Brevi dal mondo - Misna (17 dicembre 2013)

17.12.2013 17:49

- (Mali). LEGISLATIVE: IN VANTAGGIO PARTITO PRESIDENTE, PLAUSO OSSERVATORI

Sulla base dei prima dati ufficiosi del ballottaggio delle legislative, è in posizione di netto vantaggio il Raggruppamento per il Mali (Rpm), il partito del presidente Ibrahim Boubacar Keita. Lo riferiscono fonti di stampa locale sottolineando che la vittoria dell’Rpm è assicurata a Kita, la capitale dell’arachide, Koro, Ségou, Kati, San e Nioro del Sahel. A Bamako il partito di Keita sarebbe in testa in tutti i Comuni meno che nel primo, nel quale si è affermata la lista Codem-Cnid. I primi risultati sono stati diffusi dalle sedi centrali dei principali partiti, ma per quelli completi e ufficiali bisognerà aspettare il 20 dicembre, quando saranno annunciati dal ministero dell’Amministrazione territoriale; lo spoglio delle schede è terminato e sta procedendo l’aggregazione dei dati. Dopo eventuali ricorsi, sarà la Corte costituzionale a proclamare i dati definitivi. Nonostante la frammentazione politica del paese, secondo alcuni osservatori l’Rpm potrebbe ottenere la maggioranza dei 147 seggi dell’Assemblea nazionale.

Intanto per gli osservatori elettorali dell’Unione europea il secondo turno delle legislative si è tenuto “in conformità con le norme internazionali” ha detto Louis Michel, capo della missione di Bruxelles. La valutazione sullo svolgimento delle operazioni di voto è stata “molto buona” o “buona” nel 98% dei 705 seggi osservati. Il rapporto Ue, intitolato “l’ordine democratico è di ritorno in Mali”, sottolinea che il secondo turno “conclude il processo di ricostruzione istituzionale che appariva molto difficile dopo il dramma subito dal paese”. Secondo Michel la creazione di un parlamento eletto dovrebbe ora consentire al Mali di “ricominciare per occuparsi pienamente di sviluppo, istruzione e riconciliazione”. La missione europea non ha rilasciato alcun commento sul tasso di affluenza alle urne che si preannuncia basso, e forze inferiore al già limitato 38% registrato al primo turno dello scorso 24 novembre. Gli osservatori della missione elettorale della Caritas Mali hanno invece riconosciuto che il voto, svoltosi “regolarmente” nella “calma” e nella “serenità”, non ha suscitato “lo stesso fervore rispetto al primo turno e ancora meno l’euforia che ha contraddistinto le presidenziali”. Nel rapporto odierno la locale Caritas esprime anche “profondo riconoscimento al popolo maliano per il suo elevato senso di responsabilità nel preservare lo spirito di pace lungo l’intero processo elettorale”.

Dopo l’elezione di Keita lo scorso agosto, anche le legislative hanno rappresentato un appuntamento “cruciale” con le urne per archiviare la transizione politica avviata dopo il colpo di stato militare del marzo 2012.

- (Central African Republic). TENSIONE A BOSSANGOA, A BANGUI LENTO RITORNO ALLA NORMALITÀ

“In città c’è un clima di calma precaria e la tensione è chiaramente palpabile. Da una parte ci sono i musulmani, raggruppati a sud della scuola pubblica, e dall’altra ci sono i cristiani e gli animisti. Le due comunità si guardano in cagnesco e la diffidenza è grande”: lo dice alla MISNA monsignor Désiré Nestor Nongo Aziagbia, vescovo di Bangassou, importante località nord-occidentale già teatro nelle scorse settimane di violenze intercomunitarie che hanno causato decine di vittime e 40.000 sfollati ammassati alla sede dell’arcivescovado.

“Ancora ieri a nord di Bossangoa 12 donne sono state fermate da uomini della Seleka e sono state uccise. Nel contempo ci sono gruppi di giovani che attaccano i negozi dei musulmani” prosegue l’interlocutore della MISNA. “Stiamo coinvolgendo i giovani cristiani in un percorso di sensibilizzazione e in ogni occasione lanciamo messaggi a favore del rispetto dell’Altro nella sua integrità fisica e morale. A nome di Dio non si possono commettere vendette ed esazioni” insiste monsignor Aziagbia, aggiungendo che attorno alla città c’è una presenza “non meglio quantificata” di ex ribelli Seleka e di esponenti delle milizie di autodifesa Anti-Balaka. A garantire la sicurezza di Bossangoa ci sono elementi congolesi della missione dell’Africa centrale (Fomac) e dall’inizio del mese anche una “folta presenza” di truppe francesi dell’operazione Sangaris.

Nel frattempo a Bangui fonti locali della MISNA riferiscono di un “lento ritorno alla normalità” al centro della capitale, con la riapertura di piccoli negozi e le persone che cominciano a uscire di casa in cerca di provviste. Rimane invece ancora molto “tesa” e “incerta” la situazione in alcuni quartieri “più caldi” della capitale, epicentro delle violenze dell’ultimo periodo tra Seleka e Anti-Balaka. Tra questi c’è Boy-Rabe, quartiere settentrionale feudo dell’ex presidente François Bozizé, considerato un riparo dei miliziani Anti-Balaka. Dalle prime ore del giorno a Boy-Rabe l’esercito francese sta svolgendo un’operazione di sicurezza e disarmo.

Al di là delle tensioni latenti tra le due comunità, la capitale deve anche fare i conti con una crisi umanitaria che coinvolge 189.000 sfollati accolti in vari campi profughi improvvisati. Il Programma alimentare mondiale (Pam), impegnato nella distribuzione di cibo, ha avvertito che almeno un terzo dei centrafricani patisce la fame e che la situazione è destinata ad aggravarsi. Mesi di insicurezza e scontri hanno impedito alla gente di andare a lavorare nei campi e buona parte dei raccolti è andata persa. Nelle ultime ore, nonostante la chiusura del confine, almeno 2000 rifugiati centrafricani in fuga da Bangui sono arrivati nella città congolese di Zongo, dall’altra parte del fiume Oubangui. Dai primi di dicembre l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati in Repubblica democratica del Congo ha registrato 3212 centrafricani, che si aggiungono agli altri 44.000 già presenti da tempo nel paese dei Grandi Laghi.

- (Argentina). GOVERNO ANNUNCIA AUMENTI SALARIALI PER FORZE DI SICUREZZA

Un aumento salariale “per tutti i membri delle quattro forze di sicurezza federali” che entrerà in vigore all’inizio del prossimo anno: lo ha annunciato il capo di gabinetto, Jorge Capitanich, precisando che il decreto apparirà sulla Gazzetta ufficiale di domani, con l’ammontare esatto dell’incremento.

Già lo scorso fine-settimana Capitanich aveva preannunciato un “riconoscimento” alle forze di sicurezza federali per il loro servizio nel ristabilire l’ordine dopo i violenti saccheggi registrati in una ventina di province. Il capo di gabinetto ha voluto puntualizzare che l’aumento salariale è diretto a “tutti” gli elementi della Polizia federale, della Gendarmeria, della Prefettura navale e della Polizia di sicurezza aeroportuale e non solo ai 12.000 effettivi mobilitati a fronte dei gravi incidenti innescati da un’ondata di scioperi proclamati dalla polizia proprio per ottenere benefici salariali. “Si tratta di un chiaro e importante riconoscimento alle forze di sicurezza” ha insistito anche il ministro della Sicurezza, Sergio Berni.

Dopo una settimana di violenze e saccheggi il conflitto sembra essersi spento lo scorso fine-settimana dopo che la polizia di Salta, nel nord-ovest, di La Pampa, nel centro, e di Mendoza, nell’ovest dell’Argentina, hanno accettato gli aumenti proposti dai governi locali.

Ma la tensione non si è abbassata: per giovedì e venerdì, anniversario dei giorni più difficili della grave crisi sociale ed economica che colpì il paese nel 2001, il governo centrale ha messo a punto uno speciale piano di sicurezza per prevenire nuovi saccheggi.

- (Israel). MIGRANTI AFRICANI PROTESTANO A GERUSALEMME, ARRESTATI

“Siamo in pericolo, non pericolosi” e ancora “Rifugiati non è uguale a criminali”: sono alcuni degli striscioni branditi da circa 200 migranti africani che hanno manifestato oggi davanti alla Knesset e e all’ufficio del primo ministro a Gerusalemme contro la nuova legge sull’immigrazione. Il gruppo era partito ieri dopo essere evaso dal centro di detenzione di Holot, nel deserto del Negev, alla volta della capitale.

Con loro, a manifestare, c’erano diverse decine di attivisti per i diritti umani. La polizia – secondo le ricostruzioni fornite in tempo reale sui social network – è intervenuta con la forza, ha arrestato i migranti presenti e li ha rispediti nel centro di detenzione.

Per la maggior parte si tratta di sudanesi, provenienti dal Darfur. Sono evasi dal nuovo centro di detenzione domenica e hanno passato la notte scorsa nella stazione centrale di Beersheva, poi si sono riposati in un Kibbuz e infine hanno raggiunto Gerusalemme a bordo degli autobus messi a disposizione da volontari.

In base alla nuova normativa, i migranti sono liberi di uscire dal centro durante il giorno, ma devono rientrare la notte. Ma essendo situato nel mezzo del deserto, Holot è di fatto “una prigione” secondo gli attivisti . La legge prevede inoltre che i migranti irregolari restino fino ad un anno in questa sorta di ‘limbo’ che non prevede alcun procedimento giudiziario. Il governo, in alternativa, offre a coloro che scelgono il rimpatrio volontario, una somma di denaro.