(USA) Processo a Standard&Poor’s, l’occasione mancata di Obama (Valeria Cipollone, Limes online, 12 febbraio 2013)

13.02.2013 05:29
Il dipartimento di Giustizia degli Usa intenta una causa civile per frode contro l'agenzia di rating per cinque miliardi di dollari. Per ottenere dei risultati concreti nel mondo finanziario, l'amministrazione Obama dovrà però avviare un processo di cambiamento più generale.


[Credits: Ansa]

Tra l’amministrazione Obama e le agenzie di rating è guerra. O forse, solo una piccola, isolata battaglia. Lo scorso 5 febbraio, Il dipartimento di Giustizia americano ha dichiarato che intenterà una causa civile contro uno dei tre giganti del rating, Standard and Poor’s, e la sua holding McGraw Hill. L’agenzia è accusata di aver frodato gli investitori, coprendo il rischio reale degli Rmbs (Residential mortgage-backed securities - legati a mutui immobiliari) e dei Cdo (Collateralized debt obligations) in diversi modi. La condotta di S&P avrebbe quindi contribuito a generare la crisi finanziaria del 2008.

Questo avrebbe generato perdite per le istituzioni garantite dal governo federale per cinque miliardi di dollari. S&P ha sempre difeso l’indipendenza e l’oggettività dei propri giudizi, dichiarando la sua assoluta imparzialità nei confronti del cliente-finanziatore. Com’è noto, le agenzie di rating vengono finanziate dal cliente che devono giudicare.

L’accusa sostiene che, dal 2004 al 2007, l’agenzia avrebbe intenzionalmente modificato e ritardato gli aggiornamenti dei criteri di rating e dei modelli analitici utilizzati per valutare il rischio dei citati prodotti finanziari, al fine di mantenere inalterata la quota di mercato e i relativi profitti. Inoltre, sempre con lo stesso scopo, nel periodo compreso tra marzo e ottobre 2007, S&P avrebbe gonfiato i rating su Cdo del valore di miliardi di dollari, pur essendo perfettamente a conoscenza della scadente qualità dei prodotti.

La chiave di volta dell’intera questione sta nel passaggio da opinions a misrepresentations. Le agenzie di rating hanno sempre affermato che i loro giudizi hanno il peso di un’opinione. In questo caso però, sono state esplicitamente accusate di aver dato dei pareri che, seppur “leggeri”, sono stati decisamente fuorvianti – per dirla in maniera politicamente corretta. Comunque, S&P si prepara a rispondere a tono. Il procuratore della difesa sarà John Keker, uno dei migliori del paese. Giusto per citare qualche precedente: ha difeso sia il ciclista Lance Armostrong che Andrew Fastow, in passato dirigente finanziario della Enron.

Bando ai facili entusiasmi però, perché si tratta solo di una causa civile. Come giustamente rileva Daniel Wagner sul sito dell’Associated Press, questo significa che nessuno andrà in prigione per i crimini commessi. Il massimo della pena corrisponderà a multe o a limiti imposte sulle modalità di lavoro dell’agenzia. Il caso verrà giudicato non secondo le leggi federali su azioni e obbligazioni, che, stando a quel che riporta il New York Times, sarebbero difficili da applicare, ma secondo una legge bancaria del 1989, la Financial Institutions Reform, Recovery and Enforcement Act. La Firrea tutela i contribuenti da possibili frodi perpetrate ai danni di istituzioni finanziarie garantite dal governo.

Per gli organi di giustizia, non è stato facile in questi anni intentare cause penali contro i brokers e i dirigenti di altissimo profilo coinvolti nella crisi finanziaria. Non lo è tuttora, non solo negli Stati Uniti. Lo conferma un recente articolo pubblicato sul New York Times. Olafur Hakusson, comandante della polizia islandese, da qualche tempo sta investigando sui banchieri coinvolti nelle vicende del 2008. Ha dichiarato al quotidiano americano che, a differenza dei criminali normali, in questo campo i sospettati “non si rendono nemmeno conto di aver oltrepassato la linea” e “difendono le loro azioni passo dopo passo”.
 
Gli americani non sono stati nemmeno i primi a ribellarsi alle agenzie di rating. Alla fine di maggio dello scorso anno in Danimarca, la Nykredit S/A e la Jyske Bank A/S, seguendo l’esempio della Danske Bank A/S, hanno deciso di chiudere il loro contratto con Moody’s, poiché contestavano i giudizi dell’agenzia di rating sull’emissione dei covered bonds (letteralmente "obbligazioni garantite", ossia obbligazioni bancarie caratterizzate da un rischio molto basso e da elevata liquidità). Si è trattato comunque di un caso isolato, inquadrabile in un contesto di rapporti privati.

“L’azione di oggi è un importante passo in avanti nei nostri sforzi per investigare e punire la condotta ritenuta responsabile di aver contribuito alla peggiore crisi economica della storia recente”. Così il procuratore generale Eric Holder ha commentato la decisione del dipartimento di Giustizia. Sebbene la notizia abbia raccolto entusiasmo e generato scalpore, il valore di quest’azione sembra circoscritto. Ancora una volta manca un disegno sistemico. Molti investitori infatti si sono chiesti perché Obama abbia voluto colpire solo Standard and Poor’s, lasciando fuori Moody’s e Fitch, che all’epoca hanno elargito giudizi più che generosi sui prodotti tossici.

Nel magistrale documentario Inside Job, gli interrogatori dei broker e dirigenti delle agenzie di rating sono montati in sequenza. Un susseguirsi di "noi diamo solo opinioni". Fino ad oggi, è stato complicato bilanciare i crimini con le pene.

Perché questo processo produca dei risultati nuovi e concreti, è necessario iscrivere quest'azione all'interno di un percorso più generale, che miri al cambiamento di determinate - catastrofiche - logiche finanziarie.