(Bulgaria/Europa) Con l’austerity, l’Europa perderà anche la Bulgaria (Niccolò Locatelli, Limes online, 1 marzo 2013)

02.03.2013 08:30

Il governo di Sofia si è dimesso dopo che la popolazione era scesa in piazza esasperata dall'aumento delle tariffe di elettricità e gas. Quindici anni di liberismo e austerity imposti da Bretton Woods e da Bruxelles. I margini per cambiare politica sono ridotti. La Russia è più che uno spettatore.


[Manifestazione a Sofia. Foto © VASSIL DONEV/epa/Corbis]

L'Italia non è l'unico paese europeo privo di un vero governo e con un futuro politico incerto.

 

C'è anche la Bulgaria, il cui primo ministro Bokjo Borisov si è dimesso mercoledì 20 febbraio in seguito ai violenti scontri tra forze dell'ordine e manifestanti che protestavano contro l'aumento delle tariffe del gas e dell'elettricità. "Non voglio far parte di un governo sotto il quale la polizia picchia la gente. Ogni goccia di sangue è motivo di vergogna per noi", le sue parole. Borisov aveva cercato di rimanere in carica licenziando il capo dell'Authority per l'acqua e l'energia e il ministro delle Finanze.

 

Elezioni anticipate - di poco, visto che la legislatura era in scadenza a luglio - sono state indette per metà aprile.

 

La popolazione bulgara non è nota per scendere frequentemente in piazza, ma questa volta ha prevalso l'esasperazione. La miccia è stata l'aumento delle tariffe dell'energia, ma a essere messo sotto accusa è tutto un programma economico e un sistema politico. Potenze straniere come la Russia o presunte tali come l'Unione Europea osservano con preoccupazione l'evolversi degli eventi.

 

Il Financial Times riporta che a gennaio la spesa media per le bollette è stata di 100 euro, in un paese in cui il reddito pro capite è di 440 euro, il salario è sotto i 400 e la disoccupazione oltre il 12%. La Bulgaria, la cui valuta nazionale (il lev) è legata all'euro da cambio fisso,  è il paese con il reddito pro capite più basso dell'Unione Europea, di cui è membro dal 2007. Non essendo indipendente dal punto di vista energetico, deve importare gas e petrolio, prevalentemente dalla Russia.

 

Un inverno freddo ha fatto schizzare verso l'alto i consumi per il riscaldamento. Ma il prezzo insostenibile per i bulgari è da attribuire alla privatizzazione della distribuzione del gas, avvenuta nel 2004: il mercato è oggi in mano a sussidiarie di companies austriache (Evn) e della Repubblica Ceca (Cez, Energo Pro). Queste, nota Stratfor, hanno aumentato i prezzi in risposta al calo dei profitti registrato in Europa Occidentale.

 

La rinazionalizzazione del settore permetterebbe di abbassare le tariffe, ma peserebbe sulle finanze pubbliche. Soprattutto, rappresenterebbe una rottura con il paradigma di liberismo e austerity di cui la Bulgaria è stata un modello.

 

Dal 1997 in poi infatti Sofia ha adottato una serie di riforme in senso liberista: privatizzazioni, dismissioni di imprese pubbliche, riduzione della spesa sociale e delle tasse sulle imprese. Queste riforme, per quanto incomplete, le hanno guadagnato il consenso delle istituzioni di Bretton Woods (Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale) e dell'Unione Europea. Il governo di Borisov, eletto nel 2009, ha continuato su questa strada, tagliando ulteriormente il budget dello Stato: sono stati congelati gli stipendi e le pensioni e sono stati ritardati i pagamenti alle imprese.

 

Il programma economico dell'ultimo quindicennio ha permesso il contenimento dell'inflazione e l'afflusso massiccio di capitali esteri, garantendo alla Bulgaria una crescita sostenuta fino alla crisi del 2009, da cui il paese si sta ancora riprendendo. I benefici contabili non si sono però palesati alla cittadinanza, il cui tenore di vita non è migliorato proporzionalmente. Al tempo stesso, problemi endemici quali la corruzione e la presenza della mafia non sono stati risolti.

 

Non è detto che le elezioni portino a un cambio radicale: Sofia potrebbe pagare a caro prezzo - in termini di calo degli investimenti e degli aiuti esteri - una mossa come la rinazionalizzazione della distribuzione dell'energia. È più probabile, nota sempre Stratfor, che la Russia, unico fornitore di gas del paese, offra uno sconto temporaneo sull'acquisto del prezioso idrocarburo.

 

D'altra parte la Bulgaria è un tassello fondamentale del progetto South Stream [carta] che dovrebbe portare il gas russo in Europa Occidentale. E lo è anche del suo concorrente Nabucco, sponsorizzato dall'Unione Europea proprio per ridurre la dipendenza del Vecchio Continente dall'energia di Mosca. Nel 2013 dovrebbero iniziare i lavori per la costruzione del ramo bulgaro di entrambi i gasdotti.

 

Secondo Eurobarometro nel 2012 i cittadini bulgari sono stati tra i più fiduciosi nell'Unione Europea: l'ingresso nell'Ue, spiega l'Ecfr, è visto come un traguardo storico e un riconoscimento. Bruxelles gode quindi a Sofia di un capitale di apprezzamento fuori dal comune. Non sarebbe affatto sorprendente se, con la sua cieca insistenza sulle politiche di austerity, riuscisse a dilapidarlo.