Sguardi (In giro per il mondo) - Misna, 10 maggio 2013
(Malawi) POLIZIOTTI ARRESTATI PER UCCISIONE MANIFESTANTI
Accusati di coinvolgimento nell’uccisione di 21 persone durante le proteste antigovernative del 2011, nove agenti di polizia sono stati arrestati: lo ha riferito l’Agenzia di stampa del Malawi (Mana) precisando che quattro ufficiali sono stati fermati nella capitale Lilongwe e altri cinque a Blantyre, una delle città teatro delle manifestazioni di due anni fa.
Il portavoce della polizia, Kelvin Maigwa, ha assicurato che i nove agenti saranno processati “in tempi molto brevi”. Nel luglio 2011 un’ondata di proteste popolari contro l’ex presidente Bingu Wa Mutharika è stata segnata da gravi violenze a Lilongwe, Blantyre e Mzuzu: nella repressione da parte delle forze di sicurezza hanno perso la vita decine di manifestanti. Dietro pressioni della società civile e della comunità internazionale, il presidente ha aperto un’inchiesta per fare luce sulla repressione delle marce contro il carovita e le politiche attuate dal suo governo. Il malcontento sociale ha riguardato non solo semplici cittadini ma anche il settore dell’insegnamento e della giustizia in rotta con l’amministrazione Mutharika. Dopo il suo decesso improvviso, il 5 aprile 2012, le conclusioni dell’inchiesta sono state trasmesse al successore, Joyce Banda: secondo il rapporto, la polizia ha utilizzato proiettili contro manifestanti disarmati.
Nonostante il cambio al vertice dello Stato, la situazione economica e sociale rimane difficile per i cittadini del Malawi. Cortei contro il carovita sono stati organizzati negli ultimi mesi: la svalutazione del kwacha del 48% rispetto al dollaro e i successivi ribassi della moneta nazionale – concertati con Banca mondiale e Fondo monetario internazionale – hanno causato un forte aumento dei prezzi che sta colpendo milioni di poveri.
(Senegal) CASAMANCE, TRATTATIVE PER LIBERARE SMINATORI RAPITI
Dopo giorni di silenzio e incertezza, si hanno le prime notizie dei 12 lavoratori, di cui tre donne, rapiti il 3 maggio nel villaggio di Kailou, nei pressi di Ziguinchor, capoluogo della regione meridionale della Casamance. Il rapimento è stato rivendicato da una fazione del Movimento delle forze democratiche di Casamance (Mfdc), la ribellione indipendentista in lotta da 30 anni con Dakar. I lavoratori, tutti cittadini senegalesi, sono impegnati in operazioni di bonifica e di sminamento dell’instabile regione per conto dell’operatore sudafricano Mechem.
“Gli accordi presi lo scorso marzo tra la società sudafricana Mechem, il governo di Dakar e il centro senegalese di sminamento non sono stati rispettati dalle parti. Nonostante cartelli e indicazioni sul posto, sono stati deliberatamente violati spazi vietati ad ogni persona straniera” recita un comunicato a firma della ribellione indipendentista, annunciando però la prossima liberazione delle tre lavoratrici trattenute. Finora la notizia del rapimento era stata confermata dal direttore locale della società sudafricana ma smentita dal governo di Pretoria. Negli ultimi mesi la ribellione indipendentista, divisa in tante fazioni, aveva espresso pareri contrastanti sullo sminamento del territorio.
Una mediazione è stata avviata dalle autorità della vicina Guinea Bissau, rappresentate dal generale Joazinho Yala, e da una ong di Bissau ‘Mon ku mon’ (‘Mano nella mano) che hanno potuto incontrare i 12 lavoratori lungo il confine tra i due paesi. I mediatori hanno anche avuto un colloquio con il capo ribelle César Attoute Badiate e una decina di combattenti autori del rapimento. Il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) è stato autorizzato a rendere visita ai prigionieri e a portarli aiuti umanitari.
(Nigeria) NASSARAWA: IMBOSCATA ALLA POLIZIA, NUMEROSE VITTIME
È di almeno 30 – ma alcune fonti nigeriane parlando di 40 – agenti di polizia uccisi il bilancio dell’imboscata tesa alle forze dell’ordine nello stato centrale di Nassarawa dalla setta locale Ombasate, composta da membri dell’etnia Eggon. Lo riferiscono fonti ufficiali secondo cui i poliziotti erano giunti nella città di Alayko per arrestare un leader del gruppo quando sono caduti vittime di un attacco che li ha colti di sorpresa.
La vicenda risale a lunedì, ma solo ieri si è diffusa la notizia e si è riusciti a ricostruire le circostanze dell’attacco.
Dal Sudafrica, dove si trova per partecipare al Forum economico mondiale dell’Africa, il presidente Jonathan Goodluck ha annunciato il suo rientro anticipato in patria, “per supervisionare personalmente gli sforzi dispiegati a sradicare le minacce contro la sicurezza nazionale”.
Lo stato centrale di Nassarawa si trova tra il nord prevalentemente musulmani e il sud a maggioranza cristiano del paese. La setta Ombasate – il cui nome significa ‘Il momento è venuto’ – è composta di cittadini dei due credi religiosi, ma anche e soprattutto di animisti, accomunati da una visione rigida e moralizzatrice della società.
Secondo la stampa nigeriana la setta, negli ultimi mesi, si sarebbe progressivamente radicalizzata a starebbe procedendo a veri e propri reclutamenti forzati di giovani.
BREVI DALL’AFRICA (Mali, Zimbabwe, Camerun, Sudafrica, Guinea Bissau)
MALI – Quattro kamikaze uccisi e due soldati feriti: è il bilancio provvisorio di due attentati suicida che si sono verificati a Menaka e Gossi, due località del nord del Mali. Nel primo attacco è stato colpito un campo dell’esercito nigerino a Menaka, 300 km ad est di Gao. “Alle 5 (ora locale) un kamikaze alla guida di un veicolo è penetrato nell’accampamento. Abbiamo aperto il fuoco e l’uomo si è fatto esplodere” ha riferito alla stampa internazionale una fonte militare nigerina. Nel secondo attentato, a Gossi, hanno perso la vita tre kamikaze mentre due soldati maliani sono stati feriti. Dallo scorso gennaio truppe maliane e francesi ma anche diversi contingenti africani sono impegnati in un’offensiva contro gruppi armati islamici e tuareg che da gennaio 2012 hanno occupato le regioni settentrionali del Mali.
ZIMBABWE – La camera bassa del parlamento di Harare ha approvato con una maggioranza dei due terzi il progetto di legge costituzionale. La settimana prossima la nuova Costituzione, che ha già ottenuto il consenso del 95% dei cittadini con un referendum tenuto lo scorso marzo, verrà sottoposta al voto del Senato. L’ultimo passaggio istituzionale prima della sua promulgazione sarà la firma del testo da parte del presidente Robert Mugabe. La nuova legge fondamentale entrerà in vigore il giorno del giuramento del futuro capo dello Stato che verrà eletto durante le prossime elezioni generali da tenersi entro la fine del 2013.
CAMERUN – Senza tenere conto delle proposte fatte dagli altri partiti, il presidente Paul Biya ha nominato 30 rappresentanti nel primo Senato mai istituito nel paese. Altri 70 senatori sono stati eletti con un voto tenuto lo scorso 14 aprile. A Yaoundé si è aperta la corsa per la presidenza del Senato, che diventerà la seconda carica dello Stato. Chi sarà scelto dovrà essere considerato il successore più accreditato all’80enne Biya, al potere da 30 anni. Tra i favoriti c’è l’ex primo ministro Peter Mafany Musongue, anglofono del sud-ovest, e Simon Achidi Achu anche lui ex capo di governo originario del nord-ovest. La stragrande maggioranza dei senatori fa parte del Raggruppamento democratico del popolo camerunese (Rdpc), il partito di Biya.
SUDAFRICA – In soli dieci minuti è stata venduta all’asta per circa 500.000 euro la casa a Johannesburg di Julius Malema, l’ex leader della Lega giovanile del Congresso nazionale africano (Anc) escluso l’anno scorso dal partito al potere. Malema doveva pagare al fisco sudafricano 18 milioni di rand di tasse. E’ stata già posta sotto sequestro una fattoria di sua proprietà nel Limpopo, la sua regione di origine.
GUINEA BISSAU – Dopo 30 giorni di sciopero nel settore dell’istruzione procedono a rilento i negoziati tra sindacati degli insegnanti e governo di transizione. La Confederazione delle associazioni studentesche della Guinea Bissau ha indetto per oggi una manifestazione davanti alla presidenza della Repubblica per rivendicare il proprio diritto all’istruzione. Al centro del contenzioso c’è il pagamento di otto mesi di stipendi arretrati richiesto dai sindacati. L’ex colonia portoghese sta vivendo un periodo complesso di transizione politica che sta avendo gravi ripercussioni sociali oltre ad effetti negativi sull’economia nazionale già in recessione.
(Bangladesh) CROLLO A DHAKA: SALVA UNA RAGAZZA, “SI CONTINUA A SCAVARE”
Una ragazza di nome Reshmi è stata estratta viva oggi dalle macerie del Rana Plaza, l’edificio di otto piani situato nella zona industriale di Savar, alla periferia di Dhaka, crollato il 24 aprile. Un evento straordinario, a 17 giorni dalla tragedia, sottolineato dalle grida di gioia dei soccorritori, che si accompagna però a un nuovo e più grave bilancio delle vittime: secondo fonti ufficiali sono ormai 1041 ma solo 712 sono stati identificati.
Non è ancora chiaro quante persone si trovassero all’interno del complesso che ospitava negozi, una banca e anche sette laboratori tessili: “Si dice che ci fossero almeno 3500 persone, operai dei laboratori costretti a recarsi al lavoro nonostante fosse pubblico il rischio di cedimenti. I soccorritori continuano a lavorare perché sono certi che ci siano ancora persone sotto” dicono alla MISNA fonti missionarie contattate nella capitale del Bangladesh. Secondo il sito Bdnews24.com nel Rana Plaza erano impiegati fino a 6000 operai.
Appena mercoledì, il generale dell’esercito Chowdhury Hasan Suhrawardhy, che coordina i soccorritori, aveva annunciate la fine delle operazioni entro un paio di giorni; ieri il retrofront: continueranno “fino a quando l’ultimo corpo non sarà trovato” riferisce la stampa locale.
“L’intero paese è sotto shock…ma questa deve essere anche una grande lezione” ha detto l’arcivescovo di Dhaka, monsignor Patrick D’Rozario, citato da Ucanews. Il presule ha sottolineato che “la corruzione endemica è un fattore che contribuisce a far sì che oltre il 90% degli edifici in Bangladesh non siano costruiti rispettando le regole”. Un altro aspetto sottolineato dall’arcivescovo è la responsabilità che ricade sull’industria dell’abbigliamento a basso costo occidentale che vuole prodotti a buon mercato senza assicurarsi che i diritti dei lavoratori siano rispettati. “C’è bisogno di giustizia per questi operai…il lavoro va pagato” ha insistito monsignor D’Rozario, chiedendo anche che la comunità internazionale faccia pressione per garantire migliori condizioni nelle fabbriche.
Ma appena ieri un altro incidente ha provocato otto morti in una fabbrica tessile nel distretto di Darussalam, sempre a Dhaka. Non sono ancora chiare le cause dell’incendio scoppiato al terzo piano di un complesso che ne conta 11 e ospita al suo interno due laboratori. Le vittime sono il padrone, quattro operai e due poliziotti.