(Corea del nord/Cina) Con il test nucleare la Corea del Nord sfida la Cina e il mondo (Niccolò Locatelli, Limes online, 12 febbraio 2013)
Nella mattinata del 12 febbraio 2013 la Corea del Nord ha condotto "in maniera sicura e perfetta" un test nucleare, il terzo nella storia del paese dopo quelli del 2006 e del 2009 e il primo da quando a capo del regime c'è Kim Jong-un, il figlio di Kim Jong-il (deceduto nel dicembre 2011).
Il test è stato confermato dall'agenzia di stampa nazionale Kcna e indirettamente da istituti di vari paesi, che hanno registrato un'attività sismica compatibile con l'esplosione di un ordigno nucleare.
Il comunicato della Kcna parla di "una bomba A piccola e leggera ma con grande forza esplosiva". Ci vorrà del tempo per analizzare e verificare i dati; è probabile che l'ordigno esploso oggi avesse una potenza maggiore di quello del 2006 (1 kiloton) e di quello del 2009 (2 kiloton), ma ancora inferiore ai 15 kiloton della bomba gettata dagli Stati Uniti su Hiroshima nel 1945. Un altro aspetto da investigare, sottolinea il New York Times, è se l'arma usata in questo test era al plutonio come nel passato o all'uranio.
Pyongyang nelle ultime settimane aveva minacciato più volte di compiere questo test per rappresaglia alla condanna espressa dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu (alleato cinese compreso) dopo il test missilistico del dicembre 2012. È infine passata all'azione "per proteggere la sicurezza nazionale e la sovranità dalla feroce ostilità degli Stati Uniti", proprio nel giorno in cui Obama farà il suo discorso sullo stato dell'Unione (state of the Union address).
Il presidente degli Usa ha definito il gesto "altamente provocatorio" e chiesto un'azione "rapida e credibile" da parte della comunità internazionale, oltre a ribadire che Washington difenderà se stessa e i suoi alleati. Il timore statunitense è che la Corea del Nord si doti (in un futuro che al momento appare molto remoto) di ordigni nucleari che possano essere trasportati su missili balistici intercontinentali.
[Carta di Laura Canali]
Parole di condanna del test nordcoreano sono immediatamente arrivate anche dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, dal primo ministro giapponese Shinzo Abe, dalla Corea del Sud e dalla Gran Bretagna. La Cina ha espresso la propria "ferma opposizione" al gesto di Pyongyang. Oggi pomeriggio il Consiglio di Sicurezza dell'Onu discuterà dell'accaduto in una sessione d'emergenza.
Il regime di Kim Jong-un ha scelto di fare questo test in un momento delicato per molti paesi asiatici: non tanto perchè proprio in questi giorni sono in corso i festeggiamenti per il capodanno lunare, quanto perchè in diversi Stati la leadership politica è cambiata da poco (Giappone) o sta per cambiare ufficialmente (Corea del Sud, Cina).
Solitamente queste prove di forza a carattere militare vengono interpretate come una dimostrazione di potere da parte del leader in carica - prima Kim Jong-il, ora Kim Jong-un - e come un modo di ricompattare le Forze armate e una popolazione le cui condizioni di vita rimangono proibitive dietro alla bandiera del nazionalismo.
In questa occasione la dimensione internazionale dell'evento è particolarmente interessante: che decisioni potrà prendere il Consiglio di Sicurezza dell'Onu dopo che il test ha dimostrato che Pyongyang non reagisce come auspicato a sanzioni e dichiarazioni di condanna?
Stante l'isolamento quasi totale del regime nordcoreano, l'unico partner commerciale e politico di rilievo è la Repubblica Popolare Cinese. Ma gli inviti - non privi di toni ultimativi - alla moderazione di Pechino non sono stati ascoltati, e il suo sostegno alla risoluzione Onu di condanna per il test missilistico è stato clamorosamente ripagato con un test nucleare.
Pyongyang ha esplicitamente accusato gli Stati Uniti (con cui pure aveva raggiunto un accordo meno di un anno fa) nel comunicato della Kcna, e non lesina accuse al "regime fantoccio" della Corea del Sud. Questa volta però Kim Jong-un ha sfidato tutto il mondo, a partire dall'alleato cinese. Il test odierno dimostra che la Corea del Nord non è e non vuole essere considerata alla mercè della Cina.
[Carta di Francesca La Barbera]