Gli squilibri degli emergenti e la corsa di Wall Street

26.01.2014 09:14

Massimo Gaggi scrive sul Corriere della Sera di oggi: (...) Oggi tutto dipende da quello che sta accadendo in Argentina e in Turchia, in Cina e in Brasile: valute che crollano, economie improvvisamente in difficoltà, lo spettro di un altro default a Buenos Aires. In alcuni casi (Brasile, Turchia), una bilancia commerciale disastrata. Molti, soprattutto in quei Paesi, mettono sotto accusa la Banca centrale Usa che, proprio nella settimana che si concluderà col cambio della guardia tra Ben Bernanke e il nuovo presidente Janet Yellen, dovrebbe ridurre di nuovo di 10 miliardi di dollari (da 75 a 65) gli acquisti mensili di titoli sul mercato: la misura con la quale ha fin qui allargato l'offerta di dollari e che ha contribuito a estendere anche ai finanziamenti di lungo termine la riduzione dei tassi d'interesse a livelli minimi perseguita dalla Fed fin dall'inizio della crisi, cinque anni fa. Secondo questa lettura, il cambio di rotta della Federal Reserve ora crea l'aspettativa di una ripresa dei tassi che risulta particolarmente devastante per queste nazioni emergenti: economie che negli anni di forte crescita si sono altrettanto fortemente indebitate (come nel caso della bolla immobiliare turca). Da qui il nervosismo, la fuga da sistemi improvvisamente percepiti come vulnerabili e le forti flessioni a catena delle valute. Non solo quelle dei Paesi nell'occhio del ciclone (soprattutto peso argentino, lira turca, rand sudafricano) ma anche tutte le altre divise che non hanno spalle forti: investita tutta l'Europa orientale (rublo russo, zloty polacco, fiorino ungherese) e anche le monete di Paesi dall'economia più solida come il Messico e la Corea del Sud. Un argomento di riflessione in più per chi pensa che l'Italia abbia fatto male a mettersi sotto l'ombrello dell'euro. Ma la Fed ha davvero tutte queste colpe ? E la scivolata delle borse potrebbe diventare crollo ? La sensazione è che, almeno per quanto riguarda Wall Street, una pausa fosse auspicata dagli operatori dopo la galoppata che per tutto il 2013 ha fatto crescere l'indice Dow Jones a livelli record nonostante un'economia reale, si in ripresa, ma che ancora stenta. Venerdì sera molti breoker già discutevano se attendere ulteriori correzioni al ribasso prima di cominciare a ricomprare azioni. Ma c'è anche chi è più allarmato proprio perché stavolta finanza e Fed c'entrano poco: la Banca centrale Usa sta semplicemente allentando un pò dopo anni di forti stimoli monetari per non gonfiare troppo una "bolla" monetaria che è già consistente. Oggi il problema vero sono i Paesi emergenti. E a preoccupare, prima ancora della minor crescita, è la pericolosa instabilità politica che si va diffondendo in molte aree del mondo, dalla Turchia all'Argentina, dall'Ucraina all'Egitto. E che, teme qualcuno, potrebbe arrivare fino alla Cina e all'India. Attenti, avverte il presidente di Eurasia Ian Bremmer, perché i cicli finanziari possono fare molti danni ma sono brevi, mentre quelli geopolitici, quando iniziano, sono ben più lunghi e possono fare danni maggiori.