Afghanistan. Nel silenzio delle montagne, la ricostruzione di Badakhshan (Misna)

14.05.2014 16:21

La frana che il 2 maggio ha sepolto centinaia di persone nella provincia di Badakhshan, nel nord-est del paese, ha rivelato al mondo la povertà estrema di questa zona montagnosa e allo stesso tempo messo in evidenza uno dei paradossi degli aiuti occidentali al paese: questa regione, popolata da Tagiki e Uzbeki che hanno sostenuto l’invasione guidata dagli Stati Uniti in Afghanistan nel 2001, ha ottenuto molto meno aiuto di quelle a sud e ad est, roccaforti dei militanti talebani.

Negli ultimi dieci anni, gran parte del finanziamento dell’Agenzia per lo sviluppo internazionale degli Stati Uniti (Usaid), secondo un rapporto del Comitato del senato per gli affari esteri degli Stati Uniti (2011), è stato speso nelle roccaforti degli insorti come parte della strategia di Washington di vincere i “cuori e le menti” della popolazione locale. Negli ultimi dieci anni, una quota sproporzionata di aiuti degli Stati Uniti, ossia circa i due terzi di tutta l’assistenza allo sviluppo in Afghanistan, è finita nelle province meridionali, dove è stata utilizzata per raggiungere obiettivi politici e militari.

Nel sud del paese, per la sicurezza della città di Kandahar, una volta una delle città più violente, si sono investiti capitali per il miglioramento delle strade, degli edifici comunali, dei centri sanitari e delle scuole. Mentre costosi progetti per dare elettricità a Kandahar e a Heldmand, due roccaforti dei talebani, sono stati ritardati per anni a causa di problemi con gli appaltatori.

La provincia di Badakhshan, un tempo punto di sosta sulla famosa Via della Seta, è rimasta uno dei luoghi più poveri della terra. Fondi per progetti di sviluppo qui non sono arrivati. Nella zona passa solo una strada asfaltata, che collega la città di Faizabad a Kunduz e da questo centro alla capitale Kabul. Nell’interno della provincia si viaggia ancora con asini e cavalli e le case dei villaggi sono principalmente fatte con mattoni di fango. Oltre il 60% della popolazione, secondo i dati dell’Ufficio di coordinamento delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha), vive al di sotto della soglia della povertà.

I programmi di ricostruzione del “dopo frana” sono affidati principalmente alla Germania che insieme ad organizzazioni non governative si è fatta presente nell’area di distruzione realizzando anche, lungo le pendici delle montagne, piccoli impianti idroelettrici.