(Cina/Giappone) L’emergenza inquinamento in Cina arriva anche in Giappone (Chiara Radini, Meridiani, 28 febbraio 2013)
Nuovo picco di inquinamento questa mattina nella capitale cinese. Alle 10 la stazione di rilevamento dell’ambasciata americana a Chaoyang (nord-est di Pechino) ha registrato un livello di PM 2.5 (il particolato fine con diametro inferiore a 2,5 µm) beyond index, cioè superiore a 500. E come accade ogni mattina migliaia di pechinesi – cinesi e waiguoren, stranieri –, hanno tirato un sospiro di sconforto quando hanno acceso i loro smartphone e l’app collegata alla stazione di Chaoyang ha dato loro l’infausta notizia.
A fine mattinata sembra poi essersi scatenata una tempesta di vento misto a sabbia che ha fatto scendere a quota 300 il particolato. L’aria resta però irrespirabile ed è raccomandato ai gruppi sensibili (anziani, bambini e chiunque soffra di disturbi respiratori) di restare all’interno delle abitazioni e di non svolgere attività fisica all’aperto.
All’oltre miliardo di cinesi che iniziano a manifestare insofferenza verso il perenne allarme inquinamento si è ora aggiunto anche il Giappone. Negli ultimi giorni il governo di Tokyo si è trovato a far fronte a un’emergenza ambientale dovuta alle nubi di inquinamento che dai cieli cinesi vengono spinte dai venti sul Giappone. Specialmente nelle regioni occidentali del paese la popolazione ha iniziato a protestare e a domandare al governo protezione dalla nube tossica proveniente da est.
In materia ambientale il Giappone utilizza gli standard di misurazione americani che classificano livelli di PM 2,5 superiori a 35 come dannosi per la salute umana. Negli ultimi giorni invece si sono registrati picchi superiori a 70 (che per i pechinesi significa in pratica cielo pulito) che hanno costretto il governo a raccomandare alla popolazione di non uscire di casa. Kasumi, una studentessa giapponese appena arrivata a Pechino, sostiene che oggi per i giapponesi la minaccia dell’inquinamento proveniente dalla Cina sia ben più spaventosa delle radiazioni ancora in circolazione dal terremoto del 2011.
A Pechino il vento continua a soffiare e gli smartphone ci rassicurano: emergenza passata, siamo solo a 168.