Brevi dal mondo - Misna (18 dicembre 2013)

18.12.2013 10:46

- (Sud Sudan). RIEK MACHAR NEGA IL GOLPE: “KIIR PRESIDENTE ILLEGITTIMO”

“Non c’è stato alcun tentativo di colpo di stato e io non sono coinvolto in nessun complotto contro il governo”: lo ha detto l’ex vicepresidente Riek Machar smentendo quanto riferito negli ultimi due giorni dalle autorità di Juba che hanno accusato Machar e alcuni suoi alleati, di aver messo a segno un tentato golpe sventato dalle forze di sicurezza.

In un’intervista esclusiva al Sudan Tribune da una località non specificata, la prima dall’inizio degli scontri armati in corso da domenica nella capitale sud sudanese, l’ex vicepresidente ha definito Salva Kiir Mayardit un “presidente illegittimo” che “viola impunemente la Costituzione perseguendo i propri interessi”.

Machar, che il presidente Kiir aveva bollato “profeta di sventura” e ideatore del golpe messo in atto con la complicità di elementi di etnia Nuer interni all’esercito, ha dichiarato che “il governo ha messo in piedi una macchinazione per reprimere il processo democratico e le riforme a cui il suo gruppo aspira”.

“Quello che chiediamo è una trasformazione democratica in seno all’Splm” ha detto Machar, aggiungendo, senza precisare le sue prossime mosse, che “non possiamo più accettare un presidente illegittimo e bugiardo alla guida del paese”. Ieri sera il governo sud sudanese ha diffuso una lista di una decina di politici di spicco arrestati o ricercati nell’ambito della “risposta” al fallito golpe. Tra loro figurano l’ex Segretario generale dell’Splm Pagan Amum, l’ex governatore dello stato di Unity Taban Deng e gli ex ministri Alfred Lado Gore e Adwok Nyaba.

Nelle ultime ore inoltre, fonti delle Nazioni Unite – ma non confermate in via ufficiale – hanno ipotizzato un bilancio di oltre 500 morti negli scontri in corso da domenica notte in diverse zone di Juba. Di certo al momento ci sono i bilanci forniti dalle autorità – che parlano di una quarantina di soldati uccisi e un centinaio di feriti – e circa 20.000 sfollati che hanno cercato rifugio nelle basi Onu della capitale.

- (India). VERSO APPROVAZIONE DELLA LEGGE ANTI-CURRUZIONE

L’approvazione della legge anti-tangente è stato il primo provvedimento bi-partisan da lungo tempo. Una necessità – seppure già in un tempo di contesa elettorale verso il voto del prossimo anno – per non rischiare una pesante perdita di consensi a favore di nuovi gruppi politici, come l’Aam Aadmi (Uomo comune) responsabile di una drammatica sconfitta del Congresso nelle elezini locali di New Delhi. Un provvedimento che risente fortemente della pressione della società civile e del movimento avviato da Anna Hazare ed altri che con clamorose e seguitissime manifestazioni pubbliche, inclusi scioperi della fame, hanno segnalato alla politica e alle istituzioni la vogli dell’India di uscire dal tunnel della corruzione.

Il provvedimento, la cosiddetta Lokpal Bill (Legge per il difensore civico) ha avuto molte svolte e anche arresti in 45 anni di storia e otto diversi tentativi di approvazione fino a oggi, ma alla fine ne è uscito un voto a favore, sia del partito del Congresso che guida la maggioranza di governo, sia del Bharatiya Janata Party, per il quale i sondaggi mostrano un possibile ritorno al governo del paese dopo il prossimo voto nazionale. Per una volta, il caotico parlamento indiano ha mostrato una coesione su un tema che tocca direttamente il centro del potere e del sistema di potere su cui si basa per buona parte il paese.

Il ministro degli Affari parlamentari, Kamal Nath, ha definito “storica” la giornata di ieri e ha ringraziato le partiti per avere facilitato il passaggio della legge che tuttavia, prima dell’avallo presidenziale, dovrà transitare alla Camera dei rappresentanti per l’approvazione di alcuni emendamenti. Dato il consenso di ieri e l’attenzione della pubblica opinione difficilmente ci saranno colpi di mano che potrebbero limitarne, ad esempio, l’applicazione verso il governo o i partiti.

Previsto dalla legge l’istituzione di un organismo Jan Lokpal, Tribunale dei cittadini, con ampi poteri di avviare procedimenti per corruzione contro personaggi e gruppi in posizione di potere. Contro i tentativi di escludere prima parlamentari in carica e poi i membri del governo, la società civile ha avviato iniziative di protesta che hanno portato a marce indietro e dato una spinta ulteriore al transito della legge nei vari gradi di dibattito parlamentare.

- (Mali). LEGISLATIVE: MAGGIORANZA ASSOLUTA PER COALIZIONE DI GOVERNO

Il partito del presidente Ibrahim Boubacar Keita e dei suoi alleati ha ottenuto la maggioranza assoluta alle elezioni legislative, il cui secondo turno si è svolto domenica. Lo riferiscono risultati provvisori pubblicati nella serata di ieri dalla Commissione elettorale nazionale secondo cui il Raggruppamento per il Mali (Rpm) si assicura circa 60 seggi sui 147 dell’Assemblea Nazionale e i suoi alleati, tra cui l’Alleanza per la democrazia in Mali (Adema), ne ottengono più di 50 per un totale complessivo di 115 seggi.

Dal canto suo, l’Unione per la Repubblica e la democrazia (Urd) dell’oppositore Soumalia Cissé, battuto al ballottaggio per le presidenziali, l’11 agosto, da Keita avrà a disposizione tra i 17 e 19 rappresentanti.

Il tasso di adesione al voto – riferisce ancora la commissione – si è attestato al 37,2%, un leggera diminuzione rispetto al primo turno del 24 novembre quando aveva raggiunto il 38,6% degli aventi diritto.

Secondo gli osservatori elettorali dell’Unione europea il secondo turno delle legislative – un appuntamento cruciale nel processo di archiviazione della transizione seguita al colpo di stato militare del marzo 2012 – si è tenuto “in conformità con le norme internazionali”.

- (Brasile). AMAZZONIA, DI NUOVO SOSPESA COSTRUZIONE SUPER-DIGA

Per la seconda volta in un mese il Tribunale regionale federale della Prima Regione, con giurisdizione su gran parte dell’Amazzonia, ha ordinato la sospensione dei lavori di costruzione della mega-centrale idroelettrica di Belo Monte, a cui si oppone un vasto e variegato fronte della società civile, in testa i popoli indigeni e i pescatori che saranno costretti a lasciare l’area.

La corte ha accolto una richiesta dei pubblici ministeri dello Stato amazzonico del Pará, che hanno denunciato il mancato rispetto di condizioni imposte dalla licenza ambientale provvisoria concessa all’azienda incaricata del progetto. I pm hanno chiesto che la costruzione della diga resti sospesa fino a quando i responsabili non accoglieranno pienamente i requisiti tecnici previsti dall’Istituto brasiliano dell’Ambiente (Ibama) per l’autorizzazione a operare.

La corte ha peraltro fissato una multa giornaliera di mezzo milione di reais (circa 200.000 euro) se l’azienda ignorerà il divieto e ordinato alla Banca nazionale di sviluppo economico e sociale (Bndes) di interrompere l’erogazione di nuove risorse fino a quando la situazione non sarà risolta.

Cominciati nel marzo del 2011, i lavori erano stati inizialmente sospesi all’inizio del 2012 e sono periodicamente interrotti da scioperi dei circa 27.000 operai che lavorano nei cantieri: il Supremo tribunale federale (Stf) aveva infine autorizzato la ripresa dei lavori, ma la giustizia del Pará ha continuato a presentare ricorsi per fermare quello che gli ambientalisti brasiliani chiamano “Belo Monstro” .

Con una potenza prevista di 11.233 megawatt – ma solo nei periodi di piena del fiume Xingu – e un costo stimato pari a otto miliardi di euro, Belo Monte è concepita per diventare la terza centrale idroelettrica al mondo dopo quella delle Tre Gole, in Cina, e di Itaipú, alla frontiera tra Brasile e Paraguay. Il progetto è fortemente contestato per gli enormi impatti ambientali e sociali sull’Amazzonia brasiliana: finanche la Commissione Interamericana dei diritti umani, organismo dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa), ha raccomandato la sospensione dell’opera.