetaria è già espansiva, ma i nuovi dati faranno aumentare le pressioni per un taglio dei tassi.
L'indice Pmi ha influenzato sia i mercati azionari che i cambi e, sommandosi ad altri fattori (l'incertezza per le elezioni italiane e i dubbi della Fed sulle politiche di espansione monetaria), ha spinto l'euro ai minimi da sei settimane sul dollaro, fin sotto quota 1,32. «L'unica nota positiva del Pmi - afferma Peter vanden Houte, di Ing - è che ora i mercati capiranno che la ripresa dell'Eurozona sarà lunga e difficile e toglieranno un po' di spinta all'apprezzamento dell'euro».