(Cina) Pechino teme la bolla immobiliare (Vittorio Da Rold, Sole 24 Ore, 23 febbraio 2013)

23.02.2013 10:18

Mentre l'Eurozona va in recessione (-0,3%) in Cina c'è il problema opposto: quello di evitare l'esplosione della bolla immobiliare. I prezzi delle nuove abitazioni sono aumentati nella maggior parte delle città-campione per il terzo mese consecutivo, un campanello d'allarme serio che ha aggiunto nuova pressione sul governo di Pechino per varare politiche restrittive così da evitare bolle speculative e crescita dell'inflazione.
I prezzi immobiliari sono saliti, da dicembre a gennaio, in 53 su 70 città del campione sotto osservazione, contro le 54 del mese precedente, che era già stato il maggior incremento registrato dal mese di aprile 2011, secondo i dati forniti dall'Ufficio nazionale di statistica cinese. Nelle altre dieci città i prezzi sono scesi, mentre nelle altre sette sono rimasti invariati.
Shenzhen, al confine con la città con le case più care al mondo, cioè Hong Kong, i prezzi sono balzati del 2,2% in un mese, come pure a Shanghai e a Pechino. Dopo che il premier Wen Jiabao ha annunciato delle restrizioni all'acquisto di case per frenare la corsa a incrementi di prezzi «troppo veloci», la Borsa di Shanghai ha accusato il colpo perdendo terreno e registrando la flessione settimanale peggiore dal mese di settembre. Insomma l'aria è proprio cambiata: la Banca centrale cinese, dopo i due allentamenti dei tassi nell'estate dello scorso anno, ora potrebbe modificare rotta e stringere la politica monetaria dopo aver già drenato liquidità sul mercato monetario a ritmi da record questa settimana per 146 miliardi di dollari. A guidarla potrebbe essere ancora l'attuale governatore Zhou Xiaochuan, che secondo indiscrezioni raccolte dal Wall Street Journal dovrebbe essere confermato per dare continuità all'azione della banca centrale.
Basterà a fermare la bolla? «Crediamo che il governo inasprirà la politica monetaria quest'anno per contrastare l'inflazione e i rischi finanziari», ha commentato Zhang Zhiwei, capo economista di Nomura Holdings a Hong Kong. «La corsa dei prezzi degli immobili – ha detto Zhang – costringerà il governo ad aumentare i tassi nei prossimi mesi».
I segnali sono inequivocabili: il discorso del premier Wen e il drenaggio di liquidità operato questa settimana dalla banca centrale dal sistema finanziario non lasciano dubbi sulla volontà del governo. Già in un rapporto di dicembre, la Banca aveva anticipato la necessità di controllare il livello dei prestiti troppo facili, anche fuori dal canale bancari.
Wen ha anche ribadito che «tutte» le città con aumenti dei prezzi eccessivi dovranno imporre restrizioni all'acquisto di casa. E la nuova dirigenza cosa pensa in proposito? Li Keqiang, destinato a sostituire Wen come premier il mese prossimo, nel corso della riunione annuale del Parlamento, non sembra discostarsi dalla linea restrittiva di Wen.
Funzionerà la mossa di Pechino? C'è incertezza sull'esito della svolta. Non è infatti la prima volta che il governo cinese cerca di frenare la bolla immobiliare: da quasi tre anni sta cercando di frenare l'ascesa dei prezzi aumentando i requisiti per ottenere i mutui, imponendo una tassa di proprietà per la prima volta a Shanghai e Chongqing e varando altre restrizioni all'acquisto di case in altre 40 città. Mosse che finora non hanno avuto grande successo.
Dariusz Kowalczyk, analista a Hong Kong del Crédit Agricole Cib, prevede che Pechino varerà una stretta creditizia ma nello stesso tempo mitigherà la politica di bilancio, visto che il Pil crescerà dell'8,5% quest'anno, dopo una crescita "solo" del 7,8% nel 2012, la più bassa negli ultimi 13 anni.
Il fenomeno del surriscaldamento economico sembra esteso ad altre parti dell'Asia. Anche l'economia di Singapore, ad esempio, è cresciuta più delle stime nel quarto trimestre 2012 (+3,3% annualizzato), a testimonianza di un clima di recupero della regione, confermato dalle ottime performance annunciate nei giorni scorsi da Thailandia (+18,9% annualizzata, un dato però gonfiato dal confronto con le alluvioni nel 2011) e Malaysia (+6,4%). Buone notizie per chi come l'Eurozona cerca disperatamente mercati dove esportare.