(USA) Salari più alti per rilanciare l'economia, ecco la ricetta anti-crisi di Obama (Federico Rampini, la Repubblica, 14 febbraio 2013)

14.02.2013 14:56

«Proletari di tutta l’America…». Barack Obama avrebbe potuto cominciare così il suo discorso sullo Stato dell’Unione martedì sera. I contenuti sociali hanno dominato, l’asso nella manica è la proposta di alzare il salario minimo: da 7,25 a 9 dollari, più l’indicizzazione al costo della vita. Un’altra sorpresa: il piano per garantire «a tutti i bambini d’America una scuola di alta qualità a partire dai quattro anni». E’ un’altra misura in favore delle classi lavoratrici, perché attualmente le scuole materne di alto livello sono spesso private, costose, riservate ai ricchi: ai loro figli danno una marcia in più fin dall’arrivo in prima elementare”.

Il discorso è stato dominato dall’obiettivo lavoro. Un piano dai toni progressisti, una netta rottura rispetto all’èra del laissez-faire e del pensiero unico neoliberista. «La riduzione del deficit — ha detto Obama — non è un piano economico». E’ un messaggio alla destra repubblicana e non solo con cui si confronterà di nuovo sul deficit a marzo. Obama ha voluto chiarire la sua idea di un governo che interviene attivamente nell’economia. Non è la vecchia ricetta statalista che pompa risorse dentro la pubblica amministrazione. Obama dice no al Big Government e si ad uno Smart Government».

Non è lo Stato “grosso” che serve bensì uno Stato “intelligente”, efficace.

Il suo ruolo è determinante in quegli investimenti che Obama ha messo in testa ai suoi obiettivi: scuola, ricerca, energie rinnovabili, infrastrutture.

«Ogni giorno — ha detto — dobbiamo ripeterci queste tre domande: come attirare posti di lavoro dentro gli Stati Uniti; come attrezzare i nostri lavoratori con le competenze richieste; infine come garantire che chi lavora guadagni abbastanza per una vita dignitosa? ».

Sull’immigrazione ha rilanciato l’idea di una grande riforma che aiuti gli 11 milioni di stranieri non in regola a conquistarsi un permesso di soggiorno; e velocizzi la corsia che porta fino alla cittadinanza. Ha rilanciato la battaglia contro il cambiamento climatico, minacciando di scavalcare l’ostruzionismo della destra.

«Non esiterò a usare il mio potere esecutivo, per varare direttive che riducano le emissioni carboniche».

Resterà di questo discorso una fitta agenda legislativa, un elenco di riforme impressionanti. Se solo Obama riuscisse a portarne a casa la metà, il suo secondo mandato sarebbe considerato un successo.

La questione del salario minimo è simbolica perché dà il segno sociale di tutta l’agenda.

Sono 15 milioni, i lavoratori americani remunerati con il salario minimo federale.

L’aumento proposto da Obama è il più alto da più di trent’anni. «Una famiglia con due bambini dove un solo adulto lavora e guadagna il minimo — ha detto il presidente — vive sotto la soglia della povertà. Dobbiamo dichiarare che nella nazione più ricca della terra, nessuno che lavori dovrebbe essere costretto a vivere nella povertà».

E’ una cesura rispetto al modello di sviluppo imperante negli ultimi decenni, che ha visto allargarsi le diseguaglianze sociali: l’1% degli americani più ricchi controllavano il 10% del reddito nazionale nel 1980, oggi hanno raddoppiato la loro quota.

La stessa logica ispira il discorso sull’istruzione: «Ogni dollaro — ha detto Obama — che investiamo per garantire una scuola di alta qualità, frutta 7 dollari di guadagno per l’intera comunità riducendo la disoccupazione e la delinquenza giovanile. Dobbiamo garantire che nessuno dei nostri figli cominci la corsa della vita con un ritardo sugli altri».