Brevi dal mondo - Misna (18 dicembre 2013)

18.12.2013 14:00

- (Sud Sudan). LEADER RELIGIOSI “FERMARE LA VIOLENZA PRIMA CHE SIA TARDI”

“Qualsiasi cosa sia accaduta negli ultimi giorni a Juba, siamo molto preoccupati per le conseguenze”: lo scrivo i leader religiosi del Sud Sudan in un messaggio diffuso mentre la situazione in città – teatro di scontri armati dalla notte di domenica – non è ancora tornata alla normalità. “C’è un problema politico all’interno dell’Splm, sottolineano i religiosi, che non andrebbe trasformato in uno scontro etnico. Purtroppo, sul terreno, questo sta già accadendo. Ma è una deriva che va fermata prima che sia troppo tardi”.

I vescovi affermano che “la riconciliazione tra i leader politici è necessaria” e che “la violenza non è in alcun modo accettabile come mezzo per risolvere le controversie”.

“Siamo preoccupati dall’insicurezza crescente. Oggi avrebbe dovuto essere un giorno come tanti altri e invece combattimenti, uccisione e saccheggi sono tuttora in corso. L’esercito dev’essere controllato. Chiediamo alle forze di sicurezza, che sono i nostri fratelli, i nostri figli e i nostri cari, di esercitare il massimo autocontrollo nel rispetto dei civili” prosegue il messaggio.

“Esortiamo i civili a restare calmi e a rimanere in luoghi sicuri” insistono i prelati, appellandosi alle Nazioni Unite e alle ong sul posto “perché assicurino assistenza umanitaria agli sfollati”.

“Quest’anno il Natale si preannuncia diverso da come ci aspettavamo” conclude il testo del messaggio, letto alla televisione nazionale e alla radio dall’Arcivescovo di Juba Paulino Lukudu Loro a nome dei rappresentanti delle chiese sud sudanesi, che invita a “pregare per la pace, riconciliazione e guarigione del nostro giovane paese”.

- (Global). GIORNATA DEI MIGRANTI, “AGIRE SUBITO PER IMPEDIRE ALTRE MORTI”

Da Lampedusa, ai Caraibi, ai mari dell’Indonesia, il 2013 potrebbe essere stato l’anno più costoso in termini di vite umane per i migranti che cercano di attraversare con qualsiasi mezzo le frontiere del pianeta.

“Non sapremo mai il bilancio complessivo vero, perché molti migranti muoiono anonimamente nei deserti, negli oceani, o in altri incidenti” ha detto William Swing, direttore generale dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim/Iom), in occasione, oggi, della Giornata internazionale dei migranti. “Tuttavia – ha aggiunto – le nostre cifre mostrano che almeno 2360 migranti sono morti quest’anno mentre inseguivano il sogno di una nuova vita. Questa gente è disperata; neanche la paura concreta della morte impedisce loro di intraprendere il viaggio”. Se la comunità internazionale non adotta in modo immediato misure efficaci per risolvere alla radice le cause dell’immigrazione “irregolare”, la perdita di altre vite umane sarà inevitabile, ha avvertito Swing.

Le aree considerate più a rischio per i migranti oggi sono quella di confine tra Messico e Stati Uniti e le rotte desertiche dall’Africa Occidentale alla Libia: qui si muore per incidenti stradali, violenze di bande criminali, ma anche di fame e di sete. “In questa giornata vogliamo concentrarci sul benessere e la sicurezza dei migranti. L’Oim chiede di rafforzare le politiche esistenti o svilupparne di nuove per proteggere i diritti umani di coloro che lasciano la casa per cercare migliori opportunità. Siamo pronti ad assistere i nostri Stati membri e altri partner nello sviluppo e nell’attuazione delle politiche” ha detto ancora Swing.

Ma la tendenza è alla chiusura delle frontiere: anche paesi che fino a poco fa tenevano ancora le porte aperte all’ingresso di migranti hanno cominciato a sbarrarle, a detrimento dei più poveri e bisognosi. L’Oim/Iom ha constatato un legame diretto fra l’irrigidimento dei controlli ai confini e l’aumento del traffico di esseri umani, un “affare” del valore stimato di 35 miliardi di dollari l’anno.

“È il momento di agire e salvare le vite dei migranti che altrimenti morirebbero nel tentativo di raggiungere nei modi più disperati frontiere sempre più ristrette. Chiediamo misure – ha insistito Swing – per consentire ai datori di lavoro nei paesi con carenza di manodopera di avere accesso ai potenziali migranti per lavorare e dobbiamo fare in modo che queste persone non siano sfruttate o esposte alla violenza di genere”.

- (Somalia). MOGADISCIO, SEI MEDICI UCCISI IN UN AGGUATO

Sei medici, tre siriani e tre somali, sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco in un agguato alle porte di Mogadiscio. Lo riferiscono fonti locali secondo cui i dottori sono caduti in un’imboscata mentre si recavano alla clinica di Afgoye, una trentina di chilometri a sud della capitale. Nell’attacco sarebbero rimaste uccise anche due guardie del corpo mentre altri due medici, un somalo e un siriano risultano feriti.

Esponenti dell’insurrezione al Shabaab, in armi contro il governo centrale, avrebbero smentito ogni coinvolgimento nella vicenda, una drammatica testimonianza della persistente insicurezza nel paese, infestato da bande armate e gruppi criminali.

Nell’agosto scorso, dopo una presenza ultraventennale nel apese, l’organizzazione Medici senza frontiere (Msf) annunciò la chiusura dei suoi programmi in Somalia in seguito agli “attacchi indiscriminati contro il proprio personale”. Msf rivolse pesanti accuse alle autorità di Mogadiscio “che tollerano e in qualche modo sostengono il brutale assassinio e i sequestri di operatori umanitari”.

- (Sudafrica). COALIZIONE TRA CINQUE PARTITI IN VISTA DELLE ELEZIONI

Cinque partiti di opposizione hanno costituito un’alleanza in vista delle elezioni politiche in programma in Sudafrica ad aprile. Collective for Democracy, questo il nome della coalizione, mira a contrastare l’egemonia esercitata sin dalla fine del regime di apartheid dall’African National Congress (Anc).

Dell’alleanza, riferisce oggi il quotidiano Mail & Guardian, fanno parte African Christian Democratic Party, Congress of the People, Freedom Front Plus, Inkatha Freedom Party e United Christian Democratic Party. “Il partito di governo ha manovrato in modo cinico in tutti i settori della società consolidando il proprio potere e alimentando la corruzione” ha detto ieri sera Mosiuoa Lekota, presidente di Congress of the People, una formazione nata nel 2008 da una scissione interna all’Anc.

L’accordo di coalizione è stato annunciato pochi giorni dopo la fine del lutto nazionale per la morte di Nelson Mandela, eroe della lotta contro l’apartheid divenuto primo presidente del Sudafrica democratico dopo la vittoria dell’Anc alle elezioni del 1994. L’alleanza tra i partiti è basata su una piattaforma programmatica di 20 punti, nella quale spiccano l’impegno per l’istruzione e contro una controversa legge sull’informazione.

Con l’avvicinarsi della scadenza elettorale il panorama politico del Sudafrica sta mutando. Nei mesi scorsi sono nati due nuovi partiti, Agang ed Economic Freedom Fighters, decisi a rendere più difficile l’ennesima affermazione dell’Anc e la rielezione del suo presidente Jacob Zuma.

- (Cile). DITTATURA, CHIUSO CASO MATTHEI-BACHELET

Il giudice Mario Carroza ha dato per concluso il procedimento contro l’ex comandante in capo della Forza Aerea del Cile Fernando Matthei, prosciogliendolo da qualsiasi responsabilità nella morte del generale Alberto Bachelet nel 1974, un anno dopo la presa del potere da parte del dittatore Augusto Pinochet (1973-1990). La causa contro il padre dell’ex candidata alla presidenza della destra, seccamente sconfitta domenica scorsa alle urne dalla socialista Michelle Bachelet, figlia del generale deceduto, viene così archiviata per mancanza di prove a carico dell’accusato.

Il giudice ha allo stesso tempo confermato i colonnelli a riposo Ramón Cáceres Jorquera e Edgar Cevallos Jones come presunti coautori del crimine, commesso nell’Accademia della Guerra di Santiago, dove venivano relegati, torturati e uccisi gli oppositori del regime. “Applicavano diversi metodi di coercizione, trattamenti crudeli, disumani, degradanti, esercitando pressioni psicologiche e fisiche” dice fra l’altro Carroza negli atti. Per tre volte la ‘Agrupación de Familiares de Ejecutados Políticos’ (associazione dei familiari dei giustiziati politici) aveva chiesto, senza successo, un processo a Matthei per la morte del generale Bachelet, l’ultima volta a ottobre, nel pieno della campagna per le presidenziali.

Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, il generale Bachelet fu rinchiuso nell’Accademia della guerra, diretta dal generale Matthei, per essere rimasto leale al presidente democratico Salvador Allende dopo il golpe dell’11 settembre 1973. A lungo, nella versione ufficiale dei fatti la morte di Bachelet fu definita “naturale”, fino a quando è stato stabilito che morì per le torture sofferte durante la reclusione. La famiglia Bachelet non ha mai pubblicamente ritenuto il generale Mattehi in alcun modo coinvolto nella vicenda.

Secondo testimonianze dell’epoca, prima del golpe i due ufficiali avevano intessuto un’amicizia, essendo destinati alla stessa base militare: con l’arrivo di Pinochet presero due strade opposte. Anche le loro figlie crebbero insieme ma si separarono quando Bachelet fu perseguitata dalla dittatura e costretta all’esilio, mentre la famiglia Matthei entrava a far parte dei nuovi circoli del potere.

(Nigeria/Global). IL PRIMO DRONE “MADE IN NIGERIA”

Si chiama Gulma, che in lingua Hausa vuol dire “chiacchiera”, e dovrebbe avere come compito prioritario la “raccolta di dati di intelligence”. È il primo drone prodotto in Nigeria, presentato questa settimana durante una cerimonia alla quale ha partecipato il capo dello Stato Goodluck Jonathan.

Il velivolo senza pilota, Uav nell’acronimo inglese, è stato realizzato dagli esperti dell’Aviazione militare nel quadro di un progetto avviato nel 2005. Secondo il ministro dell’Informazione Labaran Maku, “Gulma garantisce alle Forze armate opportunità immense nell’acquisizione di dati di intelligence e nella lotta alla criminalità, soprattutto alla luce delle sfide in termini di sicurezza che il paese sta affrontando”. Da maggio l’esercito nigeriano sta conducendo un’offensiva contro Boko Haram, un gruppo armato di matrice islamica, nelle regioni nord-orientali ai confini con Camerun, Ciad e Niger.

Oggi sono 87 i paesi nel mondo, e tre in Africa, che dispongono di droni e li usano in operazioni di sorveglianza sul proprio territorio o all’estero. Gli aerei senza pilota, d’altra parte, possono essere vere e proprie macchine di guerra: Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele li hanno utilizzati più volte per lanciare missili telecomandati.